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[Disarmo] Siria-Iraq-Iran: situazione in forte rapida evoluzione - Re: Curdi e mafia
- Subject: [Disarmo] Siria-Iraq-Iran: situazione in forte rapida evoluzione - Re: Curdi e mafia
- From: jure LT <glry at ngi.it>
- Date: Sat, 29 Dec 2018 14:47:14 +0100
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Caro Lorenzo, dovremmo aver imparato oramai tutti che da quelle parti ciascun attore ha le sue strategie, le sue speranze e i suoi propri obiettivi. C'è dentro tutto il mondo, oggi oramai ri-divenuto multipolare - con i suoi pro e i contro, non senza rischi, ma sono in maggioranza i pro, visto che permette soluzioni in altro modo impossibili. Vi inoltro una recente breve analisi (ancora una volta del 'solito' Pier) che inquadra il tutto, fuori schema per chi si adegua alle storielle mediatiche e ai cliché della sinistra nostrana, autoreferenziale / patinata / eurocentrica o semplicemente scema. A Francesco siciliano cui non piace 'janky' e posta bandiere Usa-pacifiche: dal Rio Grande in giù, yankees si scrive yanquis, pronunciato 'gianchis' ('echamos al yanqui'). Ma anche dentro gli States ben pochi parlano e scrivono un 'inglese usa' corretto, anzi parlano e scrivono altre lingue proprio. Io l'ho storpiato in janky come loro scrivono maccaroni. Poi si può scegliere tra wisky, whisky o whiskey, come preferite. Quel melting-pot disperato e guerrafondaio l'unisce non l'idioma o una cultura storica più o meno condivisa come in Europa l'intendiamo, ma la cocacola e lo star & stripes che ostentano e esportano. Péro al posto del simbolo della pace o delle 5* stars mettono di norma e non a caso o il dollaro o il cruise. I piani per l'Anschluss della Trinacria agli States sono di pubblico dominio. Sono stati seppelliti quando gli USA hanno potuto avere l'Italia intera, e tre quarti d'Europa. E l'occupazione dell'Europa a suon di basi militari continua oggi ad Est, a Nord, a Sud, 110 solo in Italia. Alla faccia del pacifismo e del disarmo. Il 29/12/18 11:13, Lorenzo Dellacorte
(via disarmo Mailing List) ha scritto:
Il 29/12/18 11:09, Francesco Lo Cascio
(via disarmo Mailing List) ha scritto:
Buon Anno! Caro leone, si dice yankee! Yankee. Usa meglio la tua tastiera. O cambiala. -------------------------------------------------------------------- Ricevo e inoltro da Pier P. -------- Dalla simulazione natalizia alla realtà mediorientale Mentre ci si sottoponeva alla simulazione di pace ed amore natalizio (simulazione già finita come ci ricorda una vignetta che gira in rete) il mondo reale ha continuato a marciare lungo la strada dei conflitti generati dalla crisi sistemica in corso. Proprio nel periodo natalizio è scoppiato l'annuncio bomba del ritiro degli Stati Uniti dalla Siria. Un annunciato che ha inevitabilmente aperto una fase molto complicata in tutto il Medio Oriente. Abbiamo discusso in un precedente post del possibile significato della decisione di Trump nel quadro delle lotte intestine a Washington. Non ci ritornerò su adesso, ma per apprezzarne la criticità invito solo a considerare che le dimissioni di James Mattis, l'ormai ex ministro della Difesa, a seguito della decisione di Trump significavano poco meno di un ammutinamento. Per ridurre la portata di questo significato Donald Trump non ha potuto far altro che anticipare formalmente e in extremis la mossa di Mattis, facendolo decadere subito dalla carica. Ma torniamo al Medio Oriente. Ora l'YPG/PYD, cioè il sedicente governo del Rojava curdo, ha davanti a se solo due alternative: affrontare un attacco della Turchia e dei gruppi jihadisti suoi vassalli, oppure chiedere alla Siria e ai suoi alleati di interporsi per evitare un assalto da