Re: [Disarmo] posizioni pro e contro gli F-35 negli ambienti militari italiani



Il sovranismo è la premessa del nazionalismo. Detto questo sappiamo da almeno un decennio che l'F-35 è nato soprattutto per spezzare l'Europa. La teorizzazione della guerra net-centrica nasce prima dell'F-35, dalla prima guerra del Golfo i teorici ne hanno mostrato la necessità. La seconda ne ha mostrato le falle. Russia e Cina l'hanno capito e sbeffeggiano gli USA, i primi ponendosi come avanguardia nel campo dell'intelligenza artificiale, i secondi superando tecnologicamente le difese nucleari americane.

Dunque di cosa stiamo parlando, se sappiamo che gli F-35 non riescono a "parlarsi" neanche fra di loro compessivamente? Parliamo appunto di sovranismo, termine che serve oggi all'Italia per spaccare l'Europa, e nazionalismo quando l'operazione sarà compiuta per perseguire interessi geoeconomici vs geopolitici. Se il primo ritiene che l'Italia debba legarsi agli USA al pari della Gran Bretagna, meglio se in cambio di qualcosa, il secondo parla di interessi italiani spingendo verso una collaborazione più stretta con i maggiori paesi europei, ma inneggia alla collaborazione con gli USA per quanto riguarda la politica anti-migratoria (vedi Libia: "Il sostegno ottenuto dalla Casa Bianca mette infatti di nuovo Roma al centro del Mediterraneo, dei rapporti con il Nord Africa e della stabilizzazione della Libia"). Cioè la solita Italia che mantiene il piede in due scarpe.

In realtà entrambi sono nazionalisti e come tutti i nazionalisti pronti a schierarsi in guerra con il più forte. Tranne poi, magari, cambiare schieramento.


Il 31/08/2018 00:32, alfonsonavarra (via disarmo Mailing List) ha scritto:

Da parte di Alfonso Navarra

Posizioni pro e contro gli F-35 negli ambienti militari italiani

Poniamo a confronto due articoli da siti specialisti in affari militari sul problema F-35, uno pro, tratto da Infodifesa, a firma di Giovanni Caprara; l'altro che possiamo leggere su Analisi Difesa, a firma di Gianandrea Gaiani.

Notiamo che quello pro ritiene che agganciarsi al carro americano (e snobbare quello europeo) significa in sostanza potere partecipare alla rivoluzione digitale del sistema della difesa, quella che viene riassunta nella sigla NCW, Network Centric Warfare.

Caprara, il favorevole al progetto di Infodifesa, definisce chiaramente la scelta degli F-35 come politica: “ La posizione delle nazioni che schierano questo velivolo è di sicura predominanza, in quanto ne aumenta la credibilità nel panorama delle Aeronautiche Militari elevandone il livello di competitività, e con la versione imbarcata esalta la proiezione di forza, una componente geopolitica fondamentale in uno scenario mondiale che si sta evolvendo rapidamente, con gli Stati Uniti che premono per aumentare le spese militari, l’Unione Europea che si divide sulla questione dei migranti, l’implementazione dei sistemi d’arma della Russia e Cina, e la minaccia del terrorismo islamico mai sopita. La politica estera italiana, inserita nel contesto della NATO e dell’Unione Europea, potrà trarre vantaggi considerevoli dallo schieramento degli F-35, infatti avrà un peso maggiore nelle missioni di pace ed aumenterà la credibilità e la deterrenza della Marina Militare che godrà di un importante miglioramento nella capacità di proiettare la sua forza.

