Queste le preoccupanti caratteristiche da approfondire
di Elisabetta Trenta, 51 anni, il nuovo ministro della Difesa,
del governo Conte, in quota M5S. Una distinta signora, che
proviene dal mondo militare, in cui è senza alcun dubbio
organicamente inserita.
Per cominciare, è Capitano della riserva selezionata del corpo
di amministrazione e commissario dell’Esercito. Ha collaborato
con il Centro militare di studi strategici (CEMISS) per il quale
ha curato la ricerca “Le guerre per procura”.
Il marito, Claudio Passarelli, è un capitano
che si occupa di acquisti per la Difesa: e qui, a detta di
diversi organi di stampa, si potrebbe innestare un possibile
conflitto di interessi.
La nostra "donna di ferro" (il soprannome nasce da come si
atteggia, vedi giuramento) insegna alla Università Link Campus
dell'ex ministro DC Vincenzo Scotti (dirige il master di
intelligence e sicurezza).
Quello che però dovrebbe fare più pensare è che ha
collaborato attivamente con la missione militare in Iraq, quella
che i pacifisti di tutte le tendenze hanno sempre contestato
come un'avventura bellica da condannare senza se e senza ma (si
pensi solo alla notizia falsa che la giustificò: le armi
chimiche di Saddam).
Dall'ADN Kronos apprendiamo che per nove mesi, su incarico del
Ministero degli Affari Esteri, "è stata Political Advisor dei
Comandanti della Itjtf in Iraq. Ha rivestito anche il ruolo di
esperta in governance nell'Unità di assistenza alla
Ricostruzione di Thi Qar".
I progetti di sviluppo di cui si è occupata per lo Stato
italiano sono legati alla "ricostruzione in Iraq", laboratorio
per il nuovo modello di guerre "privatizzate", elaborato
originariamente ed attuato da Bush, Rumsfeld, e Cheney.
Ma c'è anche un impegno nella beneficenza privata: è
vicepresidente: ‘I bambini di Nassiriya Onlus’, che realizza
progetti in Iraq
Può infine vantare altre esperienze in "teatri di missioni
militari": in Libano (UNIFIL) ed in Libia (nel 2012).
Ad un primo sguardo, le premesse (che vanno verificate) vanno
nel senso di delineare un esperta in interventi neocoloniali
dell'Occidente, secondo il nuovo modello delle guerre che sono
direttamente business privato e vedono come protagonisti
mercenari di ogni risma.
Un articolo di Repubblica la mette in relazione diretta
addirittura con il reclutamento di mercenari: " Nel suo
curriculum c'è anche la presidenza del consorzio Criss (Consortium
for research on intelligence and security services), creato da
Gianpiero Spinelli, che arruolò i quattro italiani rapiti in
Iraq, vicenda segnata dall'uccisione di Fabrizio Quattrocchi.
Parte di una serie di contratti con la Farnesina di cui, come ricostruito da Repubblica, il
più singolare è quello del 2012. Spinelli racconta di essere
stato ingaggiato da Sudgest per recuperare i micidiali missili
terra-aria sottratti dagli arsenali di Gheddafi e segnalati dai
nostri servizi segreti: una questione di sicurezza nazionale in
appalto ai privati. Ma, vista la pericolosità della situazione
libica,sempre Spinelli, questa volta in Libia, si dedica ad
addestrare 134 ex miliziani a cui affidare la protezione delle
zone archeologiche. Poi la guerra civile cancella questa seconda
operazione, condotta dai mercenari insieme con il consorzio
parauniversitario di Elisabetta Trenta. Nella sintesi del
quotidiano belga Le Point: "La società SudgestAid recluta
mercenari per il vicino Oriente".
(vai su:http://www.repubblica.it/politica/2018/05/31/news/elisabetta_trenta_difesa_governo_conte-197374627/)
Gli italiani, a quanto pare, sperano nel "cambiamento" per cui
hanno votato.
Resta da vedere se questa agognata "inversione di rotta" possa
essere realizzata da "facce nuove" che provengono dal sottobosco
bellico, anziché - sarebbe poi così assurdo? - dal mondo
pacifista.
Mi permetto di insistere, a scanso di fraintendimenti, con una
serie di sottolineature.
La mia perplessità non è quella dell’antimilitarista allergico
alle divise in quanto tali: ad esempio, una figura come il
generale Fabio Mini la avrei interpretata come coerente con una
logica di discontinuità nelle politiche militari.
Il problema da verifificare è se la Elisabetta Trenta, al di là
dei comportamenti esteriori militaristici, che potrebbero pure
fare parte di simpatiche manie, ed esserle quindi perdonati, non
appartenga invece – si faccia bene attenzione - ad un sottobosco
affaristico: proponendo una analogia, potrebbe nel secondo caso
essere paragonata all'ex assessora Muraro della Giunta Raggi,
indagata perché avrebbe dovuto controllare impianti per ditte di
cui era stata e - se non ricordo male - era consulente
"milionaria".
Qui, per capire bene come pongo la questione sulla signora
ministro della Difesa, occorrerebbe essere dotati di un
background analitico: comprendere come, dall'Iraq in poi, si
facciano delle guerre subappaltate ai privati e le occasioni di
profitto riguardano anche e forse soprattutto le "ricostruzioni"
collegate alle medesime guerre.
Per risultare più chiaro sono allora costretto a ripetere la
domanda chiave: la dott.ssa Trenta faceva e fa parte
consapevolmente di questo disgustoso giro, come attesterebbe la
notizia - ovviamente da verificare - riportata da "Repubblica”?
Parlo di disgusto che nasce spontaneamente se si legge, ad
esempio, il resoconto che Naomi Klein nel suo "Shock economy"
(Rizzoli editore, 2007) fa delle tragiche vicende iraqene anche
nel loro risvolto economico.
(Il libro, che consiglio di rileggere, perché potrebbe avere
spunti utili anche per l'attualità italiana, se ne occupa
diffusamente nella sezione sesta).
La privatizzazione senza regole e la mercificazione senza limiti
sono del resto una tendenza generale della nostra epoca.
Il "nuovo" si presenta spesso, nei momenti di crisi e di
confusione, come la ricetta della depubblicizzazione totale, in
nome di un aziendalismo efficientistico che pone in vendita i
servizi pubblici.
Anche nel mondo della cittadinanza attiva organizzata possono
agire influenze del genere, all’insegna di una sedicente
professionalità (il "metodo organizzativo") che si fa marketing
"sociale" e "vende" a chiunque sia interessato a pagarli servizi
informativi (e servizi in genere). E non mancano gli esempi in
tal senso nelle stesse file del pacifismo, se si hanno occhi per
vedere...
Alfonso Navarra - segretario Lega per il disarmo
unilaterale
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