Con il presidio di sabato 27
ottobre 2018 davanti alla caserma NATO
di Solbiate Olona intendiamo rilanciare
la mobilitazione contro la guerra.
Guerra necessaria al mantenimento di un
sistema economico-finanziario
predatorio.
Questa iniziativa si
inserisce all'interno della campagna
internazionale contro la NATO, la macchina
da guerra più imponente della storia
umana, da sempre sotto comando USA nonché
protagonista esplicita delle guerre in
Yugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, e
più o meno occultamente in Siria e
Ucraina. Le sue
spese militari e quelle dei 29 paesi
membri rappresentano circa i 2/3 della
enorme spesa mondiale complessiva e sono
responsabili della nuova corsa agli
armamenti, anche nucleari, che sta
trascinando l'umanità nella situazione più
critica e più vicina all'apocalisse mai
registrata (secondo la Federazione degli
Scienziati Atomici americani). Per la
NATO, la
guerra è diventata legittima anche se
“preventiva” e si diffondono i primi
ossimori: “guerra umanitaria”,
“operazioni di peacekeeping” per
nascondere quelle che sono guerre di
conquista e di predazione delle
risorse.
Una campagna dunque contro
le sue basi, le sue armi, le sue
strategie e i suoi piani
neocolonialisti.
Proprio in questi giorni si sta
svolgendo in Norvegia la più grande
esercitazione militare che la NATO abbia
compiuto negli ultimi 30 anni, che
coinvolge tutti i 29 Stati alleati
(nonché i partner Finlandia e Svezia) e
nella quale sono coinvolti circa 40.000
soldati (di cui 1200 italiani), 10000
veicoli, 120 aerei e 70 navi.
La struttura di Solbiate Olona
ospita dal 2001 il quartier generale dei
corpi NATO di dispiegamento rapido
NRDC-ITA. E’ uno dei nove Comandi NATO
di reazione rapida, e conta su oltre 400
militari, che possono più che
raddoppiare in determinati casi. Al Comando sono affidati gli
interventi in aree di crisi in base a
quanto stabilito dal Consiglio Nord
Atlantico, fin dal suo impegno in
Afghanistan nel 2003 nella missione Isaf
sotto comando USA. Siamo contro una Base
strategica come quella di Solbiate Olona
anche perché può essere un obiettivo
militare, mettendo a rischio tutto il
territorio circostante.
Gli interventi della NATO
comportano bombardamenti, saccheggio e
devastazione dei territori, inquinamento
e contaminazione radioattiva, aumento
dei flussi migratori, militarizzazione
delle frontiere, maggiore sfruttamento e impoverimento dei
lavoratori.
Le politiche di cui la NATO è
espressione hanno ricadute nefaste sui
lavoratori e i poveri del mondo intero,
sia all'interno dei Paesi membri della
NATO che all'esterno.
La NATO, nella sua
gestione delle crisi attraverso guerre
egemonico-imperialiste spacciate per
interventi umanitari o di esportazione
della democrazia, si sta espandendo verso
l’Est Europa e verso il Sud del
Mediterraneo. Stati Uniti e Unione Europea
(le entità principali della NATO), in
stretta relazione con Israele, l'Arabia
Saudita ed altri paesi arabi - ai quali l'Italia, in violazione della
legge 185/90, vende armi: le bombe RWM,
i caccia M346, gli EFA, ecc. -
sono i principali responsabili, nel
conflitto Mediorientale, della
ridefinizione degli assetti
politico-economici dell'area. Stanno
ridisegnando una nuova mappa dello
sfruttamento e dell’oppressione a
beneficio delle multinazionali
Euro-Americane e sono anche i principali
responsabili nella trasformazione del Mediterraneo
in un mare di morte.
Siamo contro la guerra e contro
le basi militari e le produzioni
belliche che la rendono possibile, oltre
che per una ragione etica, per i suoi
enormi costi che vanno a discapito delle
reali necessità delle popolazioni (sanità, istruzione, pensioni,
trasporti, messa in sicurezza del
territorio divorato da incendi,
alluvioni e allagamenti, frane,
terremoti, ecc.).
In Italia le spese militari
aumentano costantemente: la Ministra della
Difesa del governo Lega-Cinquestelle,
Elisabetta Trenta, ribadisce che l'Italia
punta a raggiungere l'obiettivo NATO di
spesa per la Difesa del 2% del Prodotto
Interno Lordo entro il 2024.
Questo significa
arrivare a quasi 40 miliardi di euro
all'anno rispetto agli attuali 23, cioè
a più di 100 milioni al giorno (attualmente
la spesa per la Difesa corrisponde
all'1,4% del PIL, in media con i Paesi
NATO).
Se queste
sono le conseguenze delle guerre “a casa
nostra”, non possiamo non ricordare le
ben più gravi conseguenze delle guerre
“a casa loro”, cioè nei territori dove
si bombarda: innanzitutto gli uccisi e i
feriti, al 90% civili, le distruzioni e
poi il cosiddetto “indotto” fatto di
fughe, emigrazione e campi profughi. Se
il vecchio colonialismo, che l’Italia ha
ben conosciuto, giungeva ad occupare e
conquistare militarmente i territori
africani, il neocolonialismo “si limita”
(si fa per dire) alla spoliazione delle
ricchezze e allo sfruttamento delle
risorse con una costante opera di rapina,
dopo avere favorito la destabilizzazione
del Paese interessato: si veda la lotta in
Libia tra ENI e TOTAL, per il dominio sui
combustibili fossili oppure la rapina del
minerale coltan, che si usa nei nostri
cellulari, in Congo (5 milioni di morti).
Per tutto
ciò, e non solo, la mobilitazione contro
la guerra, la NATO e le spese militari
si deve unire alle lotte dei lavoratori
e a quelle contro le nocività ambientali
e le devastazioni del territorio.