L’arte
della guerra
Ttip, la «Nato economica»
Manlio
Dinucci
Cittadini, enti locali, parlamenti, governi, interi Stati
esautorati dalle scelte economiche, messe nelle mani di
organismi controllati da multinazionali e gruppi
finanziari, violando i diritti dei
lavoratori, la tutela dell’ambiente e la sicurezza
alimentare, demolendo servizi pubblici e beni
comuni: per tali ragioni, espresse dalla Campagna Stop
Ttip promotrice della manifestazione del 7 maggio a Roma,
va respinto il «Partenariato transatlantico su commercio e
investimenti» (Ttip), negoziato segretamente tra Usa e Ue.
A tali ragioni se ne aggiungono altre, di cui poco o
niente si parla: quelle di carattere geopolitico e
geostrategico, che rivelano un progetto molto più ampio e
minaccioso.
L’ambasciatore Usa presso la Ue, Anthony Gardner, insiste
che «vi sono essenziali ragioni geostrategiche per
concludere l’accordo».
Quali siano lo dice lo U.S. National Intelligence Council:
esso prevede che «in seguito al declino dell’Occidente e
l’ascesa dell’Asia, entro il 2030 gli Stati in via di
sviluppo sorpasseranno quelli sviluppati».
Per questo Hillary Clinton definisce il partenariato
Usa-Ue «maggiore scopo strategico della nostra alleanza
transatlantica», prospettando una «Nato economica» che
integri quella politica e militare.
Il progetto di Washington è chiaro: portare la Nato a un
livello superiore, creando un blocco politico, economico e
militare Usa-Ue, sempre sotto comando statunitense, che –
con Israele, monarchie del Golfo e altri – si contrapponga
all’area eurasiatica in ascesa, basata sulla cooperazione
tra Russia e Cina, ai Brics, all’Iran e a qualunque altro
paese si sottragga al dominio dell’Occidente.
Il primo passo per realizzare tale progetto è stato quello
di creare una frattura tra Unione europea e Russia.
Nel luglio 2013 si aprono a Washington i negoziati per il
Ttip, che stentano a procedere per contrasti di interesse
tra gli Usa e le maggiori potenze europee, alle quali la
Russia offre vantaggiosi accordi commerciali.
Sei mesi dopo, nel gennaio/febbraio 2014, il putsch di
piazza Maidan sotto regia Usa/Nato innesca la reazione a
catena (attacchi ai russi di Ucraina, distacco della
Crimea e sua adesione alla Russia, sanzioni e
controsanzioni), ricreando in Europa un clima da guerra
fredda.
Contemporaneamente, i paesi della Ue vengono messi sotto
pressione dai flussi migratori provocati dalle guerre
Usa/Nato (Libia, Siria), cui essi hanno partecipato, e da
attacchi terroristici firmati dall’Isis (creatura delle
stesse guerre).
In questa Europa divisa da «muri di contenimento» dei
flussi migratori, in cui si diffonde la psicosi da stato
di assedio, gli Usa lanciano la più grande operazione
militare dalla fine della guerra fredda, schierando a
ridosso della Russia cacciabombardieri e navi da guerra a
capacità nucleare.
La Nato sotto comando Usa, di cui fanno parte 22 dei 28
paesi Ue, intensifica le esercitazioni militari (oltre 300
nel 2015) soprattutto sul fronte orientale.
Lancia allo stesso tempo, con unità aeree e forze
speciali, operazioni militari in Libia, Siria e altri
paesi del fronte meridionale, connesso con quello
orientale.
Tutto ciò favorisce il progetto di Washington di creare un
blocco politico, economico e militare Usa-Ue. Progetto
che ha l’incondizionato consenso dell’Italia, oltre dei
paesi dell’Est legati più agli Usa che alla Ue.
Le maggiori potenze, in particolare Francia e Germania,
stanno ancora contrattando. Intanto però si stanno
integrando sempre più nella Nato.
Il Parlamento francese ha adottato il 7 aprile un
Protocollo che autorizza l’installazione sul proprio
territorio di comandi e basi Nato, installazione che la
Francia aveva rifiutato nel 1966.
La Germania – riporta der Spiegel – è disponibile
a inviare truppe in Lituania per rafforzare lo
schieramento Nato nei paesi baltici a ridosso della
Russia.
La Germania – riporta sempre der Spiegel – si
prepara anche a installare una base aerea in Turchia, dove
già operano Tornado tedeschi ufficialmente in funzione
anti-Isis, rafforzando lo schieramento Nato in quest’area
di primaria importanza strategica.
La crescente integrazione di Francia e Germania nella
Nato, sotto comando Usa, indica che sulle divergenze di
interessi (in particolare sulle costose sanzioni alla
Russia) stanno prevalendo le «ragioni geostrategiche» del
Ttip.
(il manifesto, 3 maggio 2016)
----------------
Sullo stesso argomento vedi La notizia su
Pandora TV http://www.pandoratv.it/?p=7630
G. Ellero