Quello contro su Analisi Difesa paradossalmente pone in primo piano istanze, tra virgolette, sovraniste. Scrive Gaiani che (alla luce dei nein della Luftwaffe): “appare sempre più paradossale la scelta italiana di dotarsi degli F-35 (gli unici davvero necessari sono gli F-35B per la Marina e destinati all’imbarco sulla portaerei Cavour che può imbarcare solo aerei a decollo corto e atterraggio verticale), i cui costi sono da tempo fuori controllo e che porteranno la nostra Aeronautica a schierare due macchine (Typhoon e Lightning II) estremamente costose anche in termini di gestione a fronte di bilanci della Difesa sempre più scarni. Oltre a lasciare ancora a lungo l’Italia in posizione di sudditanza nei confronti degli USA, la cui politica è sempre più palesemente ostile all’Europa e dove il “buy american” impedisce la penetrazione negli USA di prodotti italiani ed europei della Difesa, l’acquisizione dell’F-35 rappresenta un suicidio industriale anche a fronte degli scarsi ritorni tecnologici, compensazioni e posti di lavoro determinati dal programma dell’aereo statunitense. Certo l’F-35 vanta capacità indubbiamente avanzate ma non è detto che all’Italia serva davvero un aereo semi-stealth da “first strike” (anche nucleare, con le bombe B-61-12 statunitensi basate a Ghedi) ) dal momento che, per scelta politica di Roma, neppure gli aerei da combattimento in servizio oggi vengono impiegati per azioni di attacco, ovviamente con l’esclusione dei conflitti in cui Washington ci ha “ordinato” di farlo (Kosovo, Libia e Afghanistan).

Dovremmo perciò pensare, secondo Gaiani, ad una difesa che, sotto il nostro pieno controllo tecnologico ed organizzativo, guardi più coerentemente ai nostri interessi geopolitici, per combattere eventualmente le guerre davvero nostre, e a sviluppare un nostro autonomo complesso militare industriale nel contesto europeo.

E qui si rischia un paradosso: i “sovranisti” in politica interna sono quelli che ci consegnano all'America di Trump in politica estera, privilegiando il “partito americano” dentro le nostre forze armate. Mentre gli “europeisti” sono quelli che, affidandoci al carro tedesco-francese, propongono l'Italia come terzo cavallo della biga, in posizione meno rilevante ma pur sempre trainante.

Ovviamente una posizione ecopacifista alternativa guarda alla difesa non con gli occhi del “partito americano” (e quindi di “prima la NATO”) e neanche con gli occhi del “partito europeo”, ma con quelli di custodi di un territorio in nome e per conto dell'intera umanità da unire in un progresso comune: la conversione ecologica di tutti.

E' questa linea coraggiosa che un vero governo del cambiamento dovrebbe portare avanti...






https://infodifesa.it/il-ruolo-dellf-35-nella-guerra-informatica/


IL RUOLO DELL’F-35 NELLA GUERRA INFORMATICA

14/08/2018


Con gli aeromobili di quinta generazione si sono evolute anche le strategie di impiego dei velivoli militari. Il combattimento ravvicinato fra i caccia appartiene al passato, le specifiche dei nuovi JFS sono orientate verso la guerra informatica, una risposta del comparto della difesa ai nuovi scenari bellici con lo scopo di adeguarsi alla condotta delle operazioni nell’era dell’iperconnessione. Il concetto di Network Centric Warfare, NCW, si è trasformato ed ora è una sorta di fusione tra elementi umani, organizzativi, tecnici e procedurali connessi in rete per interagire fra loro più velocemente ed efficacemente.

Operare in rete implica la coordinazione e sinergia di persone, comandi e strutture di supporto che, guidati dalla nuova dottrina NCW, riescono a relazionarsi in modo diverso dal passato. Questo grazie alla capacità e velocità della rete per la raccolta, analisi e condivisione delle informazioni e ciò si traduce in un vantaggio senza precedenti nella condotta delle missioni. Tale peculiarità è definita come Superiorità nell’Informazione, Information Superiority, ossia un controllo della rete avanzato da agevolare le operazioni senza che l’avversario ponga in essere un efficace contrasto. La IS si trasforma in una condizione di squilibrio sull’attore che non la possiede, infatti il detentore può raccogliere, elaborare e sfruttare il flusso ininterrotto e mirato di dati, ponendosi in condizione di assoluta predominanza.

Di fatto, la condotta bellica migliorerà esponenzialmente in termini di conoscenza, comprensione e valutazione di quanto stia accadendo sullo scenario, pertanto più rapide ed efficaci potranno essere la coordinazione e la sincronizzazione delle forze fisicamente in campo. Con l’F-35 ed in generale con gli aeromobili di quinta generazione, il classico combattimento aereo fra due o più velivoli, detto “dog-fight”, si è evoluto in una forma di guerra elettronica molto avanzata, la “data-fight”. L’aeromobile è quasi un satellite, o meglio un sensore strategico in grado di elaborare e scambiare informazioni in tempo reale con unità di superficie, forze terrestri, altri velivoli, sistemi tecnico operativi e centri decisionali sia militari che governativi. Questo gli consente di tracciare prima l’avversario e pone in condizioni di vantaggio assoluto la propria catena di comando, che sarà in grado di emanare ordini corretti sulla conoscenza acquisita ed approfondita dello scenario di guerra. 

