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[Disarmo] Fwd: [punti_pace_paxchristi] La nonviolenza, stile di una politica per la pace
- Subject: [Disarmo] Fwd: [punti_pace_paxchristi] La nonviolenza, stile di una politica per la pace
- From: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
- Date: Mon, 12 Dec 2016 18:44:33 +0100
---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: "Sergio Paronetto" <punti_pace_paxchristi at liste.retelilliput.org>
Data: 12 dic 2016 12:08
Oggetto: [punti_pace_paxchristi] La nonviolenza, stile di una politica per la pace
A: "Punti_Pace_Paxchristi-Request" <punti_pace_paxchristi-request at liste.retelilliput.org>
Cc: "Pax Christi Italia Punti Pace" <punti_pace_paxchristi at liste.retelilliput.org>, "Sergio Paronetto" <paxchristi_paronetto at yahoo.com>, "Consiglionazionalepx" <consiglionazionalepx at yahoogroups.com>, "Giovanni Ricchiuti" <ricchiuti.g at libero.it>, "Renato Sacco" <drenato at tin.it>
Da: "Sergio Paronetto" <punti_pace_paxchristi at liste.retelilliput.org>
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Oggetto: [punti_pace_paxchristi] La nonviolenza, stile di una politica per la pace
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA CELEBRAZIONE DELLA
L GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2017
L GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2017
La nonviolenza: stile di una politica per la pace
1. All’inizio di questo nuovo anno porgo i miei sinceri auguri di
pace ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo,
nonché ai responsabili delle comunità religiose e delle varie
espressioni della società civile. Auguro pace ad ogni uomo, donna,
bambino e bambina e prego affinché l’immagine e la somiglianza di Dio in
ogni persona ci consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri
dotati di una dignità immensa. Soprattutto nelle situazioni di
conflitto, rispettiamo questa «dignità più profonda»[1] e facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita.
Questo è il Messaggio per la 50ª Giornata Mondiale della Pace. Nel primo, il beato Papa Paolo VI
si rivolse a tutti i popoli, non solo ai cattolici, con parole
inequivocabili: «E’ finalmente emerso chiarissimo che la pace è l’unica e
vera linea dell’umano progresso (non le tensioni di ambiziosi
nazionalismi, non le conquiste violente, non le repressioni apportatrici
di falso ordine civile)». Metteva in guardia dal «pericolo di credere
che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie
della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia,
l’equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali». Al
contrario, citando la Pacem in terris del suo predecessore san Giovanni XXIII, esaltava «il senso e l’amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull’amore».[2] Colpisce l’attualità di queste parole, che oggi non sono meno importanti e pressanti di cinquant’anni fa.
In questa occasione desidero soffermarmi sulla nonviolenza come stile di una politica di pace
e chiedo a Dio di aiutare tutti noi ad attingere alla nonviolenza nelle
profondità dei nostri sentimenti e valori personali. Che siano la
carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni
gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli
internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta,
le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di
processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e
quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, possa la nonviolenza
diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre
relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme.
Un mondo frantumato
2. Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali
micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran
numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con
una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo
attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i
moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra
epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad
essa.
In ogni caso, questa violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a
livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli:
guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e
attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle
vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente. A che scopo? La
violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto
quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di
conflitti letali che recano benefici solo a pochi “signori della
guerra”?
La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere
alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a
migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di
risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze
quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei
malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore
dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non
addirittura di tutti.
