L'oggetto di questo messaggio andrebbe corretto: USA al posto di
Trump.
Da quel che vi si legge infatti, i finanziamenti statali italiani
hanno semmai privilegiato la guerrafondaia 'democratica', e non a
caso (vedi la chiusa).
Non so se corrisponda al titolo dell'articolo dell'espresso, ma
se lo fosse risulterebbe pure intenzionalmente ingannevole.
Jure Ellero
Il 04/11/2016 07:33, rossana ha
scritto:
Consultando il database di OpenSecrets.org
‘l’Espresso’ ha scoperto che
la corsa presidenziale non coinvolge solo aziende statunitensi, ma
anche
gruppi italianissimi, come il colosso aerospaziale e l'Eni
711.675 dollari dalla Microsoft Corp, 349.278 dalla Walt Disney
Co,
131.391 dalla Hewlett-Packard. O anche: 5000 dollari dalla Ralph
Lauren
Corp e 3965 da Facebook Inc. Il ciclo delle elezioni
presidenziali,
negli Stati Uniti, non è solo una faccenda politica: è anche una
partita
che si gioca sul piano economico, in un paese in cui i candidati,
i loro
comitati ed i partiti di riferimento vivono di donazioni.
Le cifre qui riportate – donazioni ricevute rispettivamente dai
due
candidati in corsa per l’elezione a presidente degli Stati Uniti
d’America, la democratica Hillary Clinton ed il repubblicano
Donald
Trump - sono solo alcuni esempi delle cifre che aziende, gruppi,
corporazioni, grandi marchi noti in tutto il mondo sono disposti a
spendere per supportare questo o quel candidato.
Se la politica vive di donazioni, è lecito aspettarsi che i
resoconti
relativi al denaro ricevuto siano pubblici: ed infatti, esistono
numerosi gruppi di ricerca impegnati a diffondere on line i dati
relativi alle campagne elettorali. Uno di questi è il Center for
Responsive Politics (CRP), una organizzazione non-profit, con sede
a
Washington, fondata nel 1983 da due senatori ormai in pensione, il
democratico Franck Church ed il repubblicano Hugh Scott.
È consultando il database di OpenSecrets.org che ‘l’Espresso’ ha
scoperto che la corsa presidenziale non coinvolge solo aziende
statunitensi, ma anche gruppi italianissimi. Aziende private,
certo, ma
anche aziende a partecipazione statale, come la
Leonardo-Finmeccanica -
gruppo italiano impegnato nel settore aerospaziale, della difesa e
della
sicurezza, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’Economia
e
delle Finanze – o l’Eni Spa, che annovera fra i suoi azionisti il
Ministero dell’Economia e la Cassa Depositi e Prestiti.
Se l’Eni Spa ha contribuito all’intero ciclo elettorale 2016 solo
con
una modesta spesa di 39.000 dollari in lobbying, devolvendo ad
Hillary
Clinton e Donald Trump cifre minuscole – 117 dollari alla
candidata
democratica e 222 al repubblicano – l’impegno di Finmeccanica ha
raggiunto quote più consistenti.
294.618 dollari di contributi diretti e 865.000 di lobbying nel
solo
2016, cifra inferiore a quella spesa nell’anno precedente, pari a
1.375.000 dollari: queste le cifre relative al gruppo guidato da
Mauro
Moretti e Gianni De Gennaro. 7.523 dollari sono andati ad Hillary
Clinton, mentre Donald Trump ha ricevuto donazioni dirette per 930
dollari. La grafica fornita dal Center for Responsive Politics
mostra
che – nonostante la donazione alla candidata dem sia stata più
pesante –
il totale speso a supporto dei candidati repubblicani sia
nettamente
maggiore rispetto alle cifre devolute ai democrats.
Scelte che non stupiscono: non solo il partito repubblicano
statunitense
è quello più tradizionalmente legato ai temi relativi alla difesa
ed
alla sicurezza nazionale, ma Finmeccanica potrebbe trarre
beneficio da
una vittoria di Trump.
Infatti, secondo Marcus Weisgerber, analista economico
specializzato nel
settore difesa per DefenseOne ed ex corrispondente dal Pentagono
per
riviste del settore, è plausibile aspettarsi che ad una eventuale
vittoria di Donald Trump segua lo spostamento delle commesse per
la
produzione di armamenti dagli Stati Uniti all’Europa; potrebbe
accadere
che commesse provenienti dal medio-oriente siano rivolte a aziende
come
l’inglese BAE Systems e l’italiana Finmeccanica.
Ma il gruppo italiano può vantare anche una storica simpatia da
parte di
Hillary Clinton: quando, nel 2005, l’azienda – allora guidata da
Pier
Francesco Guarguaglini – era in corsa, tramite la controllata
AgustWwestland, per l’assegnazione della commessa per la fornitura
di
elicotteri per la Casa Bianca, la Clinton tifava per il made in
Italy.
http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/11/02/news/finmeccanica-e-gli-altri-gli-italiani-che-finanziano-la-campagna-elettorale-di-trump-1.287145
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