[Disarmo] Sul mito della Liberazione Americana dell'Europa




In tempi di ricorrenze degli avvenimenti della fine della II Guerra mondiale, a fare

un po' di 'giustizia storica' ecco qua un articolo di Annie Lacroix-Riz del 2014 su

*Il trionfo del mito della liberazione americana dell'Europa*

*Lo sbarco del 6 giugno 1944 dal mito odierno alla realtà storica*

già pubblicato all'epoca dal Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

L'articolo è recuperabile nell'originale in francese e tradotto in serbocroato

sul sito del Coordinamento Nazionale Jugoslavia http://www.cnj.it


Inoltre, in tema di basi fondative dell'Unione Europea:

Jaces-Marie Bourget: 'I mediocri fondatori dell'Unione Europea':

http://www.resistenze.org/sito/os/ep/osepee25-014548.htm oppure
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7996
(sul sito del Coordinamento Nazionale Jugoslavia http://www.cnj.it la versione in serbocroato *Mediokriteti kao osnivači Evropske Unije*)

en francais:
http://www.afrique-asie.fr/menu/actualite/7647-les-pietres-fondateurs-de-l-europe-ces-heros-que-nous-celebrons-scrutin-europeen-oblige.html
Les piètres fondateurs de l’Europe, ces héros que nous célébrons,
scrutin européen oblige )


Jure Ellero

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http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/custef04-014594.htm
www.resistenze.org <http://www.resistenze.org/> - cultura e memoria
/resistenti/ - storia - 04-06-14 - n. 501

*Lo sbarco del 6 giugno 1944 dal mito odierno alla realtà storica*

Annie Lacroix-Riz * | lafauteadiderot.net
<http://www.lafauteadiderot.net/Le-debarquement-du-6-juin-1944-du>
Traduzione per Resistenze.org <http://www.resistenze.org/> a cura del
Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Giugno 2014

*Il trionfo del mito della liberazione americana dell'Europa*

Nel giugno 2004, all'epoca del 60° anniversario (e primo decennale
celebrato nel XXI secolo) dello sbarco alleato in Normandia, alla
domanda "Quale è, secondo voi, la nazione che più ha contribuito alla
disfatta della Germania", l'Ifop [Institut français d'opinion publique,
agenzia francese di indagini statistiche e di mercato, ndt] diffuse una
risposta rigorosamente inversa da quella raccolta nel maggio 1945: cioè
rispettivamente 58 e 20% per gli Stati uniti e 20 e 57% per l'Urss [1].
Tra la primavera e l'estate 2004 c'èra stato un martellamento sul fatto
che i soldati americani avevano, dal 6 giugno 1944 al 8 maggio 1945,
attraversato l'Europa "occidentale" per restituirle l'indipendenza e la
libertà rubata dall'occupante tedesco e minacciata dall'avanzata
dell'Armata rossa verso ovest. Sul ruolo dell'Urss, vittima di questa
"tanto spettacolare [inversione di percentuali] nel tempo" [2], non ci
furono domande. Il 2014 (e il 70°) promette anche di peggio nella
rispettiva presentazione degli "Alleati" della Seconda guerra mondiale,
con sullo sfondo le invettive contro l'annessionismo russo in Ucraina e
altrove [3].

La leggenda è cresciuta con l'espansione americana sul continente
europeo, pianificata da Washington sin dal 1942 e portata a compimento
con l'aiuto del Vaticano, tutore delle zone cattoliche e amministratore,
prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale, della "sfera di
influenza occidentale" [4]. Condotta in compagnia e in concorrenza con
la Rft (poi con la Germania riunificata), questa spinta verso est ha
preso un ritmo sfrenato dalla caduta del Muro di Berlino (1989): ha
polverizzato gli "obiettivi di guerra" che Mosca aveva rivendicato nel
luglio 1941 e raggiunto nel 1944 (recupero del territorio al 1939-1940)
e nel 1945 (acquisizione di una sfera di influenza che riprendesse il
vecchio "cordone sanitario" dell'Europa centrale e orientale, vecchia
via germanica di invasione della Russia) [5]. Il progetto americano
avanzava così rapidamente che Armand Bérard, diplomatico a Vichy e, dopo
la Liberazione, consigliere d'ambasciata a Washington (dicembre 1944) e
Bonn (agosto 1949), nel febbraio 1952 predisse che: "i collaboratori del
Cancelliere [Adenauer] considerano in generale che il giorno in cui
l'America sarà in grado di mettere in fila una forza superiore, l'Urss
si presterà ad abbandonare i territori dell'Europa centrale e orientale
che attualmente domina" [6]. Le premonizioni, allora sconcertanti, della
"Cassandra" Bérard, sono nel maggio-giugno 2014 superate: l'antica Urss,
ridotta alla Russia dal 1991, è minacciata alla sua porta ucraina.

