[Disarmo] Fwd: Offensiva e controffensiva, a Tripoli è doppio pantano




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From: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
Date: mer 17 apr 2019, 06:48
Subject: Offensiva e controffensiva, a Tripoli è doppio pantano
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Offensiva e controffensiva, a Tripoli è doppio pantano

Battaglia navale. Circa 200 i morti provocati fin qui dal conflitto. Gilet gialli anti Macron nella capitale

Truppe fedeli al governo di Serraj a Aziziah, 60 km da Tripoli  

Truppe fedeli al governo di Serraj a Aziziah, 60 km da Tripoli 

© LaPresse

Rachele GonnelliIl Manifesto

17.04.2019

16.4.2019, 23:59

Indossavano gilet gialli come sfida a Macron e cartelli scritti anche in uno zoppicante francese: così i cittadini dei quartieri centrali di Tripoli si sono radunati ieri mattina alla rotatoria di piazza dei Martiri per un presidio contro «l’intervento della Francia negli affari interni della Libia». Non si trattava di poche decine di pacifisti, ma di supporter del governo di accordo nazionale e delle milizie che a lui fanno capo, e che in realtà non hanno una grande popolarità in città. Si sa, l’indipendenza non è di casa in tempo di guerra.

E COSÌ IN QUESTO MOMENTOvengono strumentalizzate anche le parole di Amnesty International: fanno gioco ai media di Tobruk e Bengasi che considerano l’offensiva di Haftar solo il tentativo di liberare le capitale dalle milizie islamiste legate alla Fratellanza musulmana o ad al Qaeda e che la tengono in ostaggio da anni senza garantire né sicurezza né legalità e diritti umani, come denunciato anche nei rapporti Onu.

Se Serraj e Maitig da Roma hanno agitato come spauracchio la «bomba umanitaria», parlando di 800 mila profughi pronti a partire verso le nostre coste se le forze del governo di accordo nazionale dovessero perdere la guerra, è Magdalena Mughrabi, vicedirettore di Amnesty per Medio Oriente e Nord Africa, a chiedere intanto al governo “democratico” di Serraj la liberazione degli oltre 700 rifugiati e migranti intrappolati nel centro di detenzione di Qasr bin Ghasher, a ridosso degli scontri armati più intensi. «Il governo libico – insiste – deve immediatamente liberare tutti i migranti da questi orribili centri di detenzione dove sono detenuti illegalmente e con terrificanti abusi e torture. Le autorità devono fare di tutto per garantire la sicurezza di questi uomini, donne e bambini, lasciati senza accesso al cibo, all’acqua e ad altri servizi essenziali in mezzo all’escalation di violenza che si sta verificando a Tripoli e nei dintorni». Amnesty ricorda agli smemorati che «sostenendo attivamente le autorità libiche nel fermare gli attraversamenti marittimi e nel contenere i migranti in Libia, i governi europei hanno contribuito ad alimentare questa crisi».

«Il rinnovato conflitto a Tripoli – prosegue Mughrabi – dimostra ancora una volta quanto sia cruciale per gli Stati membri dell’Ue garantire rotte sicure dalla Libia per migranti e rifugiati. Gli stati membri devono anche riconsiderare il loro sostegno alla Guardia costiera libica, che ha riportato molti migranti e rifugiati in Libia in condizioni di detenzioni arbitrarie e indefinite, di tortura, di estorsioni e violenze sessuali».

LA SITUAZIONE SUL CAMPO nel frattempo si potrebbe definire un doppio pantano: sia l’offensiva di Haftar che la recente controffensiva di Serraj non sono riuscite a sfondare il fronte avverso. Ieri mattina, forti dell’appoggio internazionale – in particolare dell’inviato Onu Ghassam Salamé e dell’Italia, con il vice premier misuratino Ahmed Maitig ancora a Roma – le cosiddette Forze della difesa di Tripoli, gli uomini di Misurata addestrati anche dagli italiani, hanno cercato di sfrattare l’assedio nella zona sud-ovest della città dove da 12 giorni si sono concentrati i combattimenti. Raid hanno colpito la zona di al Jafra, la cittadina di Tajuna, quella di Gharyan, e Aziziya. Un denso fumo nero si levava dall’abitato di Suwani.

I MORTI stanno rapidamente raggiungendo quota 200 (174 per l’Oms). Nel primo pomeriggio i comandi militari misuratini hanno dichiarato che le zone più combattute finora – da Aziziya a Suwani – erano state «liberate». Non era così, nel pomeriggio nelle stesse aree si segnalavano aspri scontri e lo strategico ponte di Zahra cadeva per il momento sotto il controllo dell’Lna.