La Buona Notizia
3. Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero
campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il
cuore umano: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono
le intenzioni cattive» (Mc 7,21). Ma il messaggio di Cristo, di fronte a questa realtà, offre la risposta radicalmente positiva: Egli predicò
instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e
insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr Mt 5,44) e a porgere l’altra guancia (cfr Mt 5,39). Quando impedì a coloro che accusavano l’adultera di lapidarla (cfr Gv 8,1-11) e quando, la notte prima di morire, disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (cfr Mt
26,52), Gesù tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino
alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e
distrutto l’inimicizia (cfr Ef 2,14-16). Perciò, chi accoglie la
Buona Notizia di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta in sé e si
lascia guarire dalla misericordia di Dio, diventando così a sua volta
strumento di riconciliazione, secondo l’esortazione di san Francesco
d’Assisi: «La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più
copiosa nei vostri cuori».[3]
Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua
proposta di nonviolenza. Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI – «è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio».[4] Ed
egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è
un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona,
l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza,
che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e
della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della
“rivoluzione cristiana”».[5] Giustamente il vangelo dell’amate i vostri nemici (cfr Lc 6,27) viene considerato «la magna charta della nonviolenza cristiana»: esso non consiste «nell’arrendersi al male […] ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia».[6]
Più potente della violenza
4. La nonviolenza è talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e
passività, ma in realtà non è così. Quando Madre Teresa ricevette il
premio Nobel per la Pace nel 1979, dichiarò chiaramente il suo messaggio
di nonviolenza attiva: «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di
bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare
insieme, di amarci gli uni gli altri […] E potremo superare tutto il
male che c’è nel mondo».[7]
Perché la forza delle armi è ingannevole. «Mentre i trafficanti di armi
fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto
per aiutare una persona, un’altra, un’altra, un’altra, danno la vita»;
per questi operatori di pace, Madre Teresa è «un simbolo, un’icona dei
nostri tempi».[8] Nello
scorso mese di settembre ho avuto la grande gioia di proclamarla Santa.
Ho elogiato la sua disponibilità verso tutti attraverso «l’accoglienza e
la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e
scartata. […] Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai
margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato;
ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché
riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! –
della povertà creata da loro stessi».[9]
In risposta, la sua missione – e in questo rappresenta migliaia, anzi
milioni di persone – è andare incontro alle vittime con generosità e
dedizione, toccando e fasciando ogni corpo ferito, guarendo ogni vita
spezzata.
La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto
risultati impressionanti. I successi ottenuti dal Mahatma Gandhi e Khan
Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell’India, e da Martin Luther King
Jr contro la discriminazione razziale non saranno mai dimenticati. Le
donne, in particolare, sono spesso leader di nonviolenza, come, ad
esempio, Leymah Gbowee e migliaia di donne liberiane, che hanno
organizzato incontri di preghiera e protesta nonviolenta (pray-ins) ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione della seconda guerra civile in Liberia.
Né possiamo dimenticare il decennio epocale conclusosi con la caduta
dei regimi comunisti in Europa. Le comunità cristiane hanno dato il loro
contributo con la preghiera insistente e l’azione coraggiosa. Speciale
influenza hanno esercitato il ministero e il magistero di san Giovanni Paolo II. Riflettendo sugli avvenimenti del 1989 nell’Enciclica Centesimus annus
(1991), il mio predecessore evidenziava che un cambiamento epocale
nella vita dei popoli, delle nazioni e degli Stati si realizza «mediante
una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verità e della
giustizia».[10] Questo
percorso di transizione politica verso la pace è stato reso possibile
in parte «dall’impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre
rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di
volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità». E
concludeva: «Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza
violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne ed
alla guerra in quelle internazionali».[11]
La Chiesa si è impegnata per l’attuazione di strategie nonviolente di
promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori
più violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura.
Questo impegno a favore delle vittime dell’ingiustizia e della
violenza non è un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma è
proprio di molte tradizioni religiose, per le quali «la compassione e la
nonviolenza sono essenziali e indicano la via della vita».[12] Lo ribadisco con forza: «Nessuna religione è terrorista».[13] La violenza è una profanazione del nome di Dio.[14]
Non stanchiamoci mai di ripeterlo: «Mai il nome di Dio può giustificare
la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la
guerra!».[15]
La radice domestica di una politica nonviolenta
5. Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli
uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza
in primo luogo all’interno della famiglia. È una componente di quella
gioia dell’amore che ho presentato nello scorso marzo nell’Esortazione
apostolica Amoris laetitia,
a conclusione di due anni di riflessione da parte della Chiesa sul
matrimonio e la famiglia. La famiglia è l’indispensabile crogiolo
attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle
imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo
disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono
essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la
ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono.[16] Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società.[17]
D’altronde, un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le
persone e tra i popoli non può basarsi sulla logica della paura, della
violenza e della chiusura, ma sulla responsabilità, sul rispetto e sul
dialogo sincero. In questo senso, rivolgo un appello in favore del
disarmo, nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari:
la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca
assicurata non possono fondare questo tipo di etica.[18] Con uguale urgenza supplico che si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini.