L'egemonia ideologica "occidentale" che accompagna questo /Drang nach
Osten /[Spinta verso Est] è stata assecondata dal tempo trascorso dalla
Seconda guerra mondiale. Prima della Débâcle, "l'opinione francese" si
era fatta "ingannare dalle campagne ideologiche" che avevano trasformato
l'Urss in lupo e il Reich in agnello. La grande stampa, proprietà del
capitale finanziario, l'aveva persuasa che l'abbandono dell'alleato
cecoslovacco avrebbe preservato una pace duratura. "Una tale annessione
sarà e può essere solamente il preludio di una guerra che diventerà
inevitabile e, terminati gli orrori di questa, la Francia correrà il
rischio più grande di conoscere la disfatta, lo smembramento e la
vassalizzazione di ciò che rimarrà del territorio nazionale come stato
in apparenza indipendente", aveva avvertito, due settimane prima di
Monaco, un'altra Cassandra dell'alto Stato maggiore dell'esercito [7].
Ingannata e tradita dalle sue élite, "la Francia conobbe il destino
annunciato ma i suoi operai e impiegati, subendo il 50% del taglio dei
salari reali e perdendo 10-12 kg di peso tra il 1940 e il 1944, si
lasciarono meno "ingannare dalle campagne ideologiche".

Percepirono la realtà militare certo più tardi rispetto "gli ambienti
bene informati ", ma, in numero crescente col passare dei mesi,
seguirono sugli atlanti o le carte della stampa collaborazionista
l'evoluzione del "fronte est". Compresero che l'Urss, che richiedeva
invano dal luglio 1941 l'apertura di un secondo fronte ad ovest che
alleggerisse il suo martirio, portava da sola il peso della guerra.
L'"entusiasmo" che suscitò in loro la notizia dello sbarco
anglo-americano in nord Africa (8 novembre 1942), si era "spento" nella
primavera successiva: "Oggi tutte le speranze sono rivolte alla Russia,
i cui successi riempiono di gioia la popolazione tutta intera […] Ogni
propaganda del partito comunista è diventata inutile […] il troppo
facile confronto tra l'inspiegabile inattività degli uni e l'eroica
azione degli altri preparano giorni difficili a coloro che si inquietano
per il pericolo bolscevico", affermava un rapporto dell'aprile 1943
destinato al gaullista Bcra [Bureau Central de Renseignements et
d'Action, il servizio informazioni francese, ndt] [8].

Se abbindolare le generazioni che avevano conservato il ricordo del
conflitto era una questione complessa, l'esercizio è oggi divenuto
agevole. Alla progressiva scomparsa dei suoi testimoni e attori, si è
aggiunto il cedimento del movimento operaio radicale. Il Pcf, "partito
dei fucilati", ha informato largamente e per molto tempo, ben al di là
dei suoi ranghi, sulle /realtà /di questa guerra. Argomento che tratta
meno volentieri in casa propria, sulla sua stampa, essa stessa in via di
sparizione, battendo addirittura sulle colpe di un passato "stalinista"
contemporaneo alla sua Resistenza. L'ideologia dominante, sbarazzatasi
di un serio ostacolo, ha conquistato l'egemonia su questo come sugli
altri campi. I circoli accademici non si oppongono più (addirittura
associandosi) all'intossicazione scatenata sulla stampa scritta e
audiovisiva o al cinema [9]. Pertanto, i preparativi e gli obiettivi del
6 giugno 1944 non sono chiariti dal film "Salvate il soldato Ryan" né
dal lungo documentario "Apocalypse".

*La Pax Americana vista da Armand Bérard nel luglio 1941*

E' ben prima del "tornante" di Stalingrado (gennaio-febbraio 1943) che
le élite francesi compresero le conseguenze americane della situazione
/militare /nata dalla "resistenza […] feroce del soldato russo". Lo
testimonia il rapporto datato /metà luglio/ 1941 che il generale Paul
Doyen, presidente della delegazione francese alla Commissione tedesca di
armistizio di Wiesbaden, fece redigere dal suo collaboratore diplomatico
Armand Bérard [10]:

1. Il /Blitzkrieg/ era morto. "L'andamento dalle operazioni"
contraddiceva le previsioni dei "dirigenti [del] III Reich [che…] non
avevano previsto una resistenza tanto feroce del soldato russo, un
fanatismo tanto appassionato della popolazione, una guerriglia tanto
estenuante nelle retrovie, delle perdite tanto serie, un così tanto
spazio davanti all'invasore, delle difficoltà tanto considerevoli di
rifornimento e di comunicazioni. Le gigantesche battaglie di carri
armati e aerei, la necessità, in assenza di vagoni a scartamento adatto,
di assicurare i trasporti lungo strade dissestate per parecchie
centinaia di chilometri comportano, per l'esercito tedesco, un consumo
di materiale e di benzina che rischiano di diminuire pericolosamente le
scorte insostituibili di carburanti e di gomma. Sappiamo che lo Stato
maggiore tedesco ha predisposto riserve di benzina per tre mesi. Occorre
che una campagna di tre mesi gli permetta di sottomettere il comunismo
sovietico, di ristabilire l'ordine in Russia sotto un regime nuovo, di
porre sotto sfruttamento tutte le ricchezze naturali del paese, in
particolare i giacimenti del Caucaso. Tuttavia, senza preoccuparsi di
ciò che mangerà domani, il russo incendia con il lancia-fiamme i suoi
raccolti, fa saltare in aria i suoi villaggi, distrugge il suo materiale
rotabile, sabota le sue aziende".

