[Disarmo] Fwd: [ReteDisarmo] Su Wired - Viaggio nella lobby delle armi italiana




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From: Rete Disarmo - Segreteria <segreteria at disarmo.org>
Date: ven 14 set 2018, 13:28
Subject: [ReteDisarmo] Su Wired - Viaggio nella lobby delle armi italiana
To: Coordinamento Rete Italiana per il Disarmo <coordinamento_RID at googlegroups.com>


https://www.wired.it/attualita/politica/2018/09/14/lobby-delle-armi-italia/


Viaggio nella lobby delle armi italiana

Esiste una Nra italiana? Che cos’è il Comitato D-477 e quali sono i suoi rapporti con i politici italiani e le aziende che producono armi?

Marco Romandini
14 SET, 2018
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Da venerdì 14 settembre entrerà  in vigore il nuovo decreto sull’acquisizione e la detenzione di armi. Forse non creerà – come qualcuno sembra immaginare – una sequela di giustizieri in canotta della salute pronti a stendere il ladruncolo di turno con una raffica di Kalashnikov ottenuto con una mail, ma la sua attuazione solleva diverse perplessità. Una su tutte: si grida alla vittoria della lobby delle armi. Quale lobby?

È l’11 febbraio. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, presente all’Hit Show di Vicenza, la fiera delle armi più importante in Italia, sottoscrive un patto con il Comitato Direttiva 477 in cui si impegna a coinvolgerlo in ogni discussione che “possa influire sul diritto di detenere e utilizzare legittimamente armi“.

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Che cos’è è questo Comitato? Risponde a Wired il suo presidente Giulio Magnani: “Il Comitato Direttiva 477 nasce nel 2015 per opporsi all’omonima direttiva europea  ed è un’associazione non riconosciuta che ha come obiettivo quello di tutelare i diritti dei legali detentori di armi.

Vuole rappresentarli a livello istituzionale, quindi di fronte ai partiti politici e ai legislatori, nonché semplificare ai suoi tesserati la comprensione di leggi spesso astruse“.

Siamo quindi di fronte a un’associazione che “conta poche migliaia di iscritti”, come ci spiega Magnani, che non riesce a fornire un numero esatto, e che non rappresenta nessuna associazione sportiva o di caccia (“non abbiamo per statuto la possibilità di far aderire altre associazioni”). Nel suo statuto si definisce apartitico e apolitico. Sul secondo punto non sembra però avere le idee molto chiare, visto che in un altro comunicato specifica di essere in realtà “apartitico ma non per questo apolitico”.

Schermata 2018-09-12 alle 19.07.39E nello stesso documento si spinge anche oltre, dando una chiara indicazione di voto:

Schermata 2018-09-12 alle 19.03.16Per giustificare questa scelta, stila anche una classifica di preferenza dei diversi partiti in base a posizioni e possibilità di dialogo:

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Nonostante il nostro tentativo di dialogo con tutte le forze politiche, la Lega si è dimostrata la più propensa ad ascoltarci”, spiega Magnani.

armiFoto dall’Hit Show (Credit: Hit Show)

Se il Comitato D-477 non rappresenta nessuna associazione, sembra però molto vicino ai giornali di settore e alle rivendite di armi, almeno stando alle  inserzioni pubblicitarie sul suo sito web.  Tra queste spicca quella di Brownells Italia, cioè la filiale italiana del maggior rivenditore al mondo di componenti e accessori per armi da tiro, difesa e caccia, legato a doppio filo con l’Nra, la potentissima lobby delle armi capace di influenzare le decisioni del governo americano. A riprova del legame, sul suo sito Brownells esorta espressamente i suoi clienti ad aderire al Comitato:

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Quando chiedo del rapporto con Brownells, Magnani spiega che come per gli altri inserzionisti c’è soltanto una promozione reciproca: “Loro condividono e supportano le nostre battaglie, e noi abbiamo messo un loro banner sul nostro sito. Non c’è nessun legame di tipo economico, finanziamenti, se è quello che volevi sapere. Apprezzano semplicemente il nostro lavoro perché tutela anche i loro interessi, visto che sono rivenditori. Inoltre molti di quelli che lavorano in questi settori sono anche tiratori o cacciatori, quindi condividono certe nostre battaglie.  Lo stesso rapporto con l’Nra al momento, è embrionale”.

