Ciao Luigi, son d'accordo. Non a caso ho messo l'accento sul
        Manifesto. La loro doppia linea sfiora l'incredibile, strano
        diano ancora spazio all'ottimo Dinucci, uno che non accetta
        compromessi e che può essere 'catalogato', se ci sono necessità
        schematiche, nella categoria sinistra radicale. Ma non serve
        inquadramento, basterebbe l'onestà intelettuale di dire di
        vedere la realtà, come fa Dinucci e pure con le sue proprie
        limitazioni di ruolo il sovrano cattolico. Ed è ciò che non fa
        il Manifesto, preferendo l'ambiguità piuttosto che ammettere la
        sua scelta di doppia linea e i madornali 'errori' passati e
        presenti, uno tra tutti la denigrazione sistematica 'a priori'
        del lavoro politico di M5S pur di non far danno al tanto
        amato-odiato, nonchè sostenitore, PD,tanto per capirci. 
      
      Allego qui sotto lultimo Dinucci. 
      
      Saluti, Jure
      
      
      Oggetto: Libia, la grande
            spartizione  
           
       Libia, la grande spartizione  
            Petrolio, immense
              riserve d’acqua, miliardi di fondi sovrani. Il bottino
              sotto le bombe
               
              Manlio Dinucci
                 
       «L'Italia valuta positivamente le
              operazioni aeree avviate oggi dagli Stati uniti su alcuni
              obiettivi di Daesh a Sirte. Esse avvengono su richiesta
              del Governo di Unità Nazionale, a sostegno delle forze
              fedeli al Governo, nel comune obiettivo di contribuire a
              ristabilire la pace e la sicurezza in Libia»: questo il
              comunicato diffuso della Farnesina il 1° agosto.  
              
              Alla «pace e sicurezza in Libia» ci stanno pensando a
              Washington, Parigi, Londra e Roma gli stessi che, dopo
              aver destabilizzato e frantumato con la guerra lo Stato
              libico, vanno a raccogliere i cocci con la «missione di
              assistenza internazionale alla Libia». L’idea che hanno
              traspare attraverso autorevoli voci. Paolo Scaroni, che a
              capo dell’Eni ha manovrato in Libia tra fazioni e
              mercenari ed è oggi vicepresidente della Banca Rothschild,
              ha dichiarato al Corriere della Sera che «occorre
              finirla con la finzione della Libia», «paese inventato»
              dal colonialismo italiano. Si deve «favorire la nascita di
              un governo in Tripolitania, che faccia appello a forze
              straniere che lo aiutino a stare in piedi», spingendo
              Cirenaica e Fezzan a creare propri governi regionali,
              eventualmente con l’obiettivo di federarsi nel lungo
              periodo. Intanto «ognuno gestirebbe le sue fonti
              energetiche», presenti in Tripolitania e Cirenaica. 
              
              È la vecchia politica del colonialismo ottocentesco,
              aggiornata in funzione neocoloniale dalla strategia
              Usa/Nato, che ha demolito interi Stati nazionali
              (Jugoslavia, Libia) e frazionato altri (Iraq, Siria), per
              controllare i loro territori e le loro risorse. La Libia
              possiede quasi il 40% del petrolio africano, prezioso per
              l’alta qualità e il basso costo di estrazione, e grosse
              riserve di gas naturale, dal cui sfruttamento le
              multinazionali statunitensi ed europee possono ricavare
              oggi profitti di gran lunga superiori a quelli che
              ottenevano prima dallo Stato libico. Per di più,
              eliminando lo Stato nazionale e trattando separatamente
              con gruppi al potere in Tripolitania e Cirenaica, possono
              ottenere la privatizzazione delle riserve energetiche
              statali e quindi il loro diretto controllo.  
              
              Oltre che dell’oro nero, le multinazionali statunitensi ed
              europee vogliono impadronirsi dell’oro bianco: l’immensa
              riserva di acqua fossile della falda nubiana, che si
              estende sotto Libia, Egitto, Sudan e Ciad. Quali
              possibilità essa offra lo aveva dimostrato lo Stato
              libico, costruendo acquedotti che trasportavano acqua
              potabile e per l’irrigazione, milioni di metri cubi al
              giorno estratti da 1300 pozzi nel deserto, per 1600 km
               fino alle città costiere, rendendo fertili terre
              desertiche. 
              