2. Il rischio di una disfatta tedesca (lungamente descritto da Bérard),
costringeva i padroni della Francia a schierare un altro protettore
all'imperialismo "continentale" scelto dopo la "Riconciliazione" degli
anni 1920. Una tale svolta si rivelerà impossibile "nei mesi a venire",
con il passaggio ineluttabile dall'egemonia tedesca a quella americana.
Perché "gli Stati uniti, gia usciti soli vincitori dalla guerra del
1918, otterranno ancor di più dal conflitto attuale. Il loro potere
economico, la loro alta civiltà, il numero della loro popolazione, la
loro influenza crescente su tutti i continenti, l'indebolimento degli
stati europei che potevano rivaleggiare con loro fa sì che, qualunque
cosa accada, il mondo dovrà, nei prossimi decenni, sottoporsi alla
volontà degli Stati uniti" [11]. Bérard scorgeva dunque fin dal luglio
1941 il futuro vincitore militare sovietico - che il Vaticano identificò
chiaramente poco dopo [12] -, comprendeva che andava esaurendosi la
guerra di attrito tedesca, del "solo vincitore ", per "potenza
economica", che avrebbe praticato, in questa guerra come nella
precedente, la "strategia periferica".

*"Strategia periferica" e /Pax americana /contro l'Urss*

Gli Stati uniti, non avendo mai subito l'occupazione straniera, né
alcuna distruzione dopo la sottomissione del Sud agricolo (schiavistico)
al Nord industriale, avevano relegato il loro esercito permanente a
missioni tanto spietate quanto agevoli, prima di (ed eventualmente da)
l'era imperialistica: liquidazione delle popolazioni indigene,
sottomissione dei vicini deboli (il"cortile" latino-americano) e
repressione interna. Per l'espansione imperiale, la consegna del cantore
dell'imperialismo Alfred Mahan - sviluppare illimitatamente la Marina -,
si era arricchita sotto i suoi successori delle stesse prescrizioni per
l'aviazione [13]. Ma la modestia delle loro forze armate /terrestri /ne
decretava l'inadeguatezza in un conflitto europeo. Una volta acquisita
la vittoria per interposto paese, fornitore della "carne da cannone"
(/canon fodder/), le forze americane si sarebbero dispiegate più tardi,
come a partire dalla primavera 1918, sul territorio da controllare:
sarebbero dunque partite dalle basi aeronavali straniere, quelle in
Africa settentrionale che si aggiungevano dal novembre 1942 a quelle
britanniche [14].

La Triplice intesa (Francia, Inghilterra, Russia) nel 1914 aveva
condiviso l'impegno militare, spostatosi alla fine, visto il ritiro
russo, soprattutto sulla Francia. E questa volta se lo sarebbe assunto
l'Urss da sola, questa volta in una guerra americana che, secondo lo
studio segreto del dicembre 1942 del Comitato dei capi di Stato maggiore
congiunti (Joint Chiefs of Staff, /JCS)/ si dava per regola di "ignorare
le considerazioni di sovranità nazionale" dei paesi stranieri. Nel
1942-1943, il JCS: 1) sul conflitto in corso (e il precedente) giunse
alla conclusione che la prossima guerra avrebbe avuto come spina dorsale
i bombardieri strategici americani e che, semplice "strumento della
politica americana, un esercito internazionale" incaricato di compiti
subalterni (terrestri) avrebbe "internazionalizzato e legittimato la
potenza americana"; e 2) innalzò l'interminabile e universale elenco
delle basi nel dopoguerra, colonie degli "alleati" comprese (JCS 570).
Niente avrebbe reso possibile il "tollerare delle restrizioni alla
nostra capacità di far sostare e operare l'aereo militare nei e sopra
certi territori sotto sovranità straniera", sentenziava il generale
Henry Arnold, capo di Stato maggiore dell'Aviazione, nel novembre 1943 [15].

La "Guerra fredda" che trasforma l'Urss in "orco sovietico" [16] avrebbe
disgiunto le confessioni sulla tattica che subordina l'utilizzo della
"carne da cannone" degli alleati (momentanei), dagli obiettivi dei
"bombardamenti strategici americani". Nel maggio 1949, firmato il Patto
atlantico (4 aprile), Clarence Cannon, presidente della commissione
delle Finanze della Camera dei rappresentanti (H/ouse Committee on
Appropriations/), glorificò i molto costosi "bombardieri terrestri
pesanti capaci di trasportare la bomba atomica, che in tre settimane
avrebbero polverizzato tutti i centri militari sovietici" e si rallegrò
del "contributo che possono portare i nostri alleati […] inviando i
giovani necessari ad occupare il territorio nemico dopo che l'avremo
demoralizzato e annientato con i nostri attacchi aerei. […] Abbiamo
seguito un piano simile durante l'ultima guerra" [17].