cui non potrebbe difendersi. Due giorni fa ha optato ufficialmente per la seconda soluzione. Secondo tutte le fonti lo ha fatto accettando i termini di Damasco, ovvero un ritorno di tutto in Nordest siriano alla madrepatria in cambio di una autonomia amministrativa delle zone realmente curde. Ricordo infatti che originariamente i Curdi siriani erano pochissimi e risiedevano in piccole aree ai confini con Turchia e Iraq e che il loro numero è cresciuto solo perché Damasco ha accolto negli anni quelli che si rifugiavano dalla Turchia. A seguito di questa decisione curda, reparti della 1a e della 5a divisione dell'Esercito Arabo Siriano hanno iniziato ad occupare le zone attorno alla città di Manbij, nel nordest del governatorato di Aleppo, di fatto la prima roccaforte del Rojava che sarebbe attaccata dalla Turchia, che da parte sua sta ammassando truppe e mezzi militari ai confini dell'area. Il problema per Ankara è che l'Esercito Arabo Siriano è coadiuvato dalle forze russe. Alla periferia di Manbij infatti adesso sventolano sia bandiere siriane che russe. Ciò vuol dire che la Turchia non ha nessuna chance di potere attaccare le forze curde senza scontrasi con l'esercito Arabo Siriano e venire bombardata dagli aerei russi. Uno scontro che geopoliticamente Ankara difficilmente si può permettere. Per non parlare della zona petrolifera di Deir Ezzor, lungo l'Eufrate, che dista ben 500 km da Manbij, una distanza che le truppe di Ankara e i suoi alleati più o meno jihadisti non possono assolutamente sperare dipercorrere. Questa situazione problematica è ulteriormente complicata da una stranissima dichiarazione di Erdoğan che afferma di aver promesso a Trump che l'esercito turco avrebbe sostituito le forze USA. Una promessa che secondo me sapeva che non poteva mantenere senza rompere in modo drammatico con Mosca e con Teheran, cosa che non si può permettere, ma che ha tenuto a sbandierare ufficialmente. A questo punto bisogna ricordare l'insana volontà di Parigi di sostituirsi agli USA in Siria, che dalla I Guerra Mondiale la Francia considera una “cosa sua” in condominio conflittuale con gli UK (il vecchio colonialismo che risorge per far fronte alla crisi sistemica). Ma grazie ai Gilet Gialli è poco verosimile che il grandemente indebolito Macron si vada a impelagare in una situazione così complicata che lo vedrebbe di fatto a dover fronteggiare Turchia, Siria, Iran e Russia (senza contare la Cina che sta zitta ma ha già pronti tutti i piani diricostruzione della Siria). Ma torniamo a Deir Ezzor. In una vasta area di quel governatorato è ancora in piedi una enclave dell'ISIS. Può sembrare strano, ma la prima preoccupazione militare della Russia e della Siria è quella di fare scomparire questa enclave. Non si tratta solo di una questione di pozzi petroliferi ma di un fatto più importante. Sanno infatti benissimo che l'ISIS, al di sopra dei suoi militanti che vengono mandati a massacrare e a farsi massacrare a migliaia, è al servizio di CIA e Pentagono ed è foraggiato dall'Arabia Saudita. C'è una miriade di prove, lo sa tutto il mondo, è stato ammesso sia da parte statunitense (ad esempio da Trump, dalla Clinton e dal defunto senatore McCain) che saudita. Gli unici che non lo sanno pare che siano la sinistra liberal e i trotzkisti. La Siria e la Russia sanno quindi che lì l'ISIS è una spina nel fianco e una atout della CIA e del Pentagono anche per le sue manovre di contrasto della linea di Trump che è condannata senza termoini dai neoconservatori gerrafondai e dai liberal (altrettanto guerrafondai) che stanno con la Clinton (con varie ONG al seguito) e persino dalla sinistra alla Noam Chomsky (il quale all'uopo ha rilasciato una delle sue non infrequenti dichiarazioni raccapriccianti). Ecco perché la presenza dell'ISIS in quella zona deve essere immediatamente distrutta. Il governatorato di Deir Ezzor confina con l'Iraq, dove Trump ha appena compiuto una visita lampo, precisamente alla base di Ayn al-Assad. Lì ha rilasciato una dichiarazione ambigua, dicendoche le forze statunitensi possono sempre intervenire in Siria dall'Iraq “se ce ne fosse bisogno”. Una concessione al Pentagono e ai neo-liberal-cons? Una sua strategia autonoma che per ora non riusciamo a comprendere? Fatto sta che con quella visita l'impareggiabile Donald ha fatto di tutto per irritare gli Iracheni. Non ha accettato di incontrare il governo iracheno a Baghdad e nemmeno di incontrarlo nella parte irachena della base. Voleva incontrarlo nella parte americana, ma giustamente il governo iracheno si è rifiutato di farsi trattare da vassallo. Per contro molte forze del Parlamento di Baghdad hanno chiesto in contemporanea alla visita l'immediato ritiro delle truppe americane dall'Iraq. Il capo di uno dei gruppi parlamentari ha persino promesso di “tagliare le mani a chiunque voglia attaccare la Siria dall'Iraq”. La sfacciataggine di Trump nel protocollo e la minaccia di fomentare nuovo caos nel Paese avranno la sicura conseguenza di consolidare ancora di più l'alleanza tra Baghdad e Teheran. Come diceva il Grande Timoniere, i reazionari sempre alzano pesanti macigni per farseli cadere sui piedi (pura dialettica, in questa affermazione: la quintessenza delle contraddizioniimperialistiche). E visto che parliamo di dialettica, finiamo con un ulteriore elemento del caos sistemico che contraddistingue questo periodo storico. Andando in Vietnam questa estate, durante lo scalo all'aeroporto di Kuwait City mi ero meravigliato di vedere voli di linea per Damasco. Oggi mi meraviglio ancora di più alla notizia che gli Emirati Arabi Uniti, stretti alleati dei Saud e degli USA hanno riaperto la loro ambasciata a Damasco. E sono assolutamente sbalordito dalla notizia diffusa ieri dal canale TV al-Mayadeen che l'Arabia Saudita non vede ostacoli a riammettere la Siria nella Lega Araba. Forse è per questo che anche AVAAZ sta lanciando appelli contro l'Arabia Saudita? Perché qui bisogna essere chiari: denunciare quel che fa questa dittatura oscurantista da parte nostra ha una motivazione e un fine differenti da quelli delle denunce fatte dalla Turchia che a sua volta hamotivazioni differenti da AVAAZ che è controllata dalla fazione liberal dell'imperialismo americano. Insomma, il terremoto Trump è parte dello sciame sismico dovuto a uno scontro di masse ben più prolungato a potente, che si chiama “crisi sistemica”, una crisi che fa scaturire evidenti colate di lava finanziaria incandescente che divallano bruciando e devastando tutto, che genera terremoti politici e sociali uno dietro l'altro, ma che è prodotta nelle profondità di scontri tellurici che stanno ridefinendo i rapporti di forza planetari che erano usciti dalla II Guerra Mondiale. Una chiosa necessaria. Quando il governo siriano riprenderà il controllo del “Rojava” nascerà un gravissimo problema interno. I “combattenti libertari e femministi” curdi tanto amati dalla sinistra-sinistra e dalla sinistra affaristica e imperiale, assieme ai loro protettori statunitensi si sono macchiati di innumerevoli crimini di guerra, dalle pulizie etniche alle stragi di migliaia di civili sotto i bombardamenti a tappeto ad al-Raqqa. Io non penso che Damasco voglia o possa lasciar correre. Probabilmente presto o tardi questa dirigenza curda dovrà trovarsi un esilio dorato da qualche parte, lasciando alla giustizia siriana i pesci piccoli. Piotr
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