Non finanzia l’esercito comune ma la filiera industriale
comune. Risorse periodiche per ricerca (500 milioni) e capacità
(un miliardo). Si avvia di fatto anche il dibattito sul prossimo
bilancio pluriennale
Bruxelles – Un fondo unico per la difesa come primo passo verso
un’integrazione finora mancata. E’ il fulcro delle proposte della
Commissione europea presentate oggi. Ci sono diversi documenti,
tutti finalizzati a rilanciare il dibattito politico su un tema
che necessita dell’accordo unanime degli Stati membri, ma ci sono
anche proposte concrete operative, pronte da attuare già da ora.
Riguarda l’uso dei fondi comunitari, le risorse che gli Stati
mettono in comune per sviluppare politiche comuni. Il team Juncker
fa sul serio, e suggerisce di convogliare risorse in un fondo
specifico per la difesa. E’ la prima volta che si tenta
un’operazione di questo tipo, che il collegio dei commissari
accompagna con un documento di riflessione sul futuro dell’Europa
della difesa. La Commissione, che in questo campo non può nulla
poiché è materia di competenza degli Stati membri, offre loro tre
scenari: restare così come si è, con una cooperazione minima e su
base volontaria; intessere a una maggiore cooperazione, più
strutturata e maggiormente coordinata su poche aree prioritarie
(minacce ibride e informatiche, principalmente), oppure creare
un’unione della sicurezza e della difesa vera e propria,
pienamente solidale, pronta a intervenire e ad agire nei teatri
internazionali.
La Commissione europea vuole fare sul serio, e mantiene le
promesse. Il fondo europeo per la difesa era stato annunciato dal
presidente dell’esecutivo comunitario, Jean-Claude Juncker, a
settembre 2016. I leader dell’Ue avevano accolto la proposta
favorevolmente, e allora ecco la proposta. Un proposta tanto
ambiziosa quanto complessa: per rendere operativo il tutto occorre
iniziare a ragionare in ottica post-2020, quando si renderà
necessario definire un nuovo bilancio settennale dell’Ue. Per
attrarre i consensi delle capitali si conferma che le spese
sostenute dagli Stati in quest’area non verranno calcolate ai fini
del debito, purché “una tantum”. Attualmente il budget pluriennale
dell’Unione è limitato rispetto al ciclo di bilancio precedente
(2007-2013), per via delle resistenze britanniche, che hanno
impedito di mettere più finanze nelle casse comuni europee.
L’addio di Londra che si consumerà con la Brexit potrebbe
rilanciare questo e altro. Ci sono nodi politici, ma intanto la
Commissione europea vara la proposta di un fondo comune.
Perché un fondo comune?
L’Ue spende male. Sviluppa tanti progetti nazionali uguali, ma
nel contempo spesso neppure compatibili. Lo speciale fondo intende
sostenere lo sviluppo dell’industria del settore: qui verranno
messi fondi comuni con cui finanziare progetti sviluppati di
consorzi di imprese. Dovranno essere formati da almeno tre imprese
di almeno due Stati. Il fondo avrà una dotazione una dotazione di
oltre 5 miliardi di euro. L’esecutivo comunitario stima che la
mancanza di cooperazione tra Stati membri nel campo della
sicurezza e della difesa costi tra i 25 e i 100 miliardi di euro
l’anno. Tutti soldi che potrebbero essere recuperati e investiti
in altri progetti, se ci fosse un sistema davvero europeo. I bandi
di gara e gli appalti per la ricerca nel settore sono nazionali
per l’80%-90%. Se ci fosse un bando europeo si potrebbe
risparmiare ogni anno il 30% di quanto si spende attualmente per
la difesa.
Dotazioni
Nelle intenzioni della Commissione lo speciale fondo servirà a
finanziare progetti in due aree: ricerca, e sviluppo e
acquisizione. Per la ricerca si metteranno 90 milioni fino al
2019, poi si propone di mettere sul piatto 500 milioni di euro
l’anno, a partire dal 2020. Per la parte relativa allo sviluppo
dei progetti, si intende garantire 500 milioni per il biennio
2019-2020, per poi iniziare a garantire un miliardo di euro l’anno
a partire dal 2021. Secondo le stime della Commissione questo tipi
di investimenti potranno generare un effetto leva in grado di
quintuplicare le risorse grazie a investimenti di privati.
Complessivamente si stima che dopo il 2020 il Fondo potrà generare
investimenti nel settore della difesa comune per 5,5 miliardi di
euro.
Chi decide che progetti finanziare
Sicurezza e difesa sono competenze esclusive degli Stati membri.
Vuol dire che la Commissione Ue non può varare proposte
legislative. In questo caso si tratta di definire le voci di spesa
del bilancio comune. I progetti li finanzierà l’Ue, sulla base
delle scelte dei governi. Le risorse comuni saranno orientate su
aree prioritarie individuate dagli Stati membri. La Commissione è
pronta a finanziare programmi di ricerca nei campi di elettronica,
robotica, sistemi operativi criptati, metamateriali, e di
investire nello sviluppo di droni, satelliti e tecnologie
satellitari, o anche favorire l’acquisto all’ingrosso di mezzi
quali elicotteri per ridurre i costi. La Commissione tiene a
sottolineare che non si chiedono risorse fresche agli Stati
membri, ma solo di presentare progetti collaborativi da
co-finanziare. L’esecutivo comunitario si impegna a fornire anche
assistenza tecnica per la realizzazione dei progetti.
Come si finanziano i progetti di consorzi
La Commissione non ha intenzione di prevedere strumenti
particolari quali Eurobond per la difesa. Intende però sviluppare
strumenti “flessibili” di finanziamento, con la Banca europea per
gli investimenti (Bei), che potrebbe giocare un ruolo in questo.
Non si finanzia un esercito europeo
La proposte della Commissione europea di per sé non intende creare
un esercito dell’Ue. Non è tuttavia un mistero che Juncker ne vorrebbe uno, superando una volta
per tutte i limiti della storia dell’integrazione mancata della difesa.
Se gli Stati membri però volessero sposare il terzo scenario
offerto dal reflection paper redatto dalla Commissione europea,
non si potrà ragionare in tal senso. Spetterà agli Stati membri
decidere, all’unanimità, l’eventuale costruzione dell’esercito
europeo, al pari di ogni altra iniziativa in questo campo.
Spese fuori dal patto di stabilità
Non si chiedono agli Stati membri risorse fresche da mettere sul
piatto. Tuttavia è previsto che se i governi volessero investire
nel fondo per la difesa, queste somme verranno tenute al di fuori
del Patto di stabilità e crescita: “national capital contributions
will be treated as ‘one-off’ under the SGP” . Vuol dire che non si
conteggeranno nella valutazione di deficit e debito, purché gli
investimenti pubblici restino di misure occasionali (“una tantum”)
e non diventino strutturali.
Brevetti industriali del consorzio
La Commissione europea co-finanzia progetti industriali
collaborativi, ma non diventa proprietaria intellettuale
dell’opera. Il brevetto resterà delle aziende che hanno sviluppato
il progetto. Ciò che a Bruxelles preme, è che il brevetto resti
europeo e in Europa.
http://www.eunews.it/2017/06/07/ue-la-commissione-lancia-il-fondo-europeo-per-la-difesa-15-miliardi-lanno-dal-2020/87280