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Re: [Disarmo] Fwd: Falle degli 007, l’Mi5un’inchiesta interna
- Subject: Re: [Disarmo] Fwd: Falle degli 007, l’Mi5un’inchiesta interna
- From: Lorenzo Dellacorte <l_coortis at yahoo.it>
- Date: Mon, 5 Jun 2017 16:08:18 +0000 (UTC)
- Reply-to: Lorenzo Dellacorte <l_coortis at yahoo.it>
Non tratta di "falle" nei servizi segreti, ma di iniziative di "servizi paralleli", tipo il nostro Glaidio, che esistono in tutti i Paesi europei e costituiti dagli USA dopo la vittoria nella Seconda Guerra mondiale. La strategia è sempre la stessa: tenere la popolazione sotto terrore per paralizzarne la vita democratica e passivamente delegare tutto ad uno stato di polizia che si sta instaurando giorno dopo giorno: i politici, buffoni di professione sono addestrati a fare i kapò della finanza.
Il Lunedì 5 Giugno 2017 17:01, Elio Pagani <disarmo at peacelink.it> ha scritto:
---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: "Elio Pagani" <eliopaxnowar at gmail.com>
Data: 5 giu 2017 07:27
Oggetto: Falle degli 007, l’Mi5 apre un’inchiesta interna
A: "Elio Pagani" <eliopaxnowar at gmail.com>
Cc:
Da: "Elio Pagani" <eliopaxnowar at gmail.com>
Data: 5 giu 2017 07:27
Oggetto: Falle degli 007, l’Mi5 apre un’inchiesta interna
A: "Elio Pagani" <eliopaxnowar at gmail.com>
Cc:
Falle degli 007, l’Mi5 apre un’inchiesta interna
Dopo l'attentato di Manchester. Servizi britannici sotto accusa. Secondo il «Mail on Sunday», l’Fbi avrebbe ripetutamente avvertito già tre mesi fa che Abedi faceva parte di una cellula nordafricana dell’Isis con base nel nord-est dell’Inghilterra e aveva intenzione di colpire
«Questa è un’indagine che cercherà di accertare se ci siano lezioni da imparare su come i servizi di sicurezza hanno gestito l’intelligence su Abedi». Così un funzionario dell’Mi5 ha commentato al Mail on Sunday l’annuncio che il servizio di sicurezza britannico ha aperto una duplice inchiesta interna. Lo scopo è individuare i possibili errori commessi nel valutare il caso di Salman Abedi, il ventiduenne di origine libica autore dell’attacco suicida all’Arena di Manchester, già noto ai servizi britannici come «soggetto di interesse» in una lista di possibili terroristi. Quella delle lessons to be learned è la formula spesso usata dei media britannici ogni volta che riportano qualche malfunzionamento nelle macchine dello stato.
L’investigazione prosegue febbrile, ha fatto molti passi avanti, sono stati effettuati finora 14 arresti, ovviamente è ancora in pieno corso.
Ma è anche il momento della verifica di cosa non abbia funzionato nel monitorare l’attentatore, che era tornato indisturbato dalla Libia giorni prima di compiere la strage.
La fase preliminare dell’indagine era stata avviata già la settimana scorsa, con il vaglio delle informazioni di Abedi di cui si era già in possesso per la cattura dei complici, mentre da ieri si guarderà ai possibili errori compiuti nel valutare il suo caso particolare. Abedi era un nome tra gli altri ventimila che hanno fatto parte nel presente e nel passato della lista di possibili terroristi compilata dall’MI5. Da giorni si sapeva che fosse già noto ai servizi, provocando dubbi sull’efficienza del loro operato. Era stato fatto oggetto di ripetute segnalazioni anche nella moschea nella quale si recava a pregare. Sempre secondo il Mail on Sunday, l’Fbi avrebbe ripetutamente avvertito già tre mesi fa la controparte britannica che Abedi faceva parte di una cellula nordafricana dell’Isis con base nel nord-est dell’Inghilterra e aveva intenzione di colpire. Il suo nome figurava in una lista di possibili terroristi compilata l’anno scorso dagli agenti federali durante una ricerca su gruppi attivi in Libia, dove con il padre e il fratello, già arrestati dai servizi libici, l’allora sedicenne Abedi aveva combattuto per abbattere Gheddafi. Ma non era mai passato in quella di tremila nomi al momento attivamente monitorati dai servizi.
La sicurezza è comprensibilmente tornata a pesare molto nei programmi politici a poco più di una settimana dall’appuntamento con le urne, e l’Mi5 si trova ancora una volta sotto pressione. Non è infatti la prima volta che terroristi già sul suo radar riescano a colpire, era successo nel 2005 con gli attentati del 7 luglio, e nel 2013 con l’omicidio del soldato Lee Rigby: anche allora i nomi dei killer erano noti. Ma è anche vero che il Paese soffre un incremento del rischio terroristico mai così alto da marzo a questa parte. I servizi sono alle prese con cinquecento investigazioni già aperte. Insomma, sono allo stremo delle risorse davanti a un problema crescente. Per questo riceveranno più soldi.
È ancora presto per capire se l’eccidio di Manchester si confermerà dirimente per le urne, così non fu per il voto sulla Brexit dopo l’omicidio della deputata labour Jo Cox da parte di un fanatico neonazi un anno fa, nonostante lo choc nazionale. Ma è certo che il discorso di Corbyn di venerdì contro la War on terror e l’interventismo succube al fianco degli Usa che ha segnato la politica estera di quasi tutti i premier inglesi dal 1945 ad oggi, ha captato l’attenzione e l’umore dell’opinione pubblica. I tories ribattono nervosamente accusandolo di odiare il suo Paese e di essere un simpatizzante dell’Ira, mentre il loro smisurato vantaggio nei sondaggi è andato assottigliandosi (la media dà i tories al 45% e il Labour al 35%), rendendo la campagna elettorale, dall’autostrada verso il trionfo Tory che sembrava all’inizio, un confronto fra rivali credibili. Intanto i genitori di una delle vittime, la quindicenne Georgina Callander, hanno invitato in un comunicato il governo ad «aprire gli occhi», altrimenti «saremo soltanto un’altra famiglia in una lista che continua a crescere».
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