[Disarmo] L’offensiva della Turchia contro l’ISIS e il giro di vite sulla stampa in realtà sono soltanto una guerra contro i Curdi




Di Vijay Prashad ed Amy Goodman

27 agosto 2016

Mentre gli Stati Uniti appoggiano un’incursione militare turca in Siria, prendendo di mira le aree in mano dell’ISIS lungo il confine, la Turchia dice che è anche preoccupata per le milizie curde siriane al confine, che sono appoggiate dagli Stati Uniti.  Osserviamo il conflitto, il modo in cui si collega con il recente colpo di stato andato per aria, e i conseguenti arresti da parte del governo di giornalisti accusati di terrorismo, insieme a un famoso studioso che per anni ha seguito da vicino quella regione: Vijay Prashad che è professore di studi internazionali al Trinity College e opinionista per la rivista indiana Frontline. Il suo nuovo libro, si intitola: “The Death of the Nation and the Future of the Arab Revolution.” [La morte della nazione e il future della Rivoluzione Araba].

JUAN GONZÁLEZ: Un’esplosione a una stazione di polizia in Turchia, vicino al confine con la Siria, a quanto si dice ha ucciso almeno 11 persone e ne ha ferite 70. I media gestiti dallo stato riferiscono che i militanti curdi sono i responsabili dell’attacco, ma non c’è stata alcuna rivendicazione di responsabilità. Questo fatto arriva mentre i militari le forze armate turche hanno inviato altri carri armati nella Siria settentrionale, intensificando la loro  offensiva di terra nel conflitto in corso.

Le forze armate degli Stati Uniti stanno appoggiando l’incursione della Turchia che è iniziata questa settimana con una campagna di bombardamenti aerei. La Turchia dice che l’offensiva è contro le aree in mano dell’ISIS, situate lungo il confine, ma dice di essere anche preoccupata per le milizie curde siriane al confine che sono appoggiate dagli Stati Uniti. Mercoledì, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che i ribelli siriani appoggiati dalla Turchia rivendicavano la città siriana di Jarabulus dallo Stato Islamico.

PRESIDENT RECEP TAYYIP ERDOGAN: [tradotto] In questo momento l’Esercito Siriano Libero e i residenti di Jarabulus hanno ripreso Jarabulus. Hanno preso il controllo degli edifici statali e di quelli delle istituzioni politiche nella città. Secondo le informazioni  che abbiamo ricevuto, Daesh ha dovuto abbandonare Jarabulus.

AMY GOODMAN

L’offensiva della Turchia è detta “Scudo dell’Eufrate” ed è la prima rilevante operazione militare fin dal fallito colpo di stato che ha scosso la Turchia in luglio. Mercoledì, il presidente turco Erdogan, si è incontrato con il Vice Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden che ha detto che gli Stati Uniti appoggiano gli sforzi della Turchia di controllare i suoi confini.

VICE PRESIDENT JOE BIDEN: Crediamo fortissimamente che il confine turco debba essere controllato dalla Turchia, che non ci dovrebbe essere alcuna occupazione di quel confine da parte di qualunque gruppo, tranne che una Siria che deve essere del tutto unita, e non suddivisa in pezzettini.

AMY GOODMAN – Nel frattempo, l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani dice che i video postati giovedì su un sito di media sociali, raffigurano la carneficina nel quartiere Bab-al Nairab di Aleppo, dove due barili-bombe (contenitori di metallo imbottiti di esplosivo, n.d.t.) sono presumibilmente stati lanciati, uccidendo almeno 5 persone. Il gruppo ha riferito anche di ulteriori attacchi in tutta Aleppo e nei suoi sobborghi, dicendo che i morti erano per lo più donne e bambini.

JUAN GONZÁLEZ: Gli attacchi sono arrivati quando l’ONU ha annunciato che la Russia aveva accettato una tregua umanitari di 48 ore ad Aleppo per permettere la consegna degli aiuti   che garanzie per la sicurezza venissero soddisfatte dalle parti sul terreno. L’ONU ha continuato a fare  pressioni per avere uno intervallo settimanale di 48 ore dei combattimenti ad Aleppo per assistere i 2 milioni circa di abitanti di quella città che hanno sofferto dato che il conflitto siriano che dura da 5 anni, continua ad avere un massiccio costo umano.