Se la collaborazione con i produttori americani di armi deve ancora svilupparsi, come dice Magnani, con quelli italiani sembra essere a buon punto, visto che le associazioni che li rappresentano (l’Anpam per l’industria, Conarmi per la parte artigianale e Assoarmieri i commercianti) hanno espressamente dato il loro appoggio al Comitato con un comunicato congiunto in cui esortano i loro clienti a tesserarsi:

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A pensar male si potrebbe dire che il Comitato nella sua veste di associazione apolitica e apartitica faccia da tramite tra i produttori di armi e il governo. Magnani però respinge l’accusa: “La verità è che nel settore è sempre mancato un soggetto che rappresentasse gli utenti finali, i cittadini che sono in fondo a questa filiera. Ecco perché le associazioni dei produttori, degli artigiani e dei commercianti hanno deciso di supportarci. Ci sono stati in passato altri tentativi, tipo Nra Italia, che ha fatto una bruttissima fine, e ci sono tutt’ora altre associazioni con i nostri stessi scopi sociali, ma ci siamo differenziati per la serietà con cui abbiamo portato avanti le nostre battaglie. Ecco perché hanno scelto di supportarci, ma noi non li rappresentiamo”.

armiFoto dall’Hit Show (Credit: Hit Show)

C’eravamo tanto armati: come nasce la lobby delle armi?
Se il Comitato non rappresenta le maggiori associazioni di armi, rappresenta però  Firearms United in Italia. Cos’è Firearms United? A rispondere sempre Magnani: “Firearms è una confederazione di associazioni. Si appoggia in ogni singolo Stato a un’associazione di riferimento, fungendo così da coordinamento europeo. Ha fatto ad esempio un ottimo lavoro nel difendere i diritti dei cittadini che detengono legalmente le armi nel caso della direttiva anti-terrorismo europea, coinvolgendo molte parti politiche che hanno compreso le problematiche”.

In realtà cosa sia Firearms non è proprio ben chiaro, stando almeno al sito piuttosto scarno e anche approssimativo graficamente (“sta passando un momento di riorganizzazione”, dice Magnani). Quello che si sa è che ha sede in Polonia e che le sue posizioni sembrano piuttosto estremiste rispetto a quelle più moderate del Comitato D-477, specie sul “diritto a portare le armi”. Promuove infatti la campagna Carry Now.

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Secondo Giorgio Beretta, sociologo, membro della Rete italiana per il disarmo (Rid) e ricercatore per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia, le due associazioni collaborano seguendo una precisa tecnica di comunicazione: “C’è il Comitato D-477 che svolge la funzione istituzionale di presentare quelli che vengono descritti come legittimi interessi dei legali detentori di armi, mentre dall’altro c’è Firearms United Italia che, promuovendo un’agenda molto più radicale e oltranzista, svolge il ruolo di propaganda sui social, in particolare Facebook e Twitter, fungendo da megafono mediatico e anche invitando i seguaci a rispondere agli attacchi dei media“.

Giorgio Beretta dice di intravedere la stessa tecnica utilizzata dall’Nra in America: “Sembra lo stesso stratagemma, far passare l’idea di curare l’interesse dei legali detentori di quando invece si stanno sostenendo quelli delle industrie del settore. Nell’Nra c’è un nucleo pensante che promuove le idee, poi ci sono gli adepti, e dietro le quinte l’industria delle armi leggere. I tipi di slogan che usano sono quasi gli stessi“.

Quando nasce questa lobby? A febbraio 2015 Firearms manda questa lettera (nemmeno firmata) indirizzata alle maggiori associazioni di armi, chiedendo di unirsi per combattere una battaglia comune.

