La Camera ha approvato la riforma della legittima difesa. Ma il confronto ha confermato quanto la propaganda superi la realtà: per tutto il tempo sono state raccontate le vicende dei processi noti sul tema. Pochi casi saliti alla ribalta mediatica: nessun accenno alle decine di vittime di armi da fuoco legalmente detenute. Finite nell'oblio totale.
Così come la grancassa della "legittima difesa sempre" ha generato il solito caos. Ma basta poco per ristabilire l'ordine: già con l'attuale impianto normativo la difesa è sempre legittima. Certo, è necessario che si tratti di difesa, appunto, non di aggressioni, come la vicenda di Angelo Peveri, per arrivare all'archiviazione in fase di inchiesta o all'assoluzione per chi viene rinviato a giudizio. Ma, depurando tutto dalla retorica "giustiziera", i dati e le storie personale raccontano di chiusura positiva. La realtà è che l'obiettivo delle destre è quello di allentare i vincoli, magari con successivi interventi, per arrivare a un diritto di sparare senza alcun problema. Di aggredire.
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Donne e armi
In un clima talvolta surreale per la deformazione dei fatti, dai banchi di Fratelli d'Italia è stato ripetuto che questa nuova legge diventerà una garanzia per le donne che subiscono violenze. Sarebbe bastato informarsi per scoprire che in tanti casi, i femminicidi avvengono con pistole o fucili regolarmente denunciati: solo lo scorso anno si sono contate 28 donne morte, addirittura più delle vittime di armi bianche.
Nell'Aula di Montecitorio, poi, in più di un'occasione è riecheggiata l'argomentazione secondo cui nella riforma della legittima difesa non si parli sostanzialmente di armi. Peccato, però, che gli esempi di legittima difesa portati all'attenzione erano sempre casi "armati". E peccato che il ministro dell'Interno Salvini abbiapromesso, di recente, la norma di fronte a una platea che con le armi mostra un grande feeling: i presenti all'Hit Show di Vicenza, la grande fiera delle armi.
Di Maio, una toppa toppata
La strategia del Movimento 5 Stelle è stata quella di scomparire letteralmente nel corso del dibattito. Un'eclissi totale, anche imbarazzante, vista l'importanza del tema, salvo la rivendicazione nella dichiarazione di voto affidata al deputato Di Sarno. Il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, ha cercato di mettere una toppa, toppando però la motivazione: "È una legge della Lega", ha detto. Una sciocchezza colossale: dopo il via libera al Senato, in programma a fine marzo, sarà una legge dello Stato. Punto.
In questa assenza non giustificata dei 5 Stelle, lo scambio di vedute è stato tutte tra forze collocate all'opposizione, anche se nel caso di Forza Italia e Fratelli d'Italia è difficile stabilire esattamente il perimetro del loro operato. Ma la maggior parte degli interventi ha visto protagonisti deputati del Partito democratico, oltre che i berlusconiani e i meloniani. La Lega ha preferito tenere il profilo basso, puntando ad accorciare i tempi del dibattito. Del resto con l'approvazione prende forma un triplo obiettivo: dare il via libera una bandiera elettorale leghista prima delle Europee, fare un altro favore alla lobby delle armi, e annichilire per l'ennesima volta i 5 Stelle.