Gli storici americani Michael Sherry e Martin Sherwin lo hanno mostrato:
era l'Urss, strumento /militare /della vittoria, il bersaglio simultaneo
delle future guerre di conquista - e non il Reich, ufficialmente
designato come nemico "delle Nazioni unite" [18]. Si comprende il perché
leggendo William Appleman Williams, uno dei fondatori della "scuola
revisionista" (progressista) americana. La sua tesi sulle "relazioni
americano-russe dal 1781 al 1947" (1952) ha dimostrato che
l'imperialismo americano non sopportava alcuna limitazione della sua
sfera di influenza/mondiale/, che la "Guerra fredda", nata nel 1917 e
non nel 1945-1947, aveva fondamenti non ideologici ma economici, e che
la russofobia americana datava dall'epoca imperialista [19]. "L'intesa
[russo-americana] vile e informale […] si era infranta sui diritti di
passaggio delle ferrovie [russe] della Manciuria meridionale e dell'est
cinese tra il 1895 e 1912". I sovietici ebbero in più l'audacia di
sfruttare da sé la loro caverna di Ali Baba, sottraendo ai capitali
americani il loro immenso territorio (22 milioni di kmq). Ecco ciò che
generò "la continuità, da Theodore Roosevelt e John Hay a Franklin
Roosevelt passando per Wilson, Hugues e Hoover, della politica americana
in Estremo oriente" [20] - ma anche in Africa e in Europa, altri campi
privilegiati "di una divisione e /ripartizione /del mondo" [21]
americana rinnovata senza sosta dal 1880-1890.

Washington pretendeva di operare questa "divisione-ripartizione" a suo
esclusivo beneficio, ragione fondamentale per la quale Roosevelt mise il
veto a ogni discussione in tempo di guerra con Stalin e Churchill sulla
ripartizione delle "zone di influenza". La cessazione delle ostilità gli
avrebbe assicurato la vittoria militare a costi zero, visto lo stato
pietoso del suo grande rivale russo, devastato dall'assalto tedesco
[22]. Nel febbraio-marzo 1944, il miliardario Harriman, ambasciatore a
Mosca dal 1943, faceva riferimento a due rapporti dei servizi "russi"
del Dipartimento di stato ("Alcuni aspetti della politica sovietica
attuale " e "La Russia e l'Europa orientale") per ritenere che l'Urss,
"impoverita dalla guerra e a caccia della nostra assistenza economica
[…] una delle nostre principali leve per orientare un'azione politica
compatibile ai nostri principi", non avrebbe avuto neanche la forza di
sconfinare nell'Europa dell'est, di lì a poco americana. Si sarebbe
accontentata per il dopoguerra di una promessa americana di aiuti, cosa
che avrebbe permesso "di evitarci la creazione di una sfera di influenza
dell'Unione sovietica sull'Europa orientale e i Balcani" [23].
Previsione da cui traspare un ottimismo eccessivo, visto che l'Urss non
ha mai rinunciato ad assicurarsene una.

*La Pax Americana nella parte francese della zona di influenza*

*I piani di pace sinarchici*

Questa "leva" finanziaria era, tanto all'ovest che ad est, "una delle
armi più efficaci a nostra disposizione per influire sugli avvenimenti
politici europei nella direzione da noi desiderata" [24].

In vista di questa /Pax americana/, l'alta finanza sinarchica, cuore
dell'imperialismo francese particolarmente rappresentato oltremare -
Lemaigre-Dubreuil, capo degli olii Lesieur (e di società petrolifere),
il presidente della banca di Indocina Paul Baudouin, ultimo ministro
degli Affari esteri di Reynaud e primo di Pétain, ecc. -, negoziò, più
attivamente dal secondo semestre 1941, col finanziere Robert Murphy,
delegato speciale di Roosevelt in nord Africa. Futuro primo consigliere
del governatore militare della zona di occupazione americana in Germania
e uno dei capi dei servizi informazione, dall'Office of Strategic
Services (OSS) di guerra alla Central Intelligence Agency del 1947,
Murphy si era installato ad Algeri nel dicembre 1940. Questo cattolico
integralista preparava lo sbarco degli Stati uniti in Africa
settentrionale, trampolino verso l'occupazione dell'Europa, che sarebbe
cominciata dal territorio francese quando l'Urss si apprestava a
superare le sue frontiere del 1940-1941 per liberare i paesi occupati
[25]. Queste trattative segrete furono tenute in zona non occupata,
nell'"impero", tramite i "neutrali" filo-hitleriani Salazar e Franco,
sensibili alle sirene americane, agli svizzeri e agli svedesi, e tramite
il Vaticano, tanto preoccupato del 1917-1918 da assicurare una pace
dolce al Reich vinto. Prolungati fino alla fine della guerra, inclusero
sin dal 1942 dei piani di "ribaltamento dei fronti ", contro l'Urss, che
trapelarono prima della capitolazione tedesca [26] ma non ebbero pieno
effetto che dopo l'8-9 maggio 1945.

