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[Disarmo] Commemorazione dell’articolo 11
- Subject: [Disarmo] Commemorazione dell’articolo 11
- From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
- Date: Tue, 19 Jan 2016 18:33:33 +0100 (CET)
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19 Gennaio 2016
«Si demolisce un pilastro fondamentale della Repubblica italiana, per
mano dei governi di ogni tinta e con la complicità di un parlamento
che, in stragrande maggioranza, acconsente o resta inerte. L’Italia,
sempre sotto comando Usa direttamente, passa di guerra in guerra». Il manifesto, 19 gennaio 2016 (m.p.r.)
Nel settembre 1990, su decisione del sesto governo Andreotti, l’Italia
invia nella base di Al Dhafra negli Emirati Arabi Uniti una componente
aerea di cacciabombardieri Tornado. Nella notte tra il 17 e il 18
gennaio 1991, 8 Tornado italiani decollano per bombardare obiettivi
iracheni stabiliti dal comando Usa, in quella che l’Aeronautica ricorda
ufficialmente come «la prima missione di guerra compiuta
dall’Aeronautica italiana, 46 anni dopo la fine della Seconda guerra
mondiale». A questa missione (durante la quale un Tornado viene
abbattuto e i due piloti fatti prigionieri) seguono altre missioni di
bombardamento sempre sotto comando Usa, per complessive 226 sortite,
tutte «coronate da pieno successo». Si aggiungono 244 missioni italiane
di velivoli da trasporto e 384 di velivoli da ricognizione, «operanti in
Turchia nel quadro della Ace Mobile Force Nato» (a conferma che la
Nato, pur senza intervenire ufficialmente, partecipa in realtà alla
guerra con sue forze e basi).
Questa «prima missione di guerra» è decisiva per il varo del «nuovo
modello di difesa» subito dopo la guerra del Golfo, sulla scia del
riorientamento strategico Usa/Nato. Nell’ottobre 1991 il Ministero della
difesa pubblica il rapporto «Modello di Difesa / Lineamenti di sviluppo
delle FF.AA. negli anni ’90». Il documento riconfigura la collocazione
dell’Italia, definendola «elemento centrale dell’area geostrategica che
si estende unitariamente dallo Stretto di Gibilterra fino al Mar Nero,
collegandosi, attraverso Suez, col Mar Rosso, il Corno d’Africa e il
Golfo Persico». Stabilisce quindi che «gli obiettivi permanenti della
politica di sicurezza italiana si configurano nella tutela degli
interessi nazionali, nell’accezione più vasta di tali termini, ovunque
sia necessario», in particolare di quegli interessi che «incidono sul
sistema economico e sullo sviluppo del sistema produttivo».
Il «nuovo modello di difesa» passa quindi da un governo all’altro, senza
che il parlamento lo discuta mai in quanto tale. Nel 1993 - mentre
l’Italia partecipa all’operazione militare lanciata dagli Usa in
Somalia, e al governo Amato subentra quello Ciampi - lo Stato maggiore
della difesa dichiara che «occorre essere pronti a proiettarsi a lungo
raggio» per difendere ovunque gli «interessi vitali». Nel 1995, durante
il governo Dini, afferma che «la funzione delle forze armate trascende
lo stretto ambito militare per assurgere a misura dello status del paese
nel contesto internazionale». Nel 1996, durante il governo Prodi, si
ribadisce che «la politica della difesa è strumento della politica
estera». Nel 2005, durante il governo Berlusconi, si precisa che le
forze armate devono «salvaguardare gli interessi del paese nelle aree di
interesse strategico», le quali comprendono, oltre alle aree Nato e Ue,
i Balcani, l’Europa orientale, il Caucaso, l’Africa settentrionale, il
Corno d’Africa, il Medio Oriente e il Golfo Persico.
Attraverso questi e successivi passaggi, si demolisce un pilastro
fondamentale della Repubblica italiana, per mano dei governi di ogni
tinta e con la complicità di un parlamento che, in stragrande
maggioranza, acconsente o resta inerte. Mentre l’Italia, sempre sotto
comando Usa direttamente o nel quadro Nato, passa di guerra in guerra.
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