È molto difficile trasmettere all’esterno il clima nel quale stiamo vivendo in Israele: la disintegrazione del tessuto democratico, la crescita galoppante del razzismo, nessun miglioramento all’orizzonte.
Il primo ministro Benyamin «Bibi» Netanyahu sembra ormai aver perso ogni remora. Non è la prima volta che i suoi aneddoti storici o filosofici provocano grande emozione, ma stavolta è peggio. In realtà, qui tutto ultimamente è un po’ peggio.
Pochi minuti fa, alla radio, un commentatore israeliano ha riferito che Netanyahu ricordava con nostalgia i giorni nei quali vedeva i soldati inglesi in Palestina; peccato che il premier sia nato nel 1949 dopo la partenza degli inglesi…Ha anche parlato di un «grande generale» che sarebbe stato ministro nel suo governo, però non era successo. A un rabbino, poi, ha detto che «quelli di sinistra hanno dimenticato di essere ebrei». Pochi mesi fa ha esortato gli elettori ad affrettarsi alle urne perché migliaia di arabi stavano andando ai seggi con i pullman…un pericolo evidente. Nel 1996, lo slogan era «Peres vuol dividere Gerusalemme, solo Netanyahu può fare il bene degli ebrei». E si potrebbe continuare a lungo.
In un governo normale e democratico, i ministri sono responsabili collegialmente; qui invece alcuni dei ministri partecipano a manifestazioni della destra per rendere più aggressiva la politica militar-poliziesca, estendere la colonizzazione dei territori occupati, punire intere famiglie, i parenti degli accusati di terrorismo.
Si violano le più elementari regole della democrazia, ogni giorno si aggiungono nuovi progetti di leggi puntive, la discriminazione è brutale, la repressione aumenta, i muri e i posti di blocco a Gerusalemme fanno diventare la vita dei palestinesi un inferno quotidiano.
Un nero? È sospetto, meglio sparargli, poi linciarlo. Una donna con abiti islamici? È sospetta, nel migliore dei casi possono arrestarla o comunque farla scendere dall’autobus che la portava a scuola. In altri casi le possono sparare, ferendola o uccidendola…tanto, dopo la morte, tutte le vittime delle «forze dell’ordine» diventano terroristi che volevano attaccare i soldati, o la polizia, o l’ombra di un israeliano.
Hitler? In fondo il politico tedesco si lasciò convincere dal muftì di Gerusalemme che bisognava cremare gli ebrei. Il milione di ebrei uccisi ben prima non è così importante per la storia di Benyamin Netanyahu, il quale dimostra ora in modo matematico quali siano per lui le radici del terrorismo palestinese. In fondo, per il governo, ogni palestinese si alimenta dell’eredità dottrinaria del Muftì – il quale era una persona realmente da condannare, che andò da Hitler per essere aiutato a creare un’entità araba a spese degli inglesi. Ma anche il defunto premier israeliano Itzak Shamir, che era un «terrorista-combattente per l’indipendenza», cercò di stabilire durante la Seconda guerra mondiale contatti con il console tedesco a Istanbul per spiegare come anche loro fossero contro gli inglesi.
Chi ricorda Ahmadinejad in Iran? Era il nuovo Hitler. Adesso, i giovani e i bambini palestinesi che per disperazione si incamminano sulla strada della violenza e del terrore sono i continuatori del Mufti. Basta prendersela con Hitler. Spariamo contro tutti i terroristi: li ha creati il muftì.