pubblicato su ArciReport? Lo mandero alla sede dell'Arci storica
di Bologna. Ma tant'è, tanti sfilano ma poi sono leghisti
"dentro".
Salvini piace nei circoli Arci?
Bologna, 22 giu. – Sono bastati due servizi tv per fare esplodere
polemiche e dibattiti attorno al circolo Arci Benassi di Bologna,
storica casa della sinistra cittadina e, tra l’altro, sede di un
circolo Pd “Mazzini”. Molti tesserati nonché avventori del
circolone hanno dichiarato a favore di telecamera di apprezzare le
dichiarazioni e il lavoro del Ministro dell’interno Matteo Salvini
sul tema dei migranti. Lo stesso Salvini ha rilanciato il servizio
sui suoi seguitissimi canali social. Alcuni soci del Benassi si
sono spinti più in là dichiarando, dopo una vita spesa tra le fila
del centrosinistra, di volere votare Carroccio la prossima volta
che si andrà alle urne. Apriti cielo, un luogo simbolo della
sinistra bolognese “caduto” nelle mani della propoganda leghista?
Com’è possibile che nel circolo Arci dove un padre del Pd come
Walter Veltroni ha scelto di chiudere l’ultima campagna elettorale
ci siano così tanti simpatizzanti di Salvini? C’è chi ha
minimizzato, chi ha parlato di interviste un po’ “giocate
strumentalmente” (il capogruppo Pd a Palazzo d’Accursio Claudio
Mazzanti), chi ha ammesso il problema, il classico elefante nel
salotto buono o, per dirla con le parole di Pierluigi Bersani,
l’ormai proverbiale “mucca in corridoio”. L’Arci provinciale di
Bologna ha reagito con un comunicato e rivendicato con orgoglio
tutto l’impegno anti razzista dell’organizzazione. “Sappiamo
quanto ancora ci sia da fare, ma non possiamo accettare che l’Arci
di Bologna e le 120 associazioni che la compongono siano ridotte
alla voce di alcuni soci di uno dei tanti Circoli della città”. La
dirigenza del circolo Benassi, dopo il primo servizio televisivo
rilanciato da Salvini su twitter e facebook, ha impedito l’accesso
al circolo ai giornalisti di Ètv che volevano sondare l’umore
degli iscritti sulla proposta di Salvini di schedare i rom (e la
scelta è stata attaccata dalla destra bolognese che ha parlato di
“censura”), poi la dirigenza ha annunciato una serie di incontri
con gli iscritti per discutere di migranti. “Il punto – ha detto
al Corriere di Bologna il responsabile comunicazione del Benassi
Alessandro Belluzzi – è che i soci dovranno capire qual è la linea
del circolo, se uno si iscrive a golf non puà giocare a baseball.
Abbiamo uno statuto che si ispira a valori antirazzisti, chi vuole
star qui deve riconoscerli e il 99% lo fa”. Tutto scritto nero su
bianco sullo statuto, ma quanti degli iscritti lo hanno letto?
Alcuni certamente, tanti conoscono e condividono i valori che
muovono l’Arci, ma sicuramente non tutti sanno o ricordano che
l’Arci da sempre si riconosce nella Convenzione Onu sui diritti
dei migranti, che l’Arci “lotta con l’esclusione, il razzismo, la
xenofobia, l’intolleranza”, che lavora per “una società aperta e
multuculturale, dove diversità e interculturalità siano una
risorsa”, e che promuove “l’auto organizzazione dei migranti e
delle minoranze”. In un commento pubblicato giovedì sul quotidiano
il Manifesto la presidente nazionale dell’Arci Francesca Chiavacci
ha annunciato l’avvio di un lavoro di ascolto e dialogo politico
anche e sopratutto sui temi della solidarietà. “Ci siamo
interrogati su quanto ampia (troppo?) sia la divaricazione tra le
nostre prese di posizione pubbliche e le idee diffuse nei nostri
circoli nei territori, e su come sia possibile ricostruire il
valore ‘pedagogico’ della politica associativa in questi tempi
mutati”. Chiavacci ha annunciato “uno sforzo straordinario“,
“tante assemblee, momenti di discussione, tra persone in carne e
ossa, non solo sui social”. E ancora: “Un lavoro lungo, paziente,
laico di mediazione e formazione. Di acquisizione di
consapevolezza e di recupero della verità”.
Un primo forte segnale arriverà a settembre, in occasione della
nuova campagna di tesseramento. E non sarà un segnale solo per i
soci del Benassi, anzi. L’Arci ha deciso di fare in modo che i
soci, vecchi e nuovi, non possano più rimanere indifferenti
rispetto alla questione migranti. I simpatizzanti delle politiche
di Matteo Salvini con in tasca la tessera Arci 2017-2018 saranno
questa volta costretti a confrontarsi con la nuova tessera che
riceveranno fra pochi mesi, una tessera che dovranno – come sempre
succede – firmare sul retro. “Più cultura meno paura“, sarà il
motto del tesseramenteo per l’anno nuovo. A spiegare il senso
dello slogan un disegno: un barcone di migranti che naviga verso
la scritta Arci. “Oggi – si legge sui documenti di preparazione
della nuova campagna tesseramento che partirà a settembre – cresce
sempre di più l’ostilità e il timore verso il diverso, per colui
che ha tradizioni e esperienze differenti. La paura verso l’altro
è un muro che può cadere solo tramite uno scambio culturale e
sociale. La tessera vuole essere uno spunto di riflessione e
promuovere l’apertura tra i popoli, perché la cultura è l’unico
mezzo in grado di sconfiggere la paura”.