In questo ambito il concetto di NCW si apre alla Shared Situational Awareness, SSA, la condivisione della conoscenza sulla situazione. E’ lo stadio della precisione con cui la percezione di una determinata situazione corrisponda alla realtà. Quando è comune fra gli attori connessi, decisori ed attuatori, migliora nettamente la tempestività nella distribuzione di informazioni che diverranno anche più precise ed affidabili. Ai quattro domini in cui hanno luogo le operazioni militari, spazio aereo, marittimo, terrestre e cibernetico, si deve aggiungere quello cognitivo, ossia ogni singolo combattente ha la sua mentalità che agisce sul proprio comportamento verso diversi fattori come: il morale, l’addestramento, l’esperienza e la conoscenza della situazione in cui opera. La forza militare dotata di NCW è in grado di limitare le singole percezioni. Nel dominio fisico ossia lo spazio aereo, marittimo e terrestre, i militari sono tutti collegati tra loro, e l’assenza di discontinuità elimina le azioni mentali di un singolo individuo, uniformandolo alla condotta voluta dai decisori, e questo si riflette nel dominio cognitivo dove tutti gli elementi sono in grado di condividere la conoscenza per sincronizzare le azioni. Un fattore che permette ad una forza NCW di operare in aree geograficamente più ampie con risorse umane e di mezzi inferiori al passato, perché saranno meglio dislocate e con maggiore precisione, agevolati dalla sincronizzazione del ciclo decisionale. In tal modo accrescono esponenzialmente le probabilità di successo, ma, soprattutto, si aumentano le possibilità di sopravvivenza dei soldati in ambienti a media ed alta densità conflittuale.  Questo è stato verificato nell’addestramento Joint Stars 2017, dove gli F-35 hanno garantito il supporto aereo con funzioni di soppressione delle difese aeree avversarie, ricerca, soccorso, e controllo dello spazio aereo. In concerto con i velivoli G550, l’F-35 ha svolto compiti di sorveglianza ed acquisizione dei bersagli, a dimostrazione che può essere impiegato in tutti quegli scenari dove è necessario condividere informazioni plurime dopo averle elaborate. I fruitori possono essere utenti anche civili, infatti l’elevate capacità del JSF potrebbero essere utili nel controllo delle frontiere per fronteggiare l’immigrazione clandestina. Una delle peculiarità dei velivoli di quinta generazione è quella definita Stealth, ossia invisibilità, ma in questo caso vuol dire bassa osservabilità. La piattaforma del JSF, è concepita per ritardare il più possibile il rilevamento e tracciamento dai sistemi di difesa aerea avversari, infatti i radar in banda X, i più comuni, osserverebbero l’F-35 troppo tardi per organizzare una risposta difensiva efficace, questo consente al velivolo incursore di “ingannare” il nemico con falsi bersagli e di ridurre le capacità del radar ostile con disturbi elettronici, una condotta definita “Jamming”. 

Nelle operazioni in contesti multinazionali del prossimo futuro, si dovrà perseguire l’obiettivo strategico avvalendosi di un insieme di azioni dirette ad influenzare il comportamento di tutti gli attori coinvolti nello scenario bellico, sia amici che nemici. E’ definita come Effects Based Operation, EBO. L’applicazione è estendibile anche in tempo di pace con la sinergia ed il coordinamento di tutte le piattaforme impiegabili a livello tattico, operativo e strategico. Di fatto una struttura informatica atta a pianificare ed eseguire operazioni semplici o complesse per il raggiungimento di effetti coerenti con gli obiettivi da perseguire. L’F-35 avrà una evoluzione che permetterà, alle nazioni che lo possiedono, di ridurre i costi sia per l’acquisto che per la manutenzione: il sistema DAS, Distributed Aperture System, raccoglie e trasmette immagini ad alta risoluzione direttamente al casco del pilota. Il DAS è composto da sei telecamere ad infrarossi assemblate in varie posizioni sulla carlinga e consentono al pilota una visione completa dello spazio in cui sta operando, in qualsiasi condizione meteo e sia di giorno che di notte. La finalità è quella di rilevare ed intercettare minacce provenienti da ogni angolazione, ciò si traduce in una situational awareness mai fornita prima ai piloti in termini di prontezza operativa e di risposta armata, ma soprattutto è in grado di assicurare il più elevato tasso di sopravvivenza in ambienti ostili. 