Una squadra separata dell’ONU ha concluso che il governo di Assad e i militanti dell’ISIS, nel 2014 e nel 2015 hanno effettuato ripetuti attacchi con armi chimiche in Siria. Il rapporto accusa Assad di avere usato due volte il gas di cloro. Accusa anche l’ISIS di avere usato l’iprite (detto anche “gas mostarda”).

AMY GOODMAN: Tutto questo succede mentre il Segretario di Stato John Kerry e la sua controparte russa, Sergey Lavrov si incontrano oggi a Ginevra per discutere i dettagli di un accordo di collaborazione per combattere lo Stato Islamico in Siria.

Per saperne di più, siamo raggiunti dal famoso studioso che per anni ha seguito da vicino la regione, Vijay Prashad. E’ professore di studi internazionali al Trinity College e opinionista della rivista indiana Frontline. Il suo nuovo libro, si intitola: “The Death of the Nation and the Future of the Arab Revolution.” Tra i precedenti libri del Professor Prashad ci sono:  Arab Spring, Libyan Winter e: The Poorer Nations: A Possible History of the Global South.

Vijay Prashad, ben tornato a Democracy Now! E’ bello averla qui in studio.

VIJAY PRASHAD: Grazie mille. E’ fantastico essere qui.

AMY GOODMAN: Allora, cominciamo con ciò che sta accadendo proprio adesso in Turchia, dove è appena stato il Vice Presidente Joe Biden.

VIJAY PRASHAD: Ebbene, la situazione in Turchia è molto tragica. Come sapete, il 15 luglio c’è stato il colpo di stato fallito, ma le cose in Turchia si erano andate in pezzi  molto prima del mancato golpe. Il giro di vite sui giornalisti andava avanti almeno da un anno e mezzo, se non di più. La politica interna della Turchia è stata nel caos.

Uno degli elementi importanti del governo di Erdoğan è che, in precedenza, è che egli aveva iniziato un  processo di pace con il Partito dei Lavoratori Curdi, il PKK che gli Stati Uniti e la Turchia considerano una struttura terrorista. Avevano iniziato un processo di pace protratto, che si chiamava processo Imrali, ma questa guerra in Siria ha essenzialmente compromesso quel processo di pace e le forze armate turche hanno ripreso l’offensiva totale contro i Curdi nella Turchia sudorientale e inoltre, come avete visto questa settimana, l’esercito turco ha attraversato la frontiera con la Siria per impedire che l’avanzata dei Curdi siriani creasse quella che essi chiamano Rojava e che sarebbe uno staterello dei Curdi siriani che è proprio sul confine turco.

Il motivo per cui quell’operazione si chiama Scudo dell’Eufrate, è che esso scorre in quella regione da nord a sud. Quello che il governo turco vorrebbe vedere è che le Forze Democratiche Siriane che hanno una grossa componente curda, indietreggino a est dell’Eufrate – in altre parole – che si ritirino da Jarabulus, da Manbij che avevano preso, con  una vittoria molto celebrata, per impedire quindi la creazione di questo staterello chiamato Rojava. In superficie dicono che questo si fa a causa dell’ISIS, ma in realtà si tratta la guerra prolungata che il governo turco ha iniziato di nuovo contro i curdi.

JUAN GONZÁLEZ: Ma, stranamente, lei ha parlato del colpo di stato fallito. Il New York Times, per esempio, riferisce oggi che Erdoğan voleva andare in Siria già da prima, ma che i militari si opponevano, ed è stato soltanto perché è stato in grado di rimuovere così tanti ufficiali di altissimo grado che ora egli può compiere questa incursione.