Trattando di affari economici immediati (in Africa settentrionale) e
futuri (metropolitani e coloniali per il dopo-Liberazione), coi grandi
sinarchici, Washington contava anche su di questi per escludere De
Gaulle, ugualmente odiato delle due parti. In nessun caso perché fosse
una sorta di dittatore militare insopportabile, conformemente a una
duratura leggenda, al grande democratico Roosevelt. De Gaulle era
sgradito solamente perché, per reazionario che fosse o fu, traeva la sua
popolarità e la sua forza dalla Resistenza interna (soprattutto
comunista): è a questo titolo che avrebbe intralciato il dominio totale
degli Stati uniti, mentre una "Vichy senza Vichy" avrebbe offerto dei
partner vilipesi dal popolo, dunque docili "/perinde ac cadaver//"/[come
cadaveri] alle disposizioni americane. Questa formula americana, alla
fine destinata all'insuccesso visto il rapporto di forze generali e
francesi, ebbe dunque per eroi successivi, dal 1941 al 1943, i
/cagoulards/ [terroristi di fede fascista, ndt] vichysti Weygand, Darlan
poi Giraud, campioni riconosciuti della dittatura militare [27], così
rappresentativi dei gusti di Washington per gli stranieri conquistati
alla libertà dei suoi capitali e all'installazione delle sue basi
aeronavali [28].

Spaventati dall'esito della battaglia di Stalingrado, gli stessi
finanzieri francesi inviarono /subito/ a Roma il loro devoto Emmanuel
Suhard, strumento dal 1926 dei loro piani di liquidazione della
Repubblica. Il cardinale-arcivescovo (di Reims) fu il Cagoule che
nell'aprile 1940 aveva opportunamente liquidato il suo predecessore
Verdier, chiamato a Parigi in maggio appena dopo l'invasione tedesca
(del 10 maggio): i suoi mandanti e Paul Reynaud, complice dell'
imminente putsch Pétain-Laval, lo spedirono a Madrid il 15 maggio, via
Franco, a imbastire le trattative di "Pace" (capitolazione) col Reich
[29]. Suhard fu dunque di nuovo incaricato di preparare, in vista della
/Pax americana/, le trattative col nuovo tutore: doveva chiedere a Pio
XII di porre "a Washington", via Myron Taylor, ex presidente dell'/US
Steel/ e dall'estate 1939 rappresentante personale di Roosevelt "vicino
al papa", la seguente domanda: "Se le truppe americane saranno costrette
a penetrare in Francia, il governo di Washington si impegna a che
l'occupazione americana sia totale quanto l'occupazione tedesca?",
all'esclusione di ogni altra "occupazione straniera (sovietica).
Washington rispose che gli Stati uniti si sarebbero disinteressati della
futura forma del governo della Francia e che si impegnavano a non
lasciare che il comunismo si insediasse nel paese" [30]. La borghesia,
notava un informatore del Bcra a fine luglio 1943, "non credendo più
alla vittoria tedesca, conta […] sull'America per evitare il
bolscevismo. Aspetta lo sbarco anglo-americano con impazienza, ogni
ritardo gli appare come una sorta di tradimento". Questo ritornello fu
cantato fino alla messa in opera dell'operazione "Overlord" [31].

*… contro le speranze popolari*

Al "borghese francese [che aveva] sempre considerato il soldato
americano o britannico come naturalmente al suo servizio nel caso di una
vittoria bolscevica", le RG [Renseignements généraux, servizio
informazioni della Polizia nazionale, ndt] opponevano dal febbraio 1943
"il proletariato", che esultava: "i timori di vedere la /sua/ vittoria
sottratta dall'alta finanza internazionale si smorzano con la caduta di
Stalingrado e l'avanzata generale dei sovietici" [32]. Da questo lato,
al rancore contro l'inoperosità /militare /degli anglosassoni contro
l'Asse si aggiunse la collera provocata dalla loro guerra aerea contro i
civili, quelli delle "Nazioni unite" compresi. I "bombardamenti
strategici americani", ininterrotti dal 1942, colpivano le popolazioni
ma risparmiavano i /Konzerne /[complessi industriali] partner, IG Farben
in testa come riportava a novembre "un industriale svedese molto
importante e in strette relazioni con [il gigante chimico], di ritorno
da un viaggio d'affari in Germania": a Francoforte, "le fabbriche non
hanno sofferto", a Ludwigshafen "i danni sono insignificanti ", a
Leverkusen "le fabbriche dell'IG Farben […] non sono state bombardate" [33].

