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[Disarmo] Benzina sul cessate il fuoco
- Subject: [Disarmo] Benzina sul cessate il fuoco
- From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
- Date: Tue, 22 Dec 2015 21:31:09 +0100 (CET)
- Reply-to: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
Lo stesso giorno in cui il Consiglio di sicurezza dell’Onu varava la «road
map per la pace» in Siria e Medio Oriente, la Germania annunciava la consegna a
Israele del quinto sottomarino da attacco nucleare
Manlio Dinucci
La Risoluzione 2254 sulla Siria, approvata all’unanimità dal Consiglio di
sicurezza dell’Onu, sottolinea «lo stretto legame tra un cessate il fuoco e un
parallelo processo politico». Disinnescando il conflitto, ciò favorirebbe un
allentamento delle tensioni in Medio Oriente.
C’è però un problema: sui cinque membri permanenti del Consiglio di
sicurezza, tre – Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna – sono quelli che hanno
più pesantemente violato «la sovranità e integrità territoriale della
Repubblica Araba di Siria», che nella risoluzione dicono di «sostenere
fortemente». Quelli che hanno organizzato «il crescente afflusso di terroristi
in Siria», per il quale nella risoluzione «esprimono la più grave
preoccupazione».
Il «cessate il fuoco» dipende quindi soprattutto da queste tre potenze della
Nato e dalla Turchia, avamposto della guerra coperta contro la Siria, e dagli
altri membri dell’Alleanza a partire dalla Germania. Dipende anche da un’altra
potenza, Israele, che ha le mani in pasta in questa e altre guerre. Quali sono
le loro intenzioni? Più delle parole valgono i fatti.
Il 18 dicembre, il giorno stesso in cui il Consiglio di sicurezza varava la
«road map per la pace» in Siria, la Nato annunciava l’invio di navi da guerra
tedesche e danesi e aerei radar Awacs in Turchia per rafforzare le sue «difese
al confine con la Siria», mossa diretta in realtà contro la Russia il cui
intervento contro l’Isis sta cambiando l’esito della guerra a favore di
Damasco.
E il giorno dopo la Nato annunciava che è pronto il primo dei droni Global
Hawk che saranno schierati a Sigonella, insieme a quelli Usa, per la
«sorveglianza terrestre», ossia per lo spionaggio nei paesi inquadrati nel
mirino strategico Usa/Nato.
Sempre lo stesso giorno in cui il Consiglio di sicurezza varava la «road map
per la pace» in Medio Oriente, la Germania annunciava la consegna a Israele del
quinto sottomarino da attacco nucleare. Come documenta Der Spiegel, sono
Dolphin modificati per il lancio di missili cruise nucleari, i Popeye Turbo con
raggio di 1500 km, derivati da quelli statunitensi. Con il nuovo sottomarino
ribattezzato Rahav (Poseidone) – il cui costo supera i 2 miliardi di dollari,
un terzo dei quali finanziato dal governo tedesco – Israele rafforza la sua
posizione di unica potenza nucleare della regione, mentre l’Iran (che a
differenza di Israele aderisce al Trattato di non-proliferazione) rinuncia alle
armi nucleari e la Siria consegna le armi chimiche costruite quale deterrente
contro quelle nucleari di Israele.
Il 19 dicembre, il giorno dopo che il Consiglio di sicurezza aveva
riaffermato «la sovranità e integrità territoriale» della Siria, Israele
distruggeva a Damasco un intero palazzo con missili lanciati da due caccia,
assassinando (insieme a diversi civili) il militante libanese Samir Kuntar:
dopo 30 anni di carcere in Israele per aver combattuto per l’indipendenza del
Libano e della Palestina, rilasciato in uno scambio nel 2008, aveva aderito
agli Hezbollah andando a combattere l’Isis e per questo era stato iscritto da
Washington nella lista dei «terroristi globali».
Contemporaneamente la Francia, sostenitrice al Consiglio di sicurezza del
cessate il fuoco in Siria, annunciava di aver ricevuto l’acconto sui 7 miliardi
di dollari per la fornitura di 24 cacciabombardieri Rafale al Qatar: il regime
che ha alimentato, anche con commandos infiltrati, la guerra in Siria dopo
quella che ha demolito la Libia. Insieme all’Arabia Saudita che, dopo aver
finanziato con miliardi di dollari l’Isis e altri gruppi terroristi, partecipa
alla coalizione a guida Usa «contro l’Isis» e ha promosso una «coalizione
islamica anti-terrorismo».
(il manifesto, 22 dicembre 2015)
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