Con una
mossa clamorosa, ieri il leader dell’autoproclamata
Repubblica Popolare dei Donetsk (Rpd) Alexander
Zacharcenko ha dichiarato l’intenzione di rompere
definitivamente con Kiev, annunciando la volontà di
creare un nuovo stato denominato «Piccola Russia» (Malo
Rossiya).
LE REPUBBLICHE POPOLARI di
Donetsk e Lugansk erano state proclamate nel 2014 in
seguito a una insurrezione filorussa in opposizione al
movimento reazionario e filo-Ue della Maidan, cui seguì
una disastrosa guerra civile che non si è mai conclusa.
«Al fine di fermare la guerra civile, abbiamo discusso
la situazione e siamo giunti alla conclusione che
l’Ucraina è uno stato ormai fallito. Il regime di Kiev
non è in grado di fermare la guerra civile» ha
dichiarato Zacharcenko.
La decisione
ha un chiaro intento propagandistico perché non si
presenta come una dichiarazione d’indipendenza ma come
una sorta di appello a un «nuovo Stato federale
ucraino«, a cui tutte le regioni del paese sarebbero
invitate ad aderire. Il «nuovo stato sarà il successore
della ex-Ucraina… si denominerà Piccola Russia in quanto
il nome “Ucraina” è ormai discreditato» ha affermato il
vice-premier di DonetskAlexander Timofeev. Secondo i
dirigenti della Rpd la decisione dovrà comunque essere
ratificata da referendum popolare. Tuttavia l’ipotesi
che alcune delle regioni ucraine possa seguire una
strada a dir poco avventurosa, è escluso.
L’ALTRA REPUBBLICA popolare,
quella di Lugansk, ha preferito smarcarsi
dall’iniziativa. «Non eravamo nemmeno a conoscenza della
decisione» ha sostento il leader della Repubblica di
Lugansk. Nelle ore successive, da Lugansk sono stati
aperti piccoli spiragli nei confronti dell’iniziativa di
Donetsk ma solo«“a patto che fallisca definitivamente il
progetto di autonomia degli Accordi di Minsk».
La proclamazione del nuovo Stato sembra però che abbia
proprio tra i suoi obbiettivi quello di sparigliare le
carte della diplomazia e far saltare per sempre
quell’accordo tanto faticosamente raggiunto, ma poi mai
attuato.
LE REAZIONI non si sono
certo fatte attendere. Il presidente ucraino Petr
Poroshenko in visita a Tblisi ha iniziato a battere i
tamburi di guerra: «Il popolo ucraino ha sepolto la
Novaya Rossiya e seppellirà la Piccola Russia… La
sovranità territoriale dell’Ucraina verrà ripristinata.
Indubitabilmente!». Secondo Kiev,dietro la scelta di
Zacharcenko ci sarebbe, ovviamente, Putin. Il Ministro
degli Esteri ucraino ha twittato che «il Cremlino sta
cercando di riprodurre lo scenario abkhazo nel Donbass.
Noi con i nostri partner europei non lo permetteremo»
facendo riferimento al territorio da molti anni conteso
tra Russia e Georgia e che fece sprofondare nel 2008
nella guerra i due paesi ex-sovietici. I partner europei
invocati da Kiev sono immediatamente intervenuti i nella
grave crisi apertasi.
IL GOVERNO TEDESCO ha
dichiarato di considerare la creazione del nuovo Stato
«qualcosa di inaccettabile» e ha aggiunto di aspettarsi
«che la Russia condanni immediatamente questa iniziativa
e affermi chiaramente di non rispettarla e di non
riconoscerla…».
Sulla stessa linea d’onda il governo francese che ha
stilato un comunicato pubblicato nel primo pomeriggio di
ieri. «Invitiamo la Russia a condannare l’azione che
viola gli accordi di Minsk. La Russia deve aumentare i
suoi sforzi per porre fine al conflitto», ha
sottolineato Parigi.
Già, la
Russia. Putin, pur aiutando con mezzi e consiglieri
militari le repubbliche ribelli, non ha mai nascosto che
il conflitto del Donbass fosse una patata bollente in
cui il suo paese aveva ben poco da guadagnare. Il
Cremlino sia per considerazioni di merito (il Donbass è
parte integrante dell’Ucraina) sia per questioni
diplomatiche, ha sempre affermato che «un’altra
soluzione stile Crimea» era impensabile.
ORA QUESTA REPENTINA decisione
di Zacharcenko assomiglia molto a una pugnalate alle
spalle che spariglia l’incessante attività diplomatica
del Cremlino che era riuscito persino a coinvolgere
l’amministrazione Trump.
E che potrebbe portare l’intera regione sull’orlo di una
guerra.
IERI A MOSCA la
tensione e l’imbarazzo si tagliavano con il coltello.
Fino a tardo pomeriggio i telegiornali non avevano
neppure dato la notizia della proclamazione della
«Piccola Russia», anche se deputati di diversi partiti
alla Duma salutavano il fait accompli «come positivo e
inevitabile», cavalcando il rampante nazionalismo grande
russo.
Infine in serata è giunto un laconico comunicato del
portavoce di Putin, Dmitry Peskov. «Non commento questa
notizia. Essa è oggetto di riflessione e analisi. Da
parte russa continueremo ad impegnarci per realizzare
gli Accordi di Minsk» ha concluso.