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[Disarmo] Una guerra al contrario
- Subject: [Disarmo] Una guerra al contrario
- From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
- Date: Wed, 9 Dec 2015 17:32:53 +0100 (CET)
- Reply-to: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
Petrolio in calo, la guerra al contrario dell'oro nero. Le mosse dei sauditi per fermare Usa, Russia e Iran Il nuovo record negativo del prezzo del petrolio quasi non sorprende più. Ma la flessione dei prezzi dell'oro nero da molto tempo ormai ha ben poco a che vedere con le naturali dinamiche di mercato di equilibrio di domanda e dell'offerta. Dietro la flessione dei prezzi c'è prevalentemente la regia di un Paese, l'Arabia Saudita, che da principale produttore mondiale di greggio, cerca di utilizzare l'arma dei prezzi per combattere una guerra economica più grande, che si intreccia con le tensioni geopolitiche che scuotono tutto il Medio-Oriente. Per descrivere il complesso quadro attuale Il Sole 24 Ore, con un'analisi di Alberto Negri, utilizza la definizione di "guerra al contrario". Più il conflitto in Medio Oriente si fa distruttivo più il prezzo scende. Un tempo bastava l'accenno di un conflitto per alzare le quotazioni e rimpinguare le casse dei Paesi produttori. Ma è un paradosso apparente. Oggi l'arma del petrolio si è rovesciata: l'Arabia Saudita ha fatto saltare l'Opec e le quote del tetto produttivo per mettere al tappeto l'Iran, la Russia e fronteggiare l'ascesa dello shale oil americano Parte della storia è cosa nota. Riad da tempo utilizza una aggressiva strategia per stroncare i propri competitor e in particolare gli Stati Uniti, abbassando i prezzi al punto da non rendere più conveniente l'estrazione dell'olio di scisto. Secondo alcuni analisti - ricorda oggi la Stampa - questa attività ha bisogno di un prezzo intorno ai 70 dollari al barile per essere profittevole, tetto che ormai è stato superato al ribasso da molto tempo, senza che le attività statunitensi siano finite in ginocchio come sperato dai sauditi. E se l'Arabia Saudita spera con i prezzi bassi di arginare anche l'ingresso nel mercato dell'Iran, unico gigante dell'area in grado di contrastare l'egemonia nel Golfo dei sauditi, dall'altro la strategia adottata sta costando parecchio a Riad. Soltanto nel 2015 - scrive il Sole 24 Ore - con la guerra dei prezzi sono stati bruciati dal Paese 150 miliardi di dollari. Una ricchezza in fumo pur di abbattere i propri concorrenti e conservare la propria supremazia sull'oro nero. Sullo sfondo si muovono però domanda e offerta continuano comunque ad influenzare l'andamento dei prezzi. La prima da tempo resta debole, sulla scia di un'economia mondiale spinta da una ripresa ancora molto timida e da una riduzione generale dei consumi, anche negli Stati Uniti. Secondo gli analisti la domanda, seppur in maniera modesta, potrebbe recuperare, ma è il fronte dell'offerta che preoccupa di più. Con l'iperattività della Russia da una parte e il prossimo ritorno dell'Iran il rischio è che l'offerta cresca di più delle domanda, mantenendo stabilmente bassi i prezzi. Condizione che per l'Europa non rappresenta soltanto una buona notizia. Soprattutto per le aziende italiane. Come ha ricordato ieri l'ad di Eni Claudio Descalzi, spiegando che il rischio è che questo trend si traduca in un calo degli investimenti. E il basso prezzo del petrolio impensierisce tutta l'Eurozona. Ricorda Riccardo Sorrentino su Il Sole 24 Ore Non sarà dunque una situazione transitoria, e le economie dovranno imparare a convivere con il petrolio basso. Sarà un bene per i consumi - sono persino aumentate le vendite delle auto più grandi - meno per l'inflazione: la politica monetaria, soprattutto in Eurolandia, punta molto su un rialzo del prezzo del petrolio che potrebbe non verificarsi. http://www.huffingtonpost.it/2015/12/09/petrolio-calo-arabia-saud_n_8756220. html
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