Lo scopo di Firearms è di costituire una Nra europea.

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Il 2015 è data interessante. Nello stesso anno si forma infatti il Comitato D-477 (e aderisce a Firearms) e Firearms invia la sua lettera. Ma è anche lo stesso anno in cui arriva Brownells Italia.

Questa mobilitazione del settore, secondo Giorgio Beretta, si spiegherebbe anche con il calo di uno sport come la caccia, limitato dalle leggi e attaccato dalle associazioni animaliste tanto da renderlo ormai fuori moda. Per la sopravvivenza di produttori e rivenditori doveva essere sostituito con un nuovo hobby come il tiro sportivo, ma forse anche da qualcos’altro.

Assistiamo a un cambiamento del mercato delle armi in Italia“, spiega Beretta. “Fino a 5, 10 anni fa le armi più vendute erano quelle da caccia, ma il numero dei cacciatori e diminuito, mentre il numero delle licenze sportive è aumentato. Questo probabilmente nasconde il desiderio di tenere armi corte in casa come pistole e revolver, oltre agli Ar15 (il fucile della strage di San Bernardino). Seguendo questo trend, l’azienda Beretta ha ad esempio sviluppato l’Arx100, che altro non è che la versione comune dell’Arx160 che utilizza il nostro esercito“.

Secondo il sociologo l’obiettivo “era contrastare il calo delle vendite di fucili da caccia con altre forme. Da qui l’interesse di mantenere alta l’attenzione sulla difesa personale, non tanto per vendere più armi quanto per avere una società più controllata. Come in America si crea il connubio tra Nra e repubblicani qui si probabilmente si è creato con la Lega”.

Ma può veramente nascere una Nra nel nostro paese capace di influenzare le decisioni del governo? Secondo l’ultima ricerca realizzata dall’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” per conto di Anpam, in Italia si producono 658.958 armi l’anno(maggior produttore in Europa) e 965.591.540 munizioni per un fatturato annuo totale di 581.022.940 euro. Sommando l’effetto indotto, il valore totale del settore sarebbe pari allo 0,44% del pil. È evidente però che il grosso del fatturato delle armi proviene dalle esportazioni (90,2%).

Un dislivello che sembra destinato a diminuire, visto che si registra un boom delle richieste di licenze (+13,8% in un anno) e questo nonostante il calo di rapine (-11%) e furti (-9,1%). Torna insomma in ballo la psicosi della sicurezza, il discorso della legittima difesa e di quel suo limite così problematico per nuovi leader e anziani signori.

Qualcosa su cui sembrano però divergere Firearms United e il Comitato D-477, con il primo che invoca il diritto dei cittadini alle armi e il secondo che – come ci rivela Magnani – è conscio della pericolosità di una situazione che in quel caso andrebbe fuori controllo. Una risposta intelligente, perché infatti il problema non è solo morale. Non a caso tra i soci fondatori del Comitato ci sono diversi avvocati.

Se in America, che strage dopo strage sta sempre più diventando sensibile alla pericolosità delle armi, c’è il mito della frontiera e dei cowboy nonché l’esaltazione della proprietà privata e dell’individuo, da noi – per differenze culturali ma anche e soprattutto costituzionali – le cose stanno molto diversamente.

Schermata 2018-09-14 alle 03.41.14 Per tutti questi motivi, se va giustamente tutelato il diritto degli sportivi di esercitare il proprio hobby, non bisogna nemmeno creare falsi allarmismi per invogliare all’uso delle armi novelli giustizieri della notte e strumentalizzare il tutto in funzione politica. Secondo gli stessi dati del Viminale, infatti, gli omicidi per arma da fuoco avvengono più nelle abitazioni che nelle strade. E soprattutto per cause familiari: le vittime sono spesso donne. Se le licenze di caccia sono in calo non bisogna compensare con quelle sportive per uso privato. Ammazzare un cinghiale o un essere umano – con buona pace degli animalisti – sono due cose ben diverse.

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