L’uomo e la
maschera. Il costruttore che ha definito lo skyline di
New York, il self-made man che ha saputo imporsi per la
sua determinazione e per il rifiuto di ogni compromesso.
Il ritratto di sé che Donald Trump ha venduto
all’America, e al mondo, si nutre di questi e altri
simili luoghi comuni costruiti attraverso una costante
campagna di comunicazione che ne ha accompagnato
l’ascesa nel mondo degli affari come della vita
pubblica. Un’immagine da cartolina patinata che è
servita a The Donald anche per vincere quella che resta
al momento la partita più ardita e inquietante della sua
carriera: la conquista della Casa Bianca.
ALLA VIGILIA dell’insediamento
del nuovo presidente arriva perciò con notevole
puntualità l’inchiesta con cui uno dei maggiori
giornalisti investigativi statunitensi, David Cay
Johnston, si è adoperato a smontare punto per punto
questo ritratto agiografico. Tali e tanti sono gli
elementi e le vicende prese in esame e decriptate con
acume da questo reporter premio Pulitzer nel 2001 e a
lungo collaboratore del New York Times, che il suo Donald
Trump (Einaudi, pp. 256, euro 14,50) si legge
tutto d’un fiato come si trattasse di un romanzo
poliziesco dal quale si fatica a separarsi per il timore
di farsi sfuggire un nuovo e incredibile colpo di scena.
Del resto, il
primo incontro tra Johnston e Trump è avvenuto alla fine
degli anni Ottanta, quando il giornalista stava
indagando sul mondo dei casinò e del gioco d’azzardo e
il magnate del «mattone» aveva cominciato ad affiancare
al suo impero di Manhattan gli investimenti sul
boardwalk di Atlantic City in un clima che non aveva
nulla da invidiare alle atmosfere del noir, tra
faccendieri senza scrupoli, mafiosi di ogni sorta,
giocatori compulsivi pronti a dilapidare in una sola
notte i risparmi di una vita; il tutto in un contesto di
ricatti, pressioni e raggiri. E che non si tratti solo
di una suggestione letteraria è fin troppo chiaro.
L’idea di fondo
da cui muove l’inchiesta di Johnston è infatti che se lo
avessero conosciuto bene, milioni di americani forse non
avrebbero votato per il candidato repubblicano così a
cuor leggero e ancor meno con entusiasmo. «Con questo
libro – spiega l’autore – voglio assicurarmi che tutti
nel mondo conoscano una storia di Donald Trump piú ricca
e dettagliata di quella che lui ha confezionato ad arte
e promosso con abilita e determinazione eccezionali».
Visto che Trump «presenta se stesso come un moderno re
Mida anche quando la maggior parte di cio che tocca si
trasforma in spazzatura», ma che soprattutto «ha
lavorato duramente affinché poche persone sapessero dei
suoi rapporti con uno dei maggiori trafficanti di
cocaina, con criminali russi e americani, esponenti
della mafia, artisti del raggiro e truffatori». Allo
stesso modo, denunciato migliaia di volte da dipendenti
e fornitori che non erano stati pagati come da
investitori che lo accusavano di averlo truffato, «tra
le capacita maggiori di Trump c’e l’abilita di deviare o
far archiviare le indagini condotte su di lui dalle
forze di polizia», mentre usa la minaccia di querele
milionarie per evitare che i media sbircino dietro la
tenda delle sue attività. In altre parole, un mito di
successo e affidabilità fondato sulla falsificazione.
RIPRENDENDO IL FILO di
un’inchiesta che già alla fine degli anni Settanta
l’allora giornalista del Village Voice Wayne Barrett
aveva iniziato a condurre sulla fortuna della famiglia
Trump, già sul padre di Donald, anch’egli costruttore,
pesavano le ombre di contatti con la malavita
organizzata di New York e diverse indagini
amministrative sulla sistematica discriminazione
razziale operata nell’affitto e nella vendita dei propri
alloggi, Johnston ripercorre attraverso una massa
impressionante di documenti originali e di interviste e
contatti con i testimoni degli eventi descritti,
l’intera carriera di The Donald e i tanti lati oscuri
che l’hanno caratterizzata. Emergono così i contatti di
lungo corso dei Trump con uomini legati alle famiglie
mafiose newyorkesi dei Genovese e dei Gambino, prima, e
quindi ai boss Anthony «Fat Tony» Salerno e Paul
Castellano, poi, o con malavitosi inseriti nel sindacato
dei muratori che garantiranno ai cantieri di The Donald
un’invidiabile pace sociale o la possibilità di
utilizzare nel pieno centro di Manhattan operai polacchi
irregolari, e pagati un terzo dei locali, per costruire
la famosa Trump Tower. O, ancora, i rapporti del futuro
presidente con un trafficante di droga di nome Joseph
Weichselbaum diventato il suo pilota di elicottero
personale. Questo, senza contare che lo storico legale
di Trump, Roy Cohn, difenderà per tutta la sua carriera
anche i maggiori mafiosi della Grande Mela come del New
Jersey.
