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[Disarmo] Le molte “verità” sulla Siria: come la nostra rivalità ha distrutto un paese
- Subject: [Disarmo] Le molte “verità” sulla Siria: come la nostra rivalità ha distrutto un paese
- From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
- Date: Tue, 25 Oct 2016 06:08:35 +0200 (CEST)
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di Ramzy Baroud – 20 ottobre 2016 “Gli Stati Uniti hanno il potere di decretare la morte di nazioni”, ha scritto Stephen Kinzer sul Boston Globe. L’articolo di Kinzer è intitolato: “I media stanno fuorviando il pubblico sulla Siria”. Nel suo testo lo studioso del Brown University Institute ha contestato che la disinformazione mediatica del suo paese sulla Siria sta determinando il tipo di ignoranza che consente al governo statunitense di perseguire qualsiasi politica, indipendentemente dalla sua imprudenza, nel paese arabo devastato dalla guerra. Il governo statunitense può “decretare la morte di nazioni” con “sostegno popolare perché molti statunitensi – e molti giornalisti – si accontentano della storia ufficiale”, ha scritto. Kinzer, in linea di principio, coglie fortemente nel giusto. Il suo articolo, tuttavia, è stata particolarmente popolare tra quelli che ritengono il governo siriano del tutto innocente di qualsiasi colpa nella guerra in corso e che Iran e Russia non abbiano colpa alcuna; meglio ancora, il loro intervento in Siria è interamente mosso da motivi morali e altruistico. Detto questo, l’affermazione di Kinzer riguardo alla pericolosa interferenza del governo statunitense negli affari siriani, alla rinnovata Guerra Fredda con la Russia e all’indefinita missione militare in quel paese, è del tutto vera. Né gli Stati Uniti né i loro alleati occidentali e altri rispettano le regole della guerra, né aderiscono a un insieme particolarmente nobile di principi mirati a por fine a tale guerra devastante che ha ucciso ben più di 300.000 persone, ne ha reso profughe milioni e ha distrutto la ricchezza e le infrastrutture del paese. Dunque qual è la verità sulla Siria? Negli ultimi cinque anni e mezzo, da quando una rivolta regionale si è trasformata in una ribellione armata – divenuta una guerra civile, regionale e internazionale – ‘la verità sulla Siria’ è stata segmentata in molte ‘verità’ a proprio uso e consumo, ciascuna promossa da una delle parti in guerra come l’ unica e sola, assoluta e incontestata realtà. Ma poiché nel conflitto ci sono molte parti, le versioni della ‘verità’ comunicateci attraverso media copiosi sono numerose e, nella maggior parte dei casi, non verificabili. La sola verità sulla quale tutte le parti sembrano concordare è che centinaia di migliaia di persone sono morte e che la Siria è a pezzi. Ma, naturalmente, ciascuna addita l’altra parte come colpevole del genocidio in corso. Una ‘verità’ stranamente tonificante, anche se inquietante, è stata esposta l’ anno scorso da Alon Ben-David sul Jerusalem Post israeliano. Il titolo del suo articolo la dice lunga: “Possa non finire mai. La scomoda verità a proposito della guerra in Siria”. “Se l’interesse israeliano alla guerra in Siria potesse essere sintetizzato in poche parole, sarebbe: “Che non finisca mai”, ha scritto Ben-David. Naturalmente Israele non è mai rimasto realmente fuori dalla palude, ma questo è un tema a parte. A parte il linguaggio egocentrico, insensibile, la ‘verità’ di Israele, secondo l’autore, si basa su due premesse: la necessità di un’autorità ufficiale a Damasco e che la guerra debba continuare, almeno, fino a quando il fuoco non avrà ridotto l’intero paese in cenere, cosa che di fatto sta accadendo. I sostenitori della Russia, naturalmente, si rifiutano di accettare il fatto che anche Mosca sta combattendo una guerra territoriale e che è del tutto equo porre in discussione le azioni della Russia nel contesto della rivalità regionale e globale tra USA e Russia tentando, contemporaneamente, di evidenziare i motivi egoistici di Mosca. L’altro schieramento, che sollecita una maggior potenza di fuoco statunitense, commette un peccato ancora peggiore. Non da ultimo, dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003, gli Stati Uniti non hanno solo ferito, ma realmente