VIJAY PRASHAD: Probabilmente si tratta di questo, ma c’è anche il fatto che questa non è la prima volta che la Turchia entra in Siria. I turchi vi erano entrati in precedenza con le loro forze armate. Sai, c’è un famoso santuario che commemora uno dei fondatori dell’Impero Ottomano, e l’esercito turco vi era entrato in precedenza per mettere in sicurezza quel monumento. Naturalmente i turchi avevano tenuto aperto anche il loro confine e avevano permesso che rifornimenti e persone attraversassero il confine in vari gruppi proxy (delegati),  appoggiati  sia da gruppi proxy turchi, che da gruppi sauditi, gruppi del Qatar, e anche dello Stato Islamico. Avevano usato per anni il confine turco. Penso che l’assoluta  instabilità della guerra in Siria aveva riportato  il conflitto in Turchia: era quello che la CIA, dopo il riuscito colpo di stato in Iran nel 1953, chiamava il contraccolpo.  Questo è, in un certo senso, un’azione che si è ritorta   contro la Turchia. Quindi  i turchi erano già entrati in Siria con le forze armate e, naturalmente hanno appoggiati i loro proxies. Penso che, con i successi ottenuti dai curdi, questa sia una entrata politica  vera e propria. Sosterrei che la ragione principale per cui sono entrati a Jarabulus, è stata quella di fermare la creazione del Rojava.

AMY GOODMAN: Stiamo parlando con Vijay Prashad e continueremo la conversazione dopo la pausa.

AMY GOODMAN: Voglio ora occuparmi di una romanziera che è stata appena arrestata. Voglio parlare della libertà di stampa in Turchia. Il Comitato per proteggere i giornalisti riferisce che la scrittrice turca e opinionista, Asli Erdoğan – nessun rapporto con il presidente – ha scritto riguardo al trattamento da lei subito in carcere fin da quanto è stata arresta, all’inizio di questo mese, dopo che il governo aveva fatto chiudere il giornale dove lavorava. Ora è in attesa di un processo per accuse di terrorismo e dice che per 5 giorni le sono state negate le cure e acqua a sufficienza, malgrado sia diabetica. E’ una dei molti giornalisti e scrittori che sono stati arrestati in Turchia con accuse di terrorismo.  Circa 10.000 persone sono state arrestate fin dal colpo di stato o del tentato colpo di stato, anche se Erdoğan, naturalmente, ha ottenuto di nuovo il potere con la forza. Professor Vijay  Prashad, che  dice di Asli?

VIJAY PRASHAD: Ebbene, è una delle diecine di migliaia di persone che sono state arrestate in al base al cosiddetto sospetto che stesse facendo propaganda per il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il PKK. Abbiamo una famosa romanziera, una giornalista del quotidiano Özgür Gündem il cui intero staff, lo staff editoriale è stato praticamente arrestato. I giornali e  anche i giornalisti televisivi hanno affrontato una grossa sfida in Turchia. Se qualcuno ha contestato il fatto che il governo turco ha permesso ai combattenti di attraversare il confine, è stato arrestato. E questo è accaduto in parecchi anni passati. Ecco perché dico che il fallito colpo di stato del 15 luglio ha proprio fornito al governo l’occasione di esaminare in profondità la sua lista di coloro che considera dissidenti, e di catturarli.

Ma oramai sono anni che tormentano i giornalisti. Chiunque contesti la loro versione della guerra in Siria lo considerano una minaccia e lo accusano di essere legati al PKK. Questo, sai,  Amy, è uno dei modi più semplici di delegittimare qualcuno, cioè dire che è propagandista del PKK. Ed è esattamente quello che  hanno detto ad Asli. La hanno tenuta anche in isolamento. Asli ha chiesto di tornare tra i detenuti comuni. E’ un fatto umanitario, in apparenza. E parliamo anche di una persona con problemi di salute alla quale hanno negato l’uso di cure e una dieta appropriata. Ma è soltanto una tra molti. Come hai osservato, ci sono migliaia di giornalisti che sono stati presi. Purtroppo, molti di  loro, sono giornalisti curdi, giornalisti indipendenti originari della regione sudoccidentale della Turchia.