ANALOGO, e talvolta
intrecciato ai rapporti con la malavita, è poi il
capitolo delle protezioni politiche e amministrative di
cui The Donald sembra aver goduto fino ad oggi sia da
parte della Division of Gaming Enforcement, l’autorità
responsabile per i casinò, che non ha mai ritenuto di
dover indagare sul suo operato ad Atlantic City,
malgrado questo sia stato più volte oggetto di articoli
di denuncia sulla stampa, come delle istituzioni locali,
ad esempio a Chicago, per le numerose frodi denunciate
da chi ha comprato gli appartamenti costruite della
Trump Organization.
Analogo l’esito dello scandalo legato alla sedicente
Trump University, su cui si sta però ancora indagando,
in realtà poco più che dei corsi motivazionali gestiti
da dipendenti del tycoon senza alcuna conoscenza in
materia, in molti casi insabbiato da procuratori e
governatori, sia democratici che repubblicani, le cui
successive campagne elettorali sono poi state sostenute
da questa o quella società del gruppo Trump. Per finire
con le ben 6 bancarotte che le imprese del tycoon hanno
subito a partire dagli anni Novanta. Anche in questo
caso, spiega Johnston, «se il governo non lo avesse
salvato, non ci troveremmo qui a immaginarcelo insediato
al 1600 di Pennsylvania Avenue. Sarebbe infatti annegato
in un mare di inchiostro rosso».
PERCIÒ più che una
sorta di incarnazione dell’american dream, per quanto
taroccata, l’irresistibile ascesa di Donald Trump, tutta
costruita sulla capacità di «vendere il proprio nome»
trasformato in un brand di successo, e truffando per
questa via ignari e fiduciosi consumatori come facevano
qui venditori che nell’Ottocento vendevano intrugli
spesso fatali spacciandoli per miracolosi nelle campagne
del paese, sembra illustrare fino in fondo che forse
l’idea stessa che quel «sogno» esista davvero è in
qualche modo truffaldina. «vendere il proprio nome».
Come sottolinea David Cay Johnston ricordando uno dei
suoi primi colloqui con Trump a proposito del casinò
acquistato da quest’ultimo, il tycoon fece subito
propria una falsità pronunciata dal giornalista che
voleva saggiarne la conoscenza delle regole elementari
del gioco d’azzardo, che invece lui ignorava visto che
gli interessava solo fare soldi in fretta: Trump
«abbracciò immediatamente la mia notizia e rispose allo
stesso modo di quei sensitivi che in tv, carpendo gli
indizi da cio che dicono le persone, danno forma alle
loro rivelazioni». Forse ad un paese in crisi, Trump ha
venduto questa volta solo le false certezze in cui in
molti volevano disperatamente credere.
*
UN
PERCORSO DI LETTURE
L’inchiesta di
David Cay Johnston va ad aggiungersi ad un pugno di
testi che hanno fin qui raccontato nel nostro paese il
profilo del personaggio e il contesto nel quale ha avuto
luogo la sua ascesa politica. Da Wasp, l’America
razzista dal Ku Klux Klan a Donald Trump,
di Guido Caldiron (Fandango) a La febbre di Trump di
Mattia Ferraresi (Marsilio) a Perché vince Trump di
Andrew Spannaus (Mimesis). Una ricostruzione agiografica
della biografia di Trump è invece proposta in Trump
contro tutti, a cura di George Beahm (Rizzoli
Etas); mentre tra i numerosi volumi di consigli ai
futuri imprenditori pubblicati dallo stesso tycoon si
segnala L’Arte di Fare Affari, firmato da
Donald J. Trump insieme a Tony Schwartz (Sperling &
Kupfer) ma poi disconosciuto dal miliardario. Ad
annunciare la vittoriosa campagna elettorale di Trump
era stata poi la pubblicazione del suo libro-manifesto:
Crippled America, How to Make America Great Again (Simon
& Schuster). Mentre tra le numerose biografie e
ricostruzioni della storia dei Trump vanno ricordate The
Trouth about Trump di Michael D’Antonio (St.
Martin’s Press) e The Trumps: Three Generations That
Built an Empire di Gwenda Blair (Simon &
Schuster). Per i non anglofoni: Trump. L’onde de
choc populiste di Marie-Cécile Naves (Fyp
éditions) e La nouvelle révolution américaine di
Olivier Piton (Plon).