Niente cambiò fino al 1944, quando un lungo rapporto di marzo sui
"bombardamenti dell'aviazione anglo-americana e le reazioni della
popolazione francese" denunciò gli effetti di questi "raid omicidi ed
inefficaci": dal 1943 l'indignazione gonfiava tanto che scuoteva la base
del controllo americano imminente del territorio. Dal settembre 1943 si
erano intensificati gli attacchi contro la periferia di Parigi, dove le
bombe erano "gettate a caso, senza scopo preciso e senza la minima
preoccupazione di risparmiare delle vite umane". Quindi era toccato a
Nantes, Strasburgo, La Bocca, Annecy, poi Tolone, che aveva "portato al
colmo la collera degli operai contro gli anglosassoni": sempre le stesse
morti operaie e poco o niente gli obiettivi industriali colpiti. Le
operazioni preservavano sempre l'economia di guerra tedesca, come se gli
anglosassoni "temessero di vedere finire troppo rapidamente la guerra".
Così troneggiavano intatti gli altiforni la cui distruzione avrebbe
paralizzato immediatamente le industrie della trasformazione, smettendo
di funzionare per mancanza di materie prime". Si diffondeva "un'opinione
molto pericolosa […] in certe parti della popolazione operaia che è
stata colpita duramente dai raid. Ed è che i capitalisti anglosassoni
non sono dispiaciuti di eliminare dei concorrenti commerciali e, allo
stesso tempo, di decimare la classe operaia, di sprofondarla in uno
stato di sconforto e di miseria che dopo la guerra gli renderà più
difficile portare le sue rivendicazioni sociali. Sarebbe vano nascondere
che l'opinione francese si è, da qualche tempo, raffreddata
considerevolmente al riguardo degli anglo-americani" che indietreggiano
sempre davanti "allo sbarco promesso […]. La Francia soffre
indicibilmente […] Le forze vive del paese si esauriscono a una cadenza
che si accelera di giorno in giorno, e la fiducia negli alleati prende
una curva discendente. […] Istruiti dalla crudele realtà dei fatti, la
maggior parte degli operai ripone oramai tutte le sue speranze nella
Russia, il cui esercito è, a loro avviso, l'unico che possa superare in
un futuro prossimo la resistenza dei tedeschi" [34].

È dunque in un'atmosfera di rancore contro questi "alleati" tanto
benevoli con il Reich, prima e dopo il 1918, che ebbe luogo il loro
sbarco del 6 giugno 1944. Collera e sovietofilia popolari si mantennero,
dando al PCF un'eco che inquietava l'incombente stato gollista: "lo
sbarco ha tolto alla sua propaganda una parte della forza di
penetrazione", ma "il tempo abbastanza lungo impiegato dagli eserciti
anglo-americani a sbarcare sul suolo francese è stato sfruttato per
dimostrare che solo l'esercito russo era in grado di lottare
efficacemente contro i nazisti. Le morti provocate dai bombardamenti e i
dolori che suscitano servono anche da elementi favorevoli a una
propaganda che pretende che i russi si battano secondo i metodi
tradizionali e non se la prendano con la popolazione civile" [35].

Il deficit di simpatia registrata nella parte iniziale della sfera di
influenza americana si mantenne tra la Liberazione di Parigi e la fine
della guerra in Europa, come attestano i sondaggi dell'Ifop del
dopo-Liberazione parigina ("dal 28 agosto al 2 settembre 1944") e dal
maggio 1945 nazionale [36]. Fu un dopoguerra, lo si è detto, all'inizio
progressivamente, poi brutalmente oppressivo. E' quindi di grande
significato ricordare:

che dopo la battaglia delle Ardenne (dicembre 1944-gennaio 1945), la
sola importante lanciata dagli anglosassoni contro le truppe tedesche
(9.000 morti americani) [37], l'alto-comando della Wehrmacht trattò
febbrilmente la resa "agli eserciti anglo-americani e il trasporto delle
forze ad est";

che, a fine marzo 1945, "26 divisioni tedesche rimanevano sul fronte
occidentale", al solo scopo di evacuare "verso ovest" dai porti del
nord, "contro 170 divisioni sul fronte est" che combatterono
accanitamente fino al 9 maggio (data della liberazione di Praga) [38];

che il liberatore americano che grazie alla guerra aveva raddoppiato il
suo reddito nazionale, aveva perso sui fronti del Pacifico e dell'Europa
290.000 soldati dal dicembre 1941 all'agosto 1945 [39]: cioè gli
effettivi sovietici morti nelle ultime settimane della caduta di
Berlino, e 1% del totale delle morti sovietiche della "Grande guerra
patriottica", intorno a 30 milioni su 50.