              Agli odierni raid aerei Usa in Libia partecipano sia
              cacciabombardieri che decollano da portaerei nel
              Mediterraneo e probabilmente da basi in Giordania, sia
              droni Predator armati di missili Hellfire che decollano da
              Sigonella. Recitando la parte di Stato sovrano, il governo
              Renzi «autorizza caso per caso» la partenza di droni
              armati Usa da Sigonella, mentre il ministro degli esteri
              Gentiloni precisa che «l'utilizzo delle basi non richiede
              una specifica comunicazione al parlamento», assicurando
              che ciò «non è preludio a un intervento militare» in
              Libia. Quando in realtà l’intervento è già iniziato: forze
              speciali statunitensi, britanniche e francesi – confermano
              il Telegraph e Le Monde – operano da tempo
              segretamente in Libia per sostenere «il governo di unità
              nazionale del premier Sarraj». 
              
              Sbarcando prima o poi ufficialmente in Libia con la
              motivazione di liberarla dalla presenza dell’Isis, gli Usa
              e le maggiori potenze europee possono anche riaprire le
              loro basi militari, chiuse da Gheddafi nel 1970, in una
              importante posizione geostrategica all’intersezione tra
              Mediterraneo, Africa e Medio Oriente. Infine, con la
              «missione di assistenza alla Libia», gli Usa e le maggiori
              potenze europee si spartiscono il bottino della più grande
              rapina del secolo: 150 miliardi di dollari di fondi
              sovrani libici confiscati nel 2011, che potrebbero
              quadruplicarsi se l’export energetico libico tornasse ai
              livelli precedenti. 
              
              Parte dei fondi sovrani, all’epoca di Gheddafi, venne
               investita per creare una moneta e organismi finanziari
              autonomi dell’Unione Africana. Usa e Francia – provano le
              mail di Hillary Clinton – decisero di bloccare «il piano
              di Gheddafi di creare una moneta africana», in alternativa
              al dollaro e al franco Cfa. Fu Hillary Clinton – documenta
              il New York Times – a convincere Obama a rompere
              gli indugi. «Il Presidente firmò un documento segreto, che
              autorizzava una operazione coperta in Libia e la fornitura
              di armi ai ribelli», compresi gruppi fino a poco prima
              classificati come terroristi, mentre il Dipartimento di
              stato diretto dalla Clinton li riconosceva come «legittimo
              governo della Libia». Contemporaneamente la Nato sotto
              comando Usa effettuava l’attacco aeronavale con decine di
              migliaia di bombe e missili, smantellando lo Stato libico,
              attaccato allo stesso tempo dall’interno con forze
              speciali anche del Qatar (grande amico dell’Italia). Il
              conseguente disastro sociale, che ha fatto più vittime
              della guerra stessa soprattutto tra i migranti, ha aperto
              la strada alla riconquista e spartizione della Libia. 
               
              (il manifesto, 3 agosto 2016)
            
            
          Sullo
              stesso argomento vedi La notizia su Pandora TV http://www.pandoratv.it/?p=7166
      
      Il 04/08/2016 21:16, Luigi Guasco
        (via disarmo Mailing List) ha scritto:
      
      
        Ciao Jure,neanche un ingenuo come mè si apetta un
          Papa antisistema(pero ne vede benissimo la crisi);mi limito a
          constatare come riconosca la guerra(mondiale) e la sua natura
          "imperialista",e anche se non cita il termine non ci vuole
          molto per capire che e proprio quello che intende;quello che
          non voglio fare passare sotto silenzio e" l'ostinata
          rimozione"dei liberal-radical della ex sinistra;come mai la
          negano?:nonostante la mia ingenuità sono consapevole che in
          una guerra mondiale nessuno è neutrale,nessuno lo può
          essere;infatti nessuno lo è!.
          
Una volta che si ammette che c'è,bisogna anche dire da
            che parte si sta:dalla parte di quella umanità,che ha tutto
            il diritto di usare le proprie risorse per emanciparsi?;o
            dalla parte della NATO?.
          Smascherare i pacifinti non mi sembra un esercizio
            inutile.
          pace bene a tutti   
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