Se restare umani è ormai un imperativo categorico del
movimento pacifista, «restare uniti» sembra il
messaggio più forte uscito ieri dalla giornata di
incontro tra una cinquantina fra le associazioni che
il 7 ottobre si ritroveranno alla marcia
«Perugia-Assisi», la storica camminata nata nella
mente di Aldo Capitini negli anni Sessanta. Il luogo
ospitante è il sacro convento dei francescani che
sovrasta un paesaggio mozzafiato. Sono stati i frati,
pressati da alcuni gruppi, a farsi anfitrioni di un
incontro che par suggellare la fine di un periodo di
freddezza, scontri interni, divisioni che – se non
hanno messo a tacere il movimento – lo hanno in parte
disgregato e per di più in tempi difficili, approdati
a un governo che vuole schedare i rom, criminalizzare
le Ong, abbandonare in mare chi sta affogando.
Ma le cose cambiano anche in positivo come racconta
proprio la storia del sacro convento che, negli anni
Sessanta, chiuse le porte ai marciatori di Capitini ma
che, vent’anni dopo, ospitava il segretario del Pci
Berlinguer rompendo un tabù. Bergoglio ha fatto il
resto.
Alla riunione, per altro solo vagamente
rappresentativa di una realtà complessa e diffusa
assai più che non si creda sul territorio nazionale,
ci son cattolici, come i Focolarini o Sant’Egidio, ma
anche una solare rappresentante dei Giovani musulmani
oltre alle associazioni storiche come la Tavola della
pace o la Rete della pace e, ancora, gli Scout, Rete
disarmo, Arci… La riunione sceglie di non avere una
presidenza né un documento già preparato da votare ma
propone un percorso per ridefinire un’agenda, una
nuova organizzazione liquida che faccia da contenitore
e riassembli gli spezzoni di un movimento che
altrimenti rischia di sembrare in affanno più di
quanto non sia.
La marcia di ottobre sarà dunque solo una tappa in
cui dovrebbero confluire le varie proposte emerse
dall’incontro: rimettere le persone e la loro dignità
al centro, ricordare i diritti fondamentali – che
riguardano anche diseguaglianze sociali e lavoro –
studiare e capire le nuove guerre, riconfrontarsi sui
principi. Ricostruzione difficile (scarse risorse,
frantumazione delle reti organizzative, insensibilità
degli enti locali) ma non impossibile e che prova a
ripartire da Assisi.
Alla riunione parlano tutti. Sono interventi brevi e
che focalizzano, oltre al lavoro di ogni singola
associazione o rete, i temi: la capacità di essere
nuovamente un soggetto politico in grado di incidere,
di parlare alla gente, di coordinare le iniziative che
ognuno ha coltivato nel suo piccolo orticello. Non una
sommatoria delle singole azioni ma la sfida ad andar
oltre la semplice condivisione di intenti o di
attività.
Le proposte non mancano: con forza quella di ottenere
dal governo la ratifica del Trattato adottato dalle
Nazioni Unite il 7 luglio sulla messa al bando delle
armi nucleari (entrerà in vigore solo dopo la ratifica
di almeno 50 Paesi); il rilancio del multilateralismo
e dei Corpi civili di pace, istituiti da una legge del
2016; la difesa della Costituzione, dei diritti umani
universali, della legalità internazionale; smascherare
gli aggiramenti della legge 185 sulla vendita di armi;
la necessità infine di uscire dal perimetro nazionale
per far parte di un movimento più ampio. Europeo,
internazionale.
A fine giornata l’antico convento di Francesco viene
investito da un’acquazzone che spazza l’aria e lava le
strade di una pianura accaldata: un buon auspico per
ricominciare da una pagina bianca. Senza dimenticare
l’esperienza di un movimento, quello pacifista, che ha
ormai alle spalle oltre mezzo secolo di storia.