Il Giubileo della Misericordia, conclusosi nel novembre scorso, è
stato un invito a guardare nelle profondità del nostro cuore e a
lasciarvi entrare la misericordia di Dio. L’anno giubilare ci ha fatto
prendere coscienza di quanto numerosi e diversi siano le persone e i
gruppi sociali che vengono trattati con indifferenza, sono vittime di
ingiustizia e subiscono violenza. Essi fanno parte della nostra
“famiglia”, sono nostri fratelli e sorelle. Per questo le politiche di
nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi diffondersi
all’intera famiglia umana. «L’esempio di santa Teresa di Gesù Bambino ci
invita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere
l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo
gesto che semini pace e amicizia. Una ecologia integrale è fatta anche
di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della
violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo».[19]
Il mio invito
6. La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è
elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per
limitare l’uso della forza attraverso le norme morali, mediante la sua
partecipazione ai lavori delle istituzioni internazionali e grazie al
contributo competente di tanti cristiani all’elaborazione della
legislazione a tutti i livelli. Gesù stesso ci offre un “manuale” di
questa strategia di costruzione della pace nel cosiddetto Discorso della
montagna. Le otto Beatitudini (cfr Mt 5,3-10) tracciano il
profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica.
Beati i miti – dice Gesù –, i misericordiosi, gli operatori di pace, i
puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia.
Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e
religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i
dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le
Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità. Una
sfida a costruire la società, la comunità o l’impresa di cui sono
responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di
misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l’ambiente e
voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la disponibilità «di
sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di
collegamento di un nuovo processo».[20] Operare
in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare
la storia e costruire l’amicizia sociale. La nonviolenza attiva è un
modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del
conflitto. Tutto nel mondo è intimamente connesso.[21] Certo,
può accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in
maniera costruttiva e nonviolenta, così che «le tensioni e gli opposti
[possano] raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita»,
conservando «le preziose potenzialità delle polarità in contrasto».[22]
Assicuro che la Chiesa Cattolica accompagnerà ogni tentativo di
costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e
creativa. Il 1° gennaio 2017 vede la luce il nuovo Dicastero per il
Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che aiuterà la Chiesa a
promuovere in modo sempre più efficace «i beni incommensurabili della
giustizia, della pace e della salvaguardia del creato» e della
sollecitudine verso i migranti, «i bisognosi, gli ammalati e gli
esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle
catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di
qualunque forma di schiavitù e di tortura».[23]
Ogni azione in questa direzione, per quanto modesta, contribuisce a
costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo verso la giustizia
e la pace.
In conclusione
7. Come da tradizione, firmo questo Messaggio l’8 dicembre, festa
dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Maria è la Regina
della Pace. Alla nascita di suo Figlio, gli angeli glorificavano Dio e
auguravano pace in terra agli uomini e donne di buona volontà (cfr Lc 2,14). Chiediamo alla Vergine di farci da guida.
«Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno
con piccoli gesti e molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica
di tanti tentativi per costruirla».[24]
Nel 2017, impegniamoci, con la preghiera e con l’azione, a diventare
persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro
gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono
cura della casa comune. «Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio
nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».[25]
Dal Vaticano, 8 dicembre 2016
Francesco
[1] Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.
[2] Messaggio per la celebrazione della 1a Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 1968.
[3] «Leggenda dei tre compagni»: Fonti Francescane, n. 1469.
[7] Madre Teresa, Discorso per il Premio Nobel, 11 dicembre 1979.
[8] Meditazione “La strada della pace”, Cappella della Domus Sanctae Marthae, 19 novembre 2015.
[9] Omelia per la canonizzazione della Beata Madre Teresa di Calcutta, 4 settembre 2016.
[10] N. 23.
[11] Ibid.
[12] Discorso nell’Udienza interreligiosa, 3 novembre 2016.
[13] Discorso al 3° Incontro mondiale dei movimenti popolari, 5 novembre 2016.
[14] Cfr Discorso nell’Incontro con lo Sceicco dei Musulmani del Caucaso e con Rappresentanti delle altre Comunità religiose, Baku, 2 ottobre 2016.
[15] Discorso, Assisi, 20 settembre 2016.
[16] Cfr Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 90-130.
[18] Cfr Messaggio in occasione della Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, 7 dicembre 2014.
[19] Enc. Laudato si’, 230.
[20] Esort. ap. Evangelii gaudium, 227.
[22] Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.
[23] Lettera
apostolica in forma di “Motu proprio” con la quale si istituisce il
Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, 17 agosto 2016.
[24] Regina Caeli, Betlemme, 25 maggio 2014.
[25] Appello, Assisi, 20 settembre 2016.
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