Il DAS sarà integrato nel casco dal 2023, e varrà una diminuzione dei costi pari a 3 miliardi di dollari in tutto il ciclo di vita del velivolo. Fornire ai decisori dati corretti ed in tempo reale, trasforma l’F-35 in una scelta politica. La posizione delle nazioni che schierano questo velivolo è di sicura predominanza, in quanto ne aumenta la credibilità nel panorama delle Aeronautiche Militari elevandone il livello di competitività, e con la versione imbarcata esalta la proiezione di forza, una componente geopolitica fondamentale in uno scenario mondiale che si sta evolvendo rapidamente, con gli Stati Uniti che premono per aumentare le spese militari, l’Unione Europea che si divide sulla questione dei migranti, l’implementazione dei sistemi d’arma della Russia e Cina, e la minaccia del terrorismo islamico mai sopita. La politica estera italiana, inserita nel contesto della NATO e dell’Unione Europea, potrà trarre vantaggi considerevoli dallo schieramento degli F-35, infatti avrà un peso maggiore nelle missioni di pace ed aumenterà la credibilità e la deterrenza della Marina Militare che godrà di un importante miglioramento nella capacità di proiettare la sua forza. A causa dei costi comunque elevati e delle specifiche del caccia, è auspicabile che il governo lo acquisti nel numero necessario a sostituire i vetusti Harrier, elevando Nave Cavour al ruolo di portaeromobili di quinta generazione, e di quanto ne abbisogni l’Aeronautica Militare per garantire il controllo dei confini italiani.

Giovanni Caprara per Infodifesa.it

Fonti:

Francesco Bussoleti, “Il mondo scopre che gli F-35 sono gli Iphone dei caccia.” Difesa e Sicurezza

NCW al centro della trasformazione”. Difesa.it




https://www.analisidifesa.it/2017/12/f-35-per-la-luftwaffe-il-nein-di-berlino-e-una-lezione-per-litalia/


F-35 per la Luftwaffe? Il “nein” di Berlino è una lezione per l’Italia

  • 22 dicembre 2017 

  • di Gianandrea Gaiani

  • in Editoriale

  • Il Ministero della Difesa tedesco ha reso noto che, come previsto da tempo, il velivolo Panavia Tornado verrà sostituito nei ranghi della Luftwaffe dall’Eurofighter Typhoon e non dal Lockheed Martin F-35 Lightning, come aveva auspicato all’inizio di novembre il capo di stato maggiore dell’aeronautica, il tenente generale Karl Muellner.

    Parlando alla conferenza IQPC International Fighter a Berlino, il generale Muellner disse che l’F-35 permetterebbe alla Germania di raggiungere tre obiettivi primari per la sua sostituzione con il Tornado: soddisferebbe i requisiti militari della Luftwaffe, rafforzerebbe la cooperazione europea attraverso l’interoperabilità e contribuirebbe a bilanciare il surplus commerciale della Germania con gli Stati Uniti.

    Sottolineando come il successore del Tornado dovrebbe avere capacità di combattere altri aerei, interdizione, soppressione delle difese  aeree (SEAD), supporto aereo ravvicinato (CAS), ricognizione tattica, guerra elettronica e missioni di deterrenza nucleare, Muellner aveva dichiarato che “la Luftwaffe considera la capacità dell’F-35 come il punto di riferimento … e penso di essermi espresso abbastanza chiaramente su quale sia il favorito della Luftwaffe”.

  • Una dichiarazione che ha avuto ampia eco sui media, certo superiore a quella con cui l’opzione del velivolo statunitense è stata decisamente respinta dal vice ministro della Difesa Ralf Brauksiepe. 

  • La visione indicata del capo della forza aerea che l’F-35 Lightning II è un successore particolarmente adatto al Tornado non è la posizione del governo federale” che, come è noto da tempo, intende sostituire i Tornado con gli Eurofighter Typhoon tra il 2025 e il 2030 quando gli ultimi Tornado dovrebbero venire ritirati dal servizio.