JUAN GONZÁLEZ: E lei cita il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Chiaramente, la Turchia è un paese di gran lunga più sviluppato  della maggior parte degli altri paesi del Medio Oriente, e, insieme all’Egitto, ha probabilmente, di per sé, la più numerosa classe di lavoratori. Ci sono stati dei legami tra il Partito dei Lavoratori del Kurdistan e movimenti ora in corso di lavoratori in Turchia, formatisi tra il resto della popolazione?

VIJAY PRASHAD: Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan inizia quindi come forza separatista, nazionalista principalmente curda. La Turchia, però, è un paese interessante, perché la più vasta popolazione curda in una città, non è nell’area sudorientale del paese, ma a Istanbul. E quindi, circa 10 anni fa, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan ha cominciato a spostarsi dalla posizione secessionista ala posizione di maggiori diritti in Turchia. E c’è stata una serie di tentativi di unire alla  sinistra turca, vari piccoli partiti di sinistra, per creare un partito ombrello che avrebbe combattuto per i diritti di tutti i tipi di persone – gay e lesbiche, donne, lavoratori e Curdi – all’interno della Turchia.  Il  partito più recente di questo genere è stato l’HDP (Partito Democratico del Popolo – Halkların Demokratik Partisi in turco) che ha fatto abbastanza bene in entrambe le elezioni del 2015 (ci sono state due elezioni parlamentari) e ha bloccato il tentativo di Erdogan di creare una forma presidenziale di governo. E, in un certo senso, la pressione interna da parte dell’HDP ha anche mandato tutto all’aria, per quanto riguarda il piano d’azione interno di Erdogan.

AMY GOODMAN: Sa, professore, che Joe Biden, il vice presidente era proprio là. Erdogan ha chiesto l’estradizione di Fethullah Gülen, che si trova a Poconos, in Pennsylvania. Biden ha scritto un pezzo su un giornale turco e la rivista Foreign Policy ha detto che la Turchia ha ammesso di non aver fornito le prove che questa persona era dietro al tentato colpo di stato. Può spiegare, in generale, il significato di questo alle persone che non hanno mai sentito parlare di lui? Non si tratta soltanto del PKK in Turchia.

VIJAY PRASHAD: No. Penso che il PKK fornisca l’occasione al governo turco di perseguitare un gran numero di giornalisti perché molti di quelli che hanno preso sono persone di sinistra. Le purghe fatte nelle forze armate, nella magistratura, hanno preso di mira le persone con simpatie per il movimento di Gülen, o che ne avevano fatto parte.

Allora, quando Erdogan è andato al potere nel 2002, una delle grandi paure di questo tipo di movimento islamista è stata che avrebbero subito un colpo di stato da parte dei militari, che questi, in gran parte repubblicani, li avrebbero spodestati. E così, proprio dall’inizio, il partito AKP (Partito per la giustizia e lo sviluppo –  Adalet ve Kalkınma Partisi in turco), cioè il partito di Erdogan, è stato molto attento a non inimicarsi le forze armate. E in tutti i primi anni, i movimenti di Gülen ed Erdogan hanno collaborato per infilare i loro uomini nelle forze armate e nella magistratura. In un certo senso, questa è ora una lotta in famiglia, dato che proprio le persone che avevano infilato nelle forze armate e nella magistratura, ora,  naturalmente, si sono

rivoltate contro Erdogan che quindi le sta ora epurando dalle loro posizioni di una certa autorità. E’ vero quindi che i Gülenisti sono all’interno delle forze armate e della magistratura, ma vi erano stati messi essenzialmente per facilitare l’islamizzazione di queste istituzioni.

JUAN GONZÁLEZ: E il movimento di Gülen, in uno di bizzarri esempi di ciò che sta accadendo nel campo dell’istruzione negli Stati Uniti, gestisce la più vasta rete di charter schools * negli Stati Uniti. Hanno charter schools in tutto il paese, specialmente in Texas. E vi  stanno introducendo educatori turchi per farli venire negli Stati Uniti a lavorare in queste scuole. Ha qualche idea su questo, ha studiato questa novità?

