Re: [Disarmo] R: Libia, Napolitano riconosce: nel 2011 Berlusconi era contrario



vabbè dai, anche la nostra memoria ha serie lacune se non ci si ricorda che: "Armi ai “ribelli” libici sui traghetti, il segreto di Stato fa affondare l’inchiesta" Il trasferimento del carico da Santo Stefano avvenne il 19 maggio del 2011. Impossibile sentire i testimoni: la procura di Tempio chiede l’archiviazione

http://www.lanuovasardegna.it/olbia/cronaca/2013/04/06/news/armi-sui-traghetti-il-segreto-di-stato-fa-affondare-l-inchiesta-1.6831787




Il 04/08/2017 11:06, "g.dessalvi" (via disarmo Mailing List) ha scritto:




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-------- Messaggio originale --------
Da: Elio Pagani <disarmo at peacelink.it>
Data: 04/08/2017 04:57 (GMT+00:00)
A: disarmo at peacelink.it
Oggetto: [Disarmo] Libia, Napolitano riconosce: nel 2011 Berlusconi era contrario

Libia, Napolitano riconosce: nel 2011 Berlusconi era contrario

Sei anni fa. L'ex presidente della Repubblica, primo sostenitore dell'attacco a Gheddafi, scarica comunque la responsabilità finale della decisione sul governo di centrodestra. E provoca la reazione scomposta di Salvini. Solidarietà al capo dello stato emerito dal Pd, che fece da stampella al Cavaliere

 

Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi nel 2011

Andrea FabozziIl Manifesto

Tirato in ballo questa volta dal Movimento 5 Stelle per le sue responsabilità nella partecipazione italiana ai raid aerei sulla Libia del 2011, l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano risponde con un’intervista a Repubblica nella quale con assai maggiore chiarezza rispetto a precedenti uscite riconosce la contrarietà di Silvio Berlusconi a quella guerra. Ricorda che il Cavaliere stava per dimettersi da presidente del Consiglio pur di non dare il suo sì all’intervento armato contro Gheddafi. E che non lo fece con «un atto di responsabilità da riconoscergli ancora oggi». Aggiunge però Napolitano che, ovviamente, la decisione di far partire i caccia militari «spettava al governo», anche se «con il consenso della presidenza della Repubblica». Ma dire «consenso» è dire poco.

C’è una scena al centro della ricostruzione di quei giorni del 2011, una scena ambientata in una sala del teatro dell’Opera di Roma dove sul finire dell’esecuzione del Nabucco dedicata alla celebrazione del 150 anniversario dell’unità d’Italia, le più alte autorità presenti ricevono la notizia che il consiglio di sicurezza dell’Onu ha autorizzato l’intervento armato in Libia e che gli aerei francesi e i missili di Usa e Gb sono già in rampa di lancio per fermare l’avanzata delle truppe fedeli a Gheddafi verso Bengasi. È il 18 marzo. Ricevute le notizie da New York, Berlusconi e Gianni Letta si chiudono in una stanza con La Russa (ministro della difesa) e i capi di stato maggiore. Dopo poco arriva Napolitano. La cui posizione è nota, avendo il presidente della Repubblica preventivamente riunito il Consiglio supremo di difesa e dichiarato che «Gheddafi sta sfidando il mondo», che «l’Italia non può restare indifferente» e che «non si comprende la scelta di Merkel» – la cancelliera tedesca scelse di non intervenire in Libia.
Un Berlusconi sconsolato non si oppone alla decisione di muovere le nostre truppe aree e navali, e di concedere le basi agli alleati, per difendere i diritti del popolo libico, certo, ma soprattutto gli interessi nazionali (Eni). È un Cavaliere in fase evidentemente calante, che pochi mesi prima era stato salvato dalla sfiducia proprio da Napolitano e che pochi mesi dopo dovrà comunque lasciare palazzo Chigi. Sempre con la regia di Napolitano, che per il momento si impegna a tutelare la missione armata italiana – che comincia effettivamente in aprile – dalle incertezze della Lega. «Il nostro impegno è di restare schierati», chiarisce il presidente, con la stessa forza con la quale oggi ricorda che la responsabilità era primariamente del governo. Per questo, anche per questo, riceve un pubblico omaggio da Obama.

Sei anni dopo, ieri, il centrodestra non coglie la novità del riconoscimento di Napolitano delle posizioni di Berlusconi e rilancia invece l’abituale polemica contro l’ex capo dello stato colpevole di aver «imposto la guerra». Non raggiungendo però le vette di Salvini, che addirittura invoca un «processo» contro Napolitano. Ottenendo ovviamente l’attenzione di tutta la politica (da Gentiloni a Boldrini e Grasso a scendere) che si affretta a contrattaccare il leader leghista. Di tanta solidarietà finisce per rallegrarsi Napolitano, che in serata fa uscire una nota in cui definisce «grossolane e spudorate» le ricostruzioni di grillini e Lega che lo avevano messo all’indice.
Salvini nel suo crescendo polemico tralascia di ricordare che la Lega votò a favore dell’intervento militare italiano in Libia, schierandosi al fianco di quel ministro La Russa che oggi con Fratelli d’Italia fa presto a scaricare tutte le colpe su Napolitano. Per tenere a bada le incertezze leghiste bastò una mozione nella quale si precisava che le operazioni militari non dovevano durare troppo (ma la Nato smentì subito) e la missione non doveva provocare un aumento delle tasse. I parlamentari leghisti si sfilarono una sola volta, in commissione, e allora fu determinante il soccorso del Pd. Che peraltro non mancò mai, perché l’allora segretario Bersani non ebbe dubbi, o non li espresse, sulla linea Napolitano. «L’aggressione alla Libia – può dunque notare il segretario Prc Acerbo – è stata decisa da un’ampia maggioranza trasversale, la stessa che ora ha dichiarato guerra a ong e migranti».



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