Il 02/07/2018 10:59, Elio Pagani (via
disarmo Mailing List) ha scritto:
...(utile per rimanere informati sul proseguimento del
percorso…). Grazie Franco!
ciao
Francesco
***
Una breve riflessione sull'ultimo incontro tenuto ad
Assisi, in preparazione della prossima Marcia della Pace
del 7 ottobre.
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Dove, se non ad Assisi? E così è stato. A cento giorni
dalla Marcia della Pace si è tenuto un importante incontro
nazionale degli operatori di pace, ispirato dai
Francescani del Sacro Convento, Rete
della Pace, Tavola
della Pace, Coordinamento
Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani,
Coordinamento nazionale delle Scuole di Pace. Bella la
discussione e molto partecipata: circa 60 persone in
rappresentanza di una cinquantina di associazioni hanno
preso la parola - nessuno escluso – per presentare le
proprie attività, proposte e indicazioni dell’impegno per
costruire percorsi di pace. Non si pensi, tuttavia, a una
riunione di “anime belle” o di nostalgici dei “bei tempi
andati”: gli operatori di pace erano lì a rappresentare
una scelta politica e esistenziale, il loro ruolo
consapevole e ancorato nell’oggi. Non so in quante altre
occasioni sotto le alte volte affrescate delle sale del
Convento di San Francesco hanno riecheggiato discussioni
più profondamente politiche, condensato di valori,
competenze e pratiche.
L’attuale crisi valoriale che sembra egemonizzare la
nostra società, viene da lontano, prodotto di una politica
incapace di affrontare il nodo strutturale del modello di
sviluppo che produce dissesti ambientali, diseguaglianze
sempre più marcate, concentrazione di potere nelle mani di
sistemi economici e finanziari fuori da qualsiasi
controllo democratico. Il percorso costruito nel secolo
scorso, alla fine dell’ultima guerra mondiale, per la
costruzione di un mondo governato dal diritto
internazionale basato sui diritti umani fondamentali,
accordi e convenzioni, è entrato invece in una pericolosa
spirale di arretramento, soverchiato da nuove pulsioni
sovraniste e dal primato dell’ideologia del libero mercato
e della finanza speculativa. Il sistema di valori che
accompagna l’azione politica degli operatori di pace non
può che essere fondata su principi non negoziabili: il
sistema del Diritto internazionale, la Dichiarazione
universale e la Carta Europea dei diritti umani, la nostra
Costituzione. L’agenda comune non può che ripartire da
questo quadro di riferimento, per l’individuazione di
priorità da tradurre in azioni e impegni concreti.
Tre le questioni fondamentali: unità di obiettivi,
strategie e azioni attraverso la convergenza, la
collaborazione, il reciproco riconoscimento; la dimensione
politica che deve finalizzare il nostro impegno, per un
effetto di cambiamento e di incidenza nella società; il
riferimento alla dimensione globale, perché la difesa
delle persone, i diritti umani, il disarmo, la giustizia
economica e sociale, il lavoro dignitoso, si possono
declinare solo in una visione globale.
La mobilitazione della Perugia-Assisi dovrà quindi avere
tre forti riferimenti: chiedere al Governo italiano ed
agli altri stati membri dell’Ue la ratifica del Trattato
per la messa al bando delle armi nucleari; rispettare la
Legge 185/90 che proibisce la vendita di armi ai paesi in
guerra e che violano i diritti umani (il caso della
vendita di armi all’Arabia Saudita rappresenta una palese
violazione di questa Legge e della nostra Costituzione);
chiedere il rispetto delle convenzioni internazionali ed
il dovere fondamentale ed inderogabile di salvare le vite
in mare, di ripristinare un comportamento di umanità
condivisa nei confronti di chi fugge da guerre e miseria.
Il nostro Paese dovrà inoltre dotarsi di strumenti
previsti dalla normativa internazionale come l’Agenzia
Nazionale Indipendente per i diritti umani così come
riprendere e portare in discussione nell’attuale
legislatura la proposta di legge “Per la costituzione di
un Dipartimento di difesa civile e nonviolenta” sostenuta
da oltre 50mila firme.
A partire da subito dovremmo pensare a una mobilitazione
straordinaria per il 7 di ottobre, che parta dalle città e
dalle comunità locali attraverso la costituzione di
comitati di coordinamento aperti e unitari “verso la
Marcia PerugiAssisi”, che costituiranno un investimento e
la base di lavoro comune per il “dopo”, per un impegno ed
un’azione unitaria continua, che abbia come fondamento la
dimensione locale, collegata ad una dimensione nazionale
ed internazionale, per dare dimensione politica,
partecipata e dal basso, alla nostra azione di costruzione
di pace.
Questo percorso di convergenza ha bisogno di momenti, di
spazi, di occasioni, di strumenti alla ricerca del comune
interesse. Ci siamo tutti impegnati a incontrarci
nuovamente, a scambiare informazioni, a collaborare e non
a competere. Il percorso e l’organizzazione della Marcia
della Pace è l’occasione ideale per mettere in pratica la
disponibilità e gli appelli a “lavorare insieme”.
Pubblicato sull'ultimo numero di ArciReport.
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