VIJAY PRASHAD: No, ma ho letto delle cose in proposito. La caratteristica interessante, naturalmente, è che il movimento per le charter schools oppure questa spinta verso l’istituzione di scuole fondate su una fede religiosa negli Stati Uniti, è così strettamente collegata all’agenda, non solo in Turchia, ma anche in Pakistan e in vari altri posti. E si vede il lato negativo di questo: la promozione di una specie di mentalità teocratica, la promozione di una mancanza di apprezzamento della diversità di popolazioni, di minoranze, della scienza, cose così.  E quindi, naturalmente, gli Stati Uniti – sono contento che tu abbia sollevato l’argomento – in un certo senso non sono al di fuori di questo processo, ma ci sono dentro molto, non soltanto promuovendolo oltremare, ma, naturalmente dal Texas a New York. Non  è soltanto il Texas, Juan. Ci piace pensare al Texas come a una specie di bastione dei talebani americani, ma questa talebanizzazione americana sta avvenendo dappertutto.

AMY GOODMAN: Vorrei spostarmi dalla Turchia all’Arabia Saudita. Mentre Joe Biden andava in Turchia, il Segretario di Stato John Kerry andava in Arabia Saudita. Mi parla dell’Arabia Saudita, di che cosa sta accadendo oggi, e del ruolo degli Stati Uniti in Arabia Saudita.

VIJAY PRASHAD: Ebbene, credo che questo sia realmente l’incontro  più importante, come lo è anche la visita di Kerry in Arabia Saudita prima di incontrare Lavrov a Ginevra. E il motivo per cui dico questo, è che i russi, gli iraniani e gli americani ora sono arrivati a capire che il processo in Siria non può iniziare con la richiesta che Assad se ne deve andare. E lo dico perché nelle due settimane passate la Turchia è arrivata ad avere lo stesso punto di vista. L’attuale primo ministro turco ha detto molto chiaramente che non chiedono più, come precondizione per il processo di pace, che Assad se ne vada, ma che può restare, per un periodo di transizione.

L’unica potenza nella regione tra le cosiddette potenze “soggioganti” della regione, che non ha accettato questo punto di vista, è l’Arabia Saudita e, in qualche misura, i suoi alleati del Golfo Arabo. L’Arabia Saudita sta combattendo una guerra straordinariamente brutale in Yemen. La conduce con ostinazione. Non ha avuto successi, malgrado il fatto che sta bombardando lo Yemen da oltre un anno. E, naturalmente, il governo degli Stati Uniti ha continuato a rifornire l’Arabia Saudita in tutto questo periodo. E quindi Kerry…

AMY GOODMAN: è impegnato con l’Arabia Saudita nella più grande vendita di armi nella storia degli Stati Uniti.

VIJAY PRASHAD: Precisamente. La più grossa vendita di armi che Obama ha giustificato in base a motivi economici, che ho pensato fosse una cosa di pessimo gusto. Nella sua dichiarazione, ha detto, o forse lo ha fatto un suo delegato, o un suo portavoce, che questa è la più grossa vendita di armi di cui benefici la maggior parte degli stati negli USA, perché avranno pezzettini e pezzi di produzione.

La cosa importante che voglio proprio dire è che per Kerry è importante essere in Arabia Saudita perché una delle  situazioni su cui  è necessario facciano pressione è che ora l’Arabia Saudita deve adottare l’idea che è necessario che in Siria ci sia un lungo processo di transizione. Non possono domandare, come precondizione,  che Assad se ne vada. Tutti lo hanno accettato, tranne l’Arabia Saudita.

AMY GOODMAN: E che cosa significano le elezioni americane rispetto a ciò che accade ora?

VIJAY PRASHAD: Bene, si può capire dai servizi giornalistici che, in termini nazionali, c’è una grande differenza tra Donald Trump e Hillary Clinton. Trump non soltanto è stato assorbito dai nazionalisti bianchi, ma egli stesso sembra uno di loro.