devastato il Medio Oriente – uccidendo, ferendo e cacciando milioni di persone – e non hanno alcuna intenzione di preservare l’integrità territoriale siriana e i diritti umani del suo popolo. Il plausibile odio di tale gruppo nei confronti del regime di Bashar al-Assad lo ha reso cieco a numerosi fatti, compreso quello che il solo paese della regione nei cui confronti Washington è realmente impegnato in termini di sicurezza è Israele, che ha recentemente ricevuto un generoso pacchetto di aiuti di 38 miliardi di dollari. Tenendo presente il ragionamento di Ben-David, non sorprende che gli Stati Uniti non abbiano alcuna fretta di concludere la guerra in Siria, se non addirittura la vogliano intenzionalmente prolungare. La ‘verità’ statunitense sulla Siria – reiterata, naturalmente, dai tifosi europei – è largamente incentrata sulla demonizzazione della Russia, mai sul salvare vite e nemmeno, almeno non ancora, sul cambiamento di regime. Per gli Stati Uniti la guerra è in larga misura rilevante per gli interessi regionali statunitensi. Dopo aver sofferto importanti battute d’arresto militari e politiche in Medio Oriente, e considerate le sue attuali sfortune economiche, la potenza militare statunitense si è fortemente eclissata. Si tratta oggi, più o meno, di un altro paese occidentale potente, ma non più l’ unico dominante, in grado, da solo, di “decretare la morte di nazioni”. Così quando il Segretario di Stato John Kerry ha recentemente sollecitato un’ indagine per crimini di guerra sui bombardamenti russi in Siria, possiamo essere certi che non era sincero e che il suo appassionato appello era mirato unicamente a conquistare capitale politico. Come c’era da aspettarsi, le sue accuse sono state ripetute a pappagallo in un tandem prevedibile dai francesi, dai britannici e da altri. Poi, poco dopo, sono svaporate nel crescente ma inutile discorso in cui le parole sono solo parole, mentre la guerra si trascina ininterrotta. Dunque perché la verità sulla Siria è così difficile da decifrare? Nonostante la proliferazione di massicce piattaforme di propaganda, ci sono ancora molti buoni giornalisti che riconoscono che, nonostante le opinioni personali, i fatti vanno controllati e che giornalismo e analisi onesti non dovrebbero essere partecipi della crescente guerra di propaganda. Sì, tali giornalisti esistono, ma combattono contro molti ostacoli. Uno di essi è che gran parte dell’infrastruttura mediatica ben finanziata esistente partecipa alla guerra propagandistica in Medio Oriente. E i buoni giornalisti sono costretti, pur controvoglia, a mettersi in riga o a restare del tutto fuori dal dibattito. Ma il problema non è solo la manipolazione mediatica di fatti, video e immagini. La guerra in Siria ha polarizzato il dibattito come non mai in precedenza e la maggior parte dei coinvolti in tale conflitto si trova costretta a schierarsi abbandonando, così, ogni razionalità o buonsenso. E’ piuttosto triste che anni dopo che la guerra in Siria sarà finita e che le ultime fosse comuni saranno state scavate e coperte, molti verità sgradevoli saranno rivelate. Ma conterà, a quel punto? Solo recentemente abbiamo scoperto che il Pentagono aveva speso più di 500 milioni di dollari per fabbricare video di propaganda bellica sull’Iraq [Traduzione in italiano qui]. I fondi sono stati in larga misura spesi per produrre falsi video di al-Qaeda. Non sorprendentemente, gran parte dei media statunitensi o non ha riferito la notizia oppure vi ha rapidamente sorvolato, come se l’informazione più rivelatrice sull’invasione statunitense dell’Iraq – che ha destabilizzato il Medio Oriente fino ai giorni nostri – fosse la meno rilevante. Che cosa finiremo per apprendere in futuro sulla Siria? E farà qualche differenza, a parte una sensazione di gratificazione morale per quelli che hanno sostenuto per tutto il tempo che la guerra in Siria non ha mai nulla a che vedere con i siriani? La verità sulla Siria è che, indipendentemente da come la guerra finirà, la Siria è stata distrutta e il suo futuro è sanguinoso e tetro, e che, indipendentemente dai “vincitori” regionali e globali del conflitto, il popolo siriano ha già perso. Da ZNetitaly –
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