Da quando
il Giappone a bordo di una portaerei – la statunitense
U.S.S. Missouri – ha firmato la sua resa alla fine del
secondo conflitto mondiale, nessuna nave di questo
tipo è stata più posseduta dalla marina giapponese.
L’ATTACCO A PEARL HARBOUR,
che nel dicembre di 77 anni fa fece entrare il
Giappone nella guerra con gli Usa fu sferrato proprio
portando via nave gli aerei giapponesi a portata di
bombardamento dell’isola. Nell’ambito degli impieghi
militari questa unità viene considerata come un’arma
d’offesa, atta a «proiettare potere» o a portare
l’attacco in territori distanti dal proprio. Proprio
questa è stata quindi la questione più controversa
delle nuove linee guida di difesa approvate dal
governo nipponico: se il Giappone deve avere di nuovo
delle portaerei. La risposta del governo è stata
positiva. Saranno due ospiteranno una trentina di
F35B, aerei a decollo verticale adatti alla lunghezza
delle navi giapponesi, e verranno impiegate per fare
da ponte nella difesa delle due catena di isole
giapponesi, che si stendono tra il Giappone e Taiwan e
tra il Giappone e le Filippine-Papua.
QUESTO ASPETTO è
stato al centro del dibattito politico tutto interno
alla maggioranza su come armarsi di una portaerei
senza dichiarare che questa sia appunto una portaerei.
Così si capisce il riferimento al «fare da ponte» in
caso di difesa delle isole più esposte alla percepita
crescente minaccia cinese. Gli aerei non saranno
stazionati in modo permanente a bordo delle navi. Ci
si muove al limite delle possibilità linguistiche per
salvare la forma del rispetto della Costituzione
pacifista del 1945 che proibisce il mantenimento di un
esercito al giappone.
PROPRIO LA CINA è in
cima alla lista dei timori nipponici che hanno portato
alla rielaborazione delle linee guida. La spesa cinese
per la difesa in costante crescita viene considerata
un rischio, oltre ai suoi comportamenti unilaterali
nel Mar cinese meridionalie e nella sempre più intensa
presenza di unità navali cinesi verso il Pacifico. Le
due nuove portaerei sono state finora due unità navali
di classe Izumo, che verranno riadattate, in servizio
come porta-elicotteri e usate proprio in missioni per
l’individuazione di sommergibili attorno al Giappone.
Alla
minaccia nordcoreana invece l’amministrazione risponde
con due batterie di missili Aegis e nuovi missili per
intercettare lanci ostili. Altro spazio e budget viene
dedicato alla difesa del cyberspazio, un tema che sarà
chiave nelle guerre del futuro e dove il Giappone si
sente in forte arretrato, ma anche qui con dubbi circa
la costituzionalità. Questo potrebbe essere anche un
problema di leadership però, se si considera la
notizia di qualche mese fa nella quale il ministro
della cybersecurty giapponese, Yoshitaka Sakurada,
aveva dichiarato di fronte ad un comitato parlamentare
di non aver mai usato un computer.
L’OPPOSIZIONE non ha
potuto rispondere alle linee guida in parlamento, in
quanto non più in seduta, conclusa a inizio dicembre.
I gruppi parlamentari della sinistra preparano però un
offensiva. Anche i movimenti per la pace non sono
riusciti a far sentire la loro voce in questa
decisione. Nessuna traccia si trova nei media
principali di proteste. L’onda delle grandi
manifestazioni del 2015 con decine di migliaia di
manifestanti sotto la Dieta per la pace e contro la
«legge di sicurezza», che permette un estensione delle
capacità militari nipponiche, sembra essersi, almeno
per ora, infranta. Il partito Costituzionale
democratico guarda con speranza alle elezioni della
prossima estate per il rinnovo della Camera alta come
momento per raccogliere l’insoddisfazione verso il
governo.
LO STORICO MARXISTA Satoshi
Shirai inquadra così la questione: «Nel secondo
dopoguerra i gruppi economici e politici che sono al
cuore del nuovo Giappone hanno avuto la ferma volontà
di sviluppare l’apparto militare, indipendentemente da
chi fosse il presidente Usa». In questa logica la
politica di Trump di richieste di acquisto agli
alleati avrebbe così solo offerto una buona occasione
al gruppo dirigente giapponese, colta al volo. Per
Shirai il più probabile punto di arrivo di questo
sviluppo sarà una sorta di Giappone di prima della
guerra, ma in miniatura, privato di reale autonomia e
capacità operativa, in quanto gli Usa non sembrano
avere ancora la volontà di abbandonare la reale guida
militare del Giappone.