Vista, però, dal resto del mondo, la differenza è minima. Sai, abbiamo Donald Trump, che per vari aspetti è imprevedibile. Dio sa che cosa farà una volta che diventa presidente. Guiderà un partito…

AMY GOODMAN: Lei pensa che Dio sa quello che farà Trump, quando…

VIJAY PRASHAD: Sì, Penso che Dio sappia quello che farà Trump. Voglio dire, che se il Partito Repubblicano era al punto che Ted Cruz aveva detto che gli sarebbe

piaciuto bombardare la Siria, vedere, praticamente, il deserto colpito da radiazioni nucleari, se il Partito Repubblicano può considerare normale, razionale, una persona del genere, allora Dio ci aiuti se i Repubblicani saranno responsabili della situazione.

Consideriamo, invece, il caso di Hillary Clinton. Ecco una persona che ha realmente spinto Obama ad affrontare l’operazione in Libia. Sai che Obama era riluttante a entrare nell’operazione in Libia. I francesi  erano entusiasti della cosa. E Hillary Clinton ha portato avanti l’accusa contro la Libia. Secondo me, questo dimostra una pericolosa, profonda tendenza a intraprendere guerre oltremare, fregandosene delle conseguenze. Penso perciò che se si guarda a questo da fuori gli Stati Uniti, c’è un motivo reale di essere terrorizzati che chiunque diventi presidente, come si è espressa Medea Benjamin in un’intervista che mi ha fatto, chiunque ottenga la presidenza, ci sarà un falco alla Casa Bianca.

AMY GOODMAN: Molto brevemente, anche se voglio parlarne, lei ha scritto di recente sul Kashmir, dicendo: “Violenza mortale esplode in uno dei punti caldi più pericolosi del pianeta.”

VIJAY PRASHAD: Sai, Amy, se diventassimo politologi, potremmo chiederci: “Quale deve essere  la proporzione delle forze di sicurezza rispetto alla popolazione, per poter chiamare qualcosa “occupazione”? Nel Kashmir per ogni sette civili c’è un ufficiale dell’esercito o un membro del personale dell’esercito. Questo significa sette a uno. Sette civili, e una persona dell’esercito. Se questa non è un occupazione, che cos’altro è? Voglio dire che è necessario che l’élite indiana che governa accetti il fatto che non si può avere una politica quando c’è una presenza militare così enorme nel Kashmir. Ed è inutile parlare dei dettagli di questo fatto, Amy, fino a quando non sia preso in considerazione e non venga discusso seriamente.

AMY GOODMAN: E che cosa dovrebbero capire le persone che non seguono affatto [gli eventi] nel Kasmir?

VIJAY PRASHAD: Ebbene, sai, anche il Kasmir è una società divisa. C’è la Valle del Kashmir dove si sperimenta il più profondo risentimento conto il governo indiano,  dove si svolgono le principali dimostrazioni. C’è, però, anche l’area di Jammu che è una zona complicata dove c’è molto meno risentimento politico contro il governo indiano. Quindi anche lo stesso Kashmir è diviso, Jammu e il Kashmir sono uno stato diviso. C’è una politica divisa. E’ necessario che il governo indiano abbia un dialogo appropriato e completo con le varie parti, verso la comprensione di che cosa dovrebbe essere il futuro. Dovrebbe essere una specie di condominio creato tra India e Pakistan per il Kashmir? Il futuro dovrebbe essere una situazione in cui ci sono più diritti per le persone? Dovrebbe essere l’allontanamento dell’esercito indiano con la sua enorme presenza? E’ necessario che sia un processo politico. Non c’è una formula facile.

*http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2008/5/21/IL-CASO-L-esempio-virtuoso-delle-charter-school-americane-scuola-di-qualita-ma-non-per-sole-elites/2207/

Nella foto: la scrittrice Asli Erdoğan

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/turkeys-offensive-against-isis-press-crackdown-is-really-just-war-on-kurds

Originale: Democracy Now

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0