[Disarmo] Tregua violata in Siria: trattative a rischio



di Alberto Negri

La tregua con le fazioni ribelli siriane rischia di naufragare ed è già in bilico anche la “pax russa” ottenuta con l’Iran e l’assenso decisivo della Turchia che aveva accettato di mantenere al potere Assad. L’accordo per il cessate il fuoco, il terzo in sei anni di guerra civile, era stato sottoscritto il 29 dicembre, dopo la caduta di Aleppo, con la regia di Putin e sembrava tenere al punto da guadagnarsi l’appoggio di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che si era anche detto favorevole ai negoziati programmati ad Astana in Kazakhstan, da tenersi in parallelo a quelli sotto l’ombrello delle Nazioni Unite.

In un comunicato le fazioni ribelli hanno affermato di aver «rispettato il cessate il fuoco in tutto il territorio siriano» ma che il regime e i suoi alleati non lo hanno fatto, «con significative violazioni nelle regioni di Wadi Barada e Ghouta». Queste aeree a Nord Ovest di Damasco ospitano le dighe che riforniscono la capitale e si trovano sulla direttrice strategica della strada tra Damasco e Beirut: ci sono quindi stati scontri tra l’esercito di Assad e gli alleati Hezbollah, le milizie sciite libanesi, che non intendono lasciare all’opposizione sunnita il controllo della zona.

Le violazioni della tregua sono state annunciate dall’Esercito libero siriano (Els), il Freee Syrian Army, considerato una formazione moderata ma che dopo anni di guerra civile e di conflitto per procura raggruppa diverse fazioni che fanno, o facevano, riferimento alla Turchia.

Che cosa sta accadendo in realtà? La Turchia in questo momento avrebbe tutto l’interesse alla tregua perché ha ottenuto la collaborazione dell’aviazione russa nell’assedio di Al Bab, roccaforte dell’Isis: un obiettivo importante per la futura offensiva su Raqqa, capitale del Califfato. Ma che ora è diventato un bersaglio altamente simbolico dopo l’attentato di Istanbul al Reina rivendicato dall’Isis.

Ankara deve insomma prendersi una rivincita sui jihadisti che un tempo sosteneva e che adesso ritengono Erdogan un traditore per l’accordo stipulato con la Russia di Putin che lascia Assad al potere. Chi minaccia di far saltare la tregua in poche parole adesso va anche contro la Turchia che aveva sempre appoggiato i ribelli.

L’accordo Putin-Erdogan-Iran ha messo in moto un riallineamento frenetico delle fazioni che potrebbe essere la vera ragione dei dissensi: è in corso infatti una grande operazione di riciclaggio dei gruppi considerati precedentemente “terroristi” con veti incrociati e improvvise riconversioni tra gli sponsor delle varie milizie.

Al tavolo di Damasco sono state invitate diverse fazioni oltre all’Els: sono sette e di queste alcune sono assai importanti nella galassia dei gruppi islamisti radicali come Ahrar al Ah Sham, il Levante libero e Jaish al Islam, l’Esercito dell’Islam, gruppi che Mosca aveva sempre catalogato tra i terroristi. È da notare che il Levante Libero aveva accettato le trattative in Kazakhstan «con riserva».

Tra i movimenti esclusi dai negoziati di Astana ci sono Jabath Fateh, il nuovo nome di Al Nusra, formazione legata ad Al Qaida, ovviamente lo Stato Islamico e anche l’Ypg, le forze curde siriane considerate dalla Turchia dei “terroristi” (ma appoggiate dagli Usa ai quali adesso Ankara chiede di cambiare politica) e il cui destino è stato lasciato da Putin nelle mani di Erdogan in cambio dei jihadisti. Ora molti di questi gruppi dell’opposizione, inclusi o esclusi dal tavolo di Astana, stavano asserragliati nell’assedio di Aleppo Est dove erano già sorte tra loro divergenze tattiche oltre che ideologiche e sono concentrati a Idlib, a 12 chilometri dal confine con la Turchia.

La stessa direzione della guerriglia ha difficoltà a controllare i gruppi affiliati a questo o a quel movimento e si è aperto un dibattito su cosa fare nei confronti della Turchia e dell’intesa che tiene in piedi il regime di Damasco.

La tregua dunque può reggere al Nord della Siria ma è più complicato attuarla nella zona centrale del Paese. Non è una buona notizia per la Siria dopo cinque anni di massacri, per Putin, che sta giocando la sua più importante partita diplomatica, ma soprattutto per Erdogan, che sta pagando con il terrorismo in casa l’intesa con Mosca. Non è una buona notizia neppure per la sicurezza in Europa perché se il jihadismo dei foreign fighters va fuori controllo non esiterà probabilmente a colpire di nuovo anche qui.


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