[Disarmo] Il 5 luglio anche noi, insieme ai greci, votiamo NO all'austerità



Appello  - ref. Alfonso Navarra - Fermiamo chi scherza col Fuoco atomico (www.osmdpn.it - locosm at tin.it)

Il 5 luglio anche noi, insieme ai greci, votiamo NO all'austerità

Pratichiamo l'obiezione contro la dittatura delle banche!

 

E' in gioco il futuro dell'Europa e di tutte le cittadine e i cittadini europei il 5 luglio con il referendum che è stato indetto in Grecia dal governo di Syriza sulle proposte dei "creditori": l'ultimo piano - quello del 25 maggio 2015 - per il rientro dall'imbroglio del cosiddetto "salvataggio" nei confronti dello Stato greco.

E' bene parlare di "imbroglio" perché in realtà sulla stessa stampa confindustriale possiamo apprendere che l'operazione di FMI, Commissione UE e BCE è stata sostanzialmente copertura da parte dei contribuenti europei (240 miliardi di cui 40 dall'Italia) per rilevare con denaro pubblico l'esposizione privata delle banche tedesche e francesi (soprattutto, le italiane per soli 10 miliardi). I loro prestiti hanno foraggiato grandi opere inutili, dissipazioni e tangenti collegate per il "magna magna" di una ristretta oligarchia ellenica. Si tratta quindi di un debito illegittimo su cui non esiste responsabilità da parte della massima parte del popolo greco e dell'attuale governo. Si pensi solo alle Olimpiadi preventivate per 1,5 miliardi di euro e che poi sono costate 30 miliardi!

Se una scelta coraggiosa del popolo greco farà vincere il NO all'austerità (non all'euro, come twitta Renzi) si aprono spazi per una comunità internazionale dei diritti, della democrazia, della giustizia sociale, della conversione ecologica, della pace.

Se la paura invece farà vincere il SI sarà purtroppo gioco-forza rassegnarsi al "commissariamento" della Grecia da parte degli eurocrati al servizio del complesso finanziario militare che potranno proseguire meglio nella tortura sociale praticata in questi anni, sfociata nella "crisi umanitaria" (disoccupazione, povertà, malattie, assenza di servizi pubblici) che i media non riescono a nasconderci.

L'1% degli straricchi, una classe globale, in questo caso nel suo settore europeo, con vari marchingegni istituzionali e finanziari, vuole prendersi tutto, con l'aiuto del 9% dei suoi maggiordomi ricchi, lasciando il resto della popolazione nella migliore delle ipotesi a stecchetto, marchiata dallo stigma dell'indebitamento, fino allo "scarto" dell'esclusione.

Stiamo parlando anche delle famose "regole" europee (i parametri deficit e debito PIL, il fiscal compact, statuto e ruolo della BCE, etc.) che stanno ammazzando i greci e che stanno strozzando tutti noi del 90% in tutti i Paesi europei, ma in special modo quelli conosciuti sotto l'acronimo PIIGS.

La scadenza quindi ci riguarda, da cittadini che dobbiamo interessarci di politica in senso autentico, come ricerca del benessere comune e contrasto delle ingiustizie che non possono passare impunite.

Dobbiamo e possiamo intervenire, fare sentire la nostra voce, esprimere la nostra volontà: e non soltanto attraverso i tradizionali strumenti delle manifestazioni nelle piazze fisiche o quelli più recenti delle piazze telematiche.

L'euro ha un futuro solo se viene separato dall'"austerità": e questo vale anche per l'Unione Europea.

Abbiamo bisogno di uno strumento politico per arginare il "dominio della finanza globale" (citazione di Papa Francesco), non certamente di una macchina al servizio della "dittatura finanziