[Disarmo] Fwd: La Pira e la guerra, oggi




---------- Forwarded message ---------
From: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
Date: sab 22 dic 2018, 20:14
Subject: La Pira e la guerra, oggi
To: <no.f35_m346 at autistici.org>
Cc: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>


La Pira e la guerra, oggi

22 DICEMBRE 2018 DI CARLO CEFALONI 
FONTE: CITTÀ NUOVA
  • 155
  • 0
Una politica di pace coerente non può che coinvolgere le strategie internazionali e le scelte in campo economico. Alcuni spunti per l’impegno dei cattolici da un incontro promosso dai Focolari Italia e Fondazione La Pira presso gli uffici italiani del Parlamento europeo a Roma

«A che serve citare La Pira se poi non fermiamo le bombe destinate a colpire scuole e ospedali nella guerra in Yemen?». Questa la domanda esplicita posta alla vigilia di Natale 2018, nell’incontro promosso, il 19 dicembre, da Fondazione Giorgio La Pira eMovimento dei Focolari Italia presso gli uffici del Parlamento europeo a Roma.

Si avverte, infatti, ultimamente un gran fermento intorno alla responsabilità dei cattolici in politica a pochi mesi dalle elezioni europee in un clima di forte tensione sulla questione immigrazione. Se non si entra nel dettaglio dei contenuti, si rischia di restare sul vago riferimento ai valori che restano tutti da declinare.

La fornitura di armi italiane all’Arabia Saudita, parte attiva di un conflitto in corso in Yemen, è un “caso semplice” da comprendere.

Il Parlamento europeo ha emesso risoluzioni che chiedono di bloccare questo traffico che coinvolge altri Paesi del Continente, ma in Italia i governi che si succedono nel tempo restano inerti. Mozioni che chiedono lo stop immediato all’invio di carichi di bombe dai nostri porti e aeroporti sono state finora rigettate.

Esponenti del partito democratico eletti al Parlamento europeo hanno votato risoluzioni che, in larga parte, i loro colleghi di Camera e Senato non intendono affatto seguire.

Ridotta ai minimi termini la rappresentanza parlamentare della sinistra, restano gli esponenti del M5S molto attivi e determinati sulla questione nella scorsa legislatura. In una conferenza stampa del 28 novembre a Palazzo Madama, organizzata da diverse realtà assieme a Rete disarmo, è emersa, a nome del pentastellato Vito Rosario Petroselli, presidente della commissione esteri del Senato, la linea di procedere alla riforma della legge 185/90 che vieta l’invio di armi ai Paesi in guerra.

Una scelta pericolosa, come sottolineato recentemente da Nicoletta Dentico di Banca etica, perché ogni variazione di un testo già chiaro si espone a manomissioni controproducenti. Esistono, quindi, le condizioni per imporre il blocco all’invio di bombe alla coalizione saudita che guida l’offensiva di un conflitto dove, come confermano i rapporti Onu, si consumano crimini di guerra da entrambi le parti in conflitto.

 

Politica delle armi

Ad una prima apertura verso questa decisione, avanzata dalla ministro della Difesa Elisabetta Trenta, ha risposto in senso contrario il sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi, esponente leghista proveniente da Forza Italia.

Come, infatti, ha ribadito Guido Crosetto, fondatore di Fratelli D’Italia, in qualità di presidente dell Aiad (federazione aziende della difesa, aerospazio e sicurezza), l’autorizzazione alla vendita delle armi ai Paesi esteri rientra nelle competenze delle strategie internazionali del nostro Paese.

Crosetto ne ha parlato in una recente conferenza stampa indetta dal centro studi Machiavelli per mettere in evidenza l’importanza di un mercato in crescita come quello dell’Arabia Saudita, con riferimento esplicito al settore delle armi.

Una priorità ribadita, nella stessa occasione, dal sottosegretario Picchi e ribadita, durante la conferenza, con franchezza dal generale Giuseppe Morabito, già con ruoli di vertice nella Nato, convinto della necessità di presidiare mercati altrimenti occupati da altri soggetti molto competitivi, Francia in testa.

«Se non le vendiamo noi, la guerra continua lo stesso e le armi le venderanno altri con conseguenza deleterie per le nostre imprese e l’occupazione». Tale è, in sostanza, la tesi che viene ripetuta in diversi ambiti, accompagnata ad un invito esplicito al realismo.

Prendere sul serio La Pira vuol dire, oggi, offrire una visione diversa del mondo, capace di contestare radicalmente il presunto realismo che conduce all’autodistruzione delle coscienze, prima ancora che dell’esistenza umana sulla Terra.

Senza timore, due politici di chiara formazione cattolica, come i parlamentari europei Silvia Costa e David Sassoli, hanno accettato il 19 dicembre di confrontarsi, senza fare sconti, sulle contraddizioni attuali della politica italiana. Un chiaro invito rivolto a tutti i loro colleghi di ogni estrazione.

Le parole profetiche di Giorgio La Pira hanno trovato l’interpretazione migliore nella lettura di Adonella Monaco di “L’era di Clausewitz è finita”, un testo dell’ottobre 1975 dove uno dei padri della Costituzione percepiva, di fronte all’abisso della guerra atomica, l’inevitabilità della conversione delle armi in piani economici di giustizia.

 

Segno di contraddizione

Ma è stato un laico come il condirettore de Il Manifesto, Tommaso Di Francesco, intervenuto assieme a Toni Mira di Avvenire, a riconoscere che la profezia di La Pira è tale perché capace di generare “conflitto” (altri direbbero essere segno di contraddizione) dentro la storia del proprio tempo.  Così, come è noto, mentre altri erano intenti a giustificare i bombardamenti sul Vietnam, il sindaco di Firenze, nel 1965, si recava da Ho Chi Minh, leader del Vietnam del Nord, per proporre un accordo di pace, poi sabotato dagli Usa (costretti, poco dopo, a siglare un trattato a loro più sfavorevole).

Non si può restare muti e indifferenti, davanti a tante sfide che il nostro Paese deve affrontare. La questione delle migrazioni è, infatti, incomprensibile senza una visione globale sulla guerra, i conflitti ambientali e le diseguaglianze economiche.

Leonardo Becchetti, Alessandro Rosina, Marco Bentivogli e Mauro Magatti, esperti provenienti dalla cultura cattolica, hanno rilanciato, da ultimo sulle pagine del settimanale L’Espresso,  la proposta di un “Forum civico permanente” per uscire fuori dalle derive sovraniste e ripartire dalla logica della cooperazione. Una prospettiva già auspicata, in diversi termini, dal presidente della Cei, cardinal Gualtiero Bassetti, a partire dalla ricchezza dell’impegno che riscontra conoscendo le tante reti di cittadinanza attiva presenti nella chiesa e nella società italiana.

L’urgenza concreta di una politica di pace che parte da La Pira perché coinvolge la necessità di rimettere al centro la democrazia economica, può essere una delle sfide che un forum civico per il bene dell’Italia è capace di affrontare?

Il tema è emerso durante l’ultima settimana sociale dei cattolici italiani svoltasi a Cagliari, nell’ottobre 2017, mentre ad Assisi, “città sul monte” per il nostro Paese, è stata approvata una mozione, proposta a tutti i comuni italiani, che chiede lo stop alle bombe e l’impegno per una riconversione economica dei territori distrutti dalla crisi ed esposti al ricatto occupazionale. Una forte alleanza con quella parte di società che, in Sardegna, resta fedele al ripudio della guerra secondo Costituzione. Non partiamo da zero.

Qui il programma dell’incontro del 19 dicembre 2018 presso l’ufficio a Roma del Parlamento europeo