    La Germania punta quindi a incentrare i suoi reparti aerei da combattimento su un solo velivolo (come del resto fa anche la Francia con i Dassault Rafale) di produzione nazionale all’interno del consorzio Eurofighter (Germania, Italia, Spagna e Gran Bretagna).  Una scelta coerente con la necessità di concentrare gli stanziamenti su prodotti dell’industria nazionale, con i progetti di difesa europea e con il varo del programma franco-tedesco per lo sviluppo di un nuovo velivolo di Quinta generazione annunciato nel luglio scorso.

    Anche alla luce di questi fatti appare sempre più paradossale la scelta italiana di dotarsi degli F-35 (gli unici davvero necessari sono gli F-35B per la Marina e destinati all’imbarco sulla portaerei Cavour che può imbarcare solo aerei a decollo corto e atterraggio verticale), i cui costi sono da tempo fuori controllo e che porteranno la nostra Aeronautica a schierare due macchine (Typhoon e Lightning II) estremamente costose anche in termini di gestione a fronte di bilanci della Difesa sempre più scarni.

    Oltre a lasciare ancora a lungo l’Italia in posizione di sudditanza nei confronti degli USA, la cui politica è sempre più palesemente ostile all’Europa e dove il “buy american” impedisce la penetrazione negli USA di prodotti italiani ed europei della Difesa, l’acquisizione dell’F-35 rappresenta un suicidio industriale anche a fronte degli scarsi ritorni tecnologici, compensazioni e posti di lavoro determinati dal programma dell’aereo statunitense.

  • Per sostenere l’industria, potenzialità di export del made in Italy e occupazione meglio sarebbe acquisire altre due dozzine di nuovi Typhoon per rimpiazzare i Tornado e almeno altrettanti M-346FA (versione da combattimento dell’addestratore M-346 Master – nella foto sotto) per sostituire gli AMX Acol promuovendo così sul mercato il caccia leggero di Leonardo.

    Una scelta che certo comprometterebbe i 4 miliardi spesi negli ultimi 20 anni per il programma F-35, che potrebbero in parte venire recuperati cedendo ad altri acquirenti i pochi  F-35A già ordinati o consegnati e negoziando con gli Usa il mantenimento alla FACO di Cameri gli stabilimenti per la manutenzione degli F-35B della Marina e per gli F-35A di altri Paesi NATO e dell’Usaf dislocati in Europa.

    Certo l’F-35 vanta capacità indubbiamente avanzate ma non è detto che all’Italia serva davvero un aereo semi-stealth da “first strike” (anche nucleare, con le bombe B-61-12 statunitensi basate a Ghedi) ) dal momento che, per scelta politica di Roma, neppure gli aerei da combattimento in servizio oggi vengono impiegati per azioni di attacco, ovviamente con l’esclusione dei conflitti in cui Washington ci ha “ordinato” di farlo (Kosovo, Libia e Afghanistan).

  • I potenziali nemici che presumibilmente dovremo affrontare sono alla portata dei Typhoon (che infatti imbarcano già i missili da crociera MBDA Storm Shadow), a meno che non si voglia continuare a seguire la delirante politica anglo-americana di contrapposizione alla Russia che domina gli ambenti NATO.

    Inoltre che senso ha blaterare tanto di difesa europea se poi, per giunta in tempi di “vacche magre”, si comprano aerei e tecnologie americane invece di svilupparne di proprie?

    Tenuto conto anche delle scarse risorse finanziarie disponibili per la Difesa, una scelta all’insegna del “buy italian” è dunque quanto mai necessaria se davvero si vuole impedire il collasso o la svendita agli stranieri dell’industria nazionale, che con la rinuncia all’F-35 potrebbe disporre anche di risorse utili alla ricerca hi-tech per affiancare (in un ruolo non troppo subalterno) i franco-tedeschi nel programma per un nuovo cacciabombardiere europeo di Quinta generazione, accedendo anche ai fondi messi recentemente a disposizione dalla Ue per i programmi di difesa comune.

  • Un’occasione da non perdere per mantenere l’Italia nella ristretta cerchia dei produttori di aerei da combattimento.  



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