Dal 6 giugno 1944 al 9 maggio 1945, Washington finì di mettere a posto
tutto o quasi per ristabilire il cordone sanitario che i rivali
imperialisti inglesi e francesi avevano costruito nel 1919 e per
trasformare in bestia nera il paese più caro ai popoli d'Europa (quello
francese incluso). La leggenda della "Guerra fredda" meriterebbe le
stesse correzioni di quella dell'esclusiva liberazione americana
dell'Europa [40].

*Note*

[1] Frédéric Dabi, «1938-1944 : Des accords de Munich à la libération de
Paris ou l'aube des sondages d'opinion en France», février 2012,
http://www.revuepolitique.fr/1938-1944-laube-des-sondages-dopinion-en-france/,

chiffres extraits du tableau, p. 5. Total inférieur à 100 : 3 autres
données : Angleterre; 3 pays; sans avis.

[2] Ibid., p. 4.

[3] Campagne si délirante qu'un journal électronique lié aux États-Unis
a le 2 mai 2014 a prôné quelque pudeur sur l'équation CIA-démocratie
http://www.huffingtonpost.fr/charles-grandjean/liberte-democratie-armes-desinformation-massive-ukraine_b_5252155.html

[4] Annie Lacroix-Riz, Le Vatican, l'Europe et le Reich 1914-1944,
Paris, Armand Colin, 2010 (2e édition), passim.

[5] Lynn E. Davis, The Cold War begins […] 1941-1945, Princeton,
Princeton UP, 1974; Lloyd Gardner, Spheres of influence […], 1938-1945,
Chicago, Ivan R. Dee, 1993; Geoffrey Roberts, Stalin's Wars: From World
War to Cold War, 1939-1953. New Haven & London: Yale University Press,
2006, traduction chez Delga, septembre 2014.

[6] Tél. 1450-1467 de Bérard, Bonn, 18 février 1952, Europe généralités
1949-1955, 22, CED, archives du ministère des Affaires étrangères (MAE).

[7] Note État-major, anonyme, 15 septembre 1938 (modèle et papier des
notes Gamelin), N 579, Service historique de l'armée de terre (SHAT).

[8] Moral de la région parisienne, note reçue le 22 avril 1943, F1a,
3743, Archives nationales (AN).

[9] Lacroix-Riz, L'histoire contemporaine toujours sous influence,
Paris, Delga-Le temps des cerises, 2012.

[10] Revendication de paternité, t. 1 de ses mémoires, Un ambassadeur se
souvient. Au temps du danger allemand, Paris, Plon, 1976, p. 458,
vraisemblable, vu sa correspondance du MAE.

[11] Rapport 556/EM/S au général Koeltz, Wiesbaden, 16 juillet 1941, W3,
210 (Laval), AN.

[12] Les difficultés «des Allemands» nous menacent, se lamenta fin août
Tardini, troisième personnage de la secrétairerie d'État du Vatican,
d'une issue «telle que Staline serait appelé à organiser la paix de
concert avec Churchill et Roosevelt», entretien avec Léon Bérard, lettre
Bérard, Rome-Saint-Siège, 4 septembre 1941, Vichy-Europe, 551, archives
du ministère des Affaires étrangères (MAE).

[13] Michael Sherry, Preparation for the next war, American Plans for
postwar defense, 1941-1945, New Haven, Yale University Press, 1977,
chap. 1, dont p. 39.

[14] Exemples français et scandinave (naguère fief britannique),
Lacroix-Riz, «Le Maghreb: allusions et silences de la chronologie
Chauvel», La Revue d'Histoire Maghrébine, Tunis, février 2007, p. 39-48;
Les Protectorats d'Afrique du Nord entre la France et Washington du
débarquement à l'indépendance 1942-1956, Paris, L'Harmattan, 1988, chap.
1; «L'entrée de la Scandinavie dans le Pacte atlantique (1943-1949): une
indispensable "révision déchirante"», guerres mondiales et conflits
contemporains (gmcc), 5 articles, 1988-1994, liste,
http://www.historiographie.info/cv.html.

[15] Sherry, Preparation, p. 39-47 (citations éparses).

[16] Sarcasme de l'ambassadeur américain H. Freeman Matthews, ancien
directeur du bureau des Affaires européennes, dépêche de Dampierre n°
1068, Stockholm, 23 novembre 1948, Europe Généralités 1944-1949, 43, MAE.

[17] Tél. Bonnet n° 944-1947, Washington, 10 mai 1949, Europe
généralités 1944-1949, 27, MAE, voir Lacroix-Riz, «L'entrée de la
Scandinavie», gmcc, n° 173, 1994, p. 150-151 (150-168).

[18] Martin Sherwin, A world destroyed. The atomic bomb and the Grand
Alliance, Alfred a Knopf, New York, 1975; Sherry Michael, Preparation;
The rise of American Air Power: the creation of Armageddon, New Haven,
Yale University Press, 1987; In the shadow of war : the US since the
1930's, New Haven, Yale University Press, 1995.

[19] Williams, Ph.D., American Russian Relations, 1781-1947, New York,
Rinehart & Co., 1952, et The Tragedy of American Diplomacy, Dell
Publishing C°, New York, 1972 (2e éd).

[20] Richard W. Van Alstyne, recension d'American Russian Relations, The
Journal of Asian Studies, vol. 12, n° 3, 1953, p. 311.

[21] Lénine, L'impérialisme, stade suprême du capitalisme, Essai de
vulgarisation, Paris, Le Temps des cerises, 2001 (1e édition, 1917), p.
172. Souligné dans le texte.

[22] Élément clé de l'analyse révisionniste, dont Gardner, Spheres of
influence, essentiel.

[23] Tél. 861.01/2320 de Harriman, Moscou, 13 mars 1944, Foreign
Relations of the United States 1944, IV, Europe, p 951 (en ligne).

[24] Ibid.

[25] Lacroix-Riz, «Politique et intérêts ultra-marins de la synarchie
entre Blitzkrieg et Pax Americana, 1939-1944», in Hubert Bonin et al.,
Les entreprises et l'outre-mer français pendant la Seconde Guerre
mondiale, Pessac, MSHA, 2010, p. 59-77; «Le Maghreb: allusions et
silences de la chronologie Chauvel», La Revue d'Histoire Maghrébine,
Tunis, février 2007, p. 39-48.

[26] Dont la capitulation de l'armée Kesselring d'Italie, opération
Sunrise négociée en mars-avril 1945 par Allen Dulles, chef de
l'OSS-Europe en poste à Berne, avec Karl Wolff, «chef de l'état-major
personnel de Himmler» responsable de «l'assassinat de 300 000 juifs»,
qui ulcéra Moscou. Lacroix-Riz, Le Vatican, chap. 10, dont p. 562-563,
et Industriels et banquiers français sous l'Occupation, Paris, Armand
Colin, 2013, chap. 9.

[27] Jean-Baptiste Duroselle, L'Abîme 1939-1945, Paris, Imprimerie
nationale, 1982, passim; Lacroix-Riz, «Quand les Américains voulaient
gouverner la France», Le Monde diplomatique, mai 2003, p. 19;
Industriels, chap. 9.

[28] David F Schmitz, Thank God, they're on our side. The US and right
wing dictatorships, 1921-1965, Chapel Hill, University of North Carolina
Press, 1999.

[29] Index Suhard Lacroix-Riz, Le choix de la défaite : les élites
françaises dans les années 1930, et De Munich à Vichy, l'assassinat de
la 3e République, 1938-1940, Paris, Armand Colin, 2010 (2e édition) et 2008.

[30] LIBE/9/14, 5 février 1943 (visite récente), F1a, 3784, AN. Taylor,
Vatican, chap. 9-11 et index.

[31] Information d'octobre, reçue le 26 décembre 1943, F1a, 3958, AN, et
Industriels, chap. 9.

[32] Lettre n° 740 du commissaire des RG au préfet de Melun, 13 février
1943, F7, 14904, AN.

[33] Renseignement 3271, arrivé le 17 février 1943, Alger-Londres, 278, MAE.

[34] Informations du 15 mai, diffusées les 5 et 9 juin 1944, F1a, 3864
et 3846, AN.

[35] Information du 13 juin, diffusée le 20 juillet 1944, «le PC à
Grenoble», F1a, 3889, AN.

[36] M. Dabi, directeur du département Opinion de l'Ifop, phare de
l'ignorance régnant en 2012 sur l'histoire de la Deuxième Guerre
mondiale, déplore le résultat de 1944 : «une très nette majorité (61%)
considèrent que l'URSS est la nation qui a le plus contribué à la
défaite allemande alors que les États-Unis et l'Angleterre, pourtant
libérateurs du territoire national [fin août 1944??], ne recueillent
respectivement que 29,3% et 11,5%», «1938-1944», p. 4, souligné par moi.

[37] Jacques Mordal, Dictionnaire de la Seconde Guerre mondiale, Paris,
Larousse, 1979, t. 1, p. 109-114.

[38] Gabriel Kolko, The Politics of War. The World and the United States
Foreign Policy, 1943-1945, New York, Random House, 1969, chap. 13-14.

[39] Pertes «militaires uniquement», Pieter Lagrou, «Les guerres, la
mort et le deuil : bilan chiffré de la Seconde Guerre mondiale», in
Stéphane Audoin-Rouzeau et al., dir., La violence de guerre 1914-1945,
Bruxelles, Complexe, 2002, p. 322 (313-327).

[40] Bibliographie, Jacques Pauwels, Le Mythe de la bonne guerre : les
USA et la Seconde Guerre mondiale, Bruxelles, Éditions Aden, 2012, 2e
édition; Lacroix-Riz, Aux origines du carcan européen, 1900-1960. La
France sous influence allemande et américaine, Paris, Delga-Le temps des
cerises, 2014.

* Professore emerito di storia contemporanea, università Paris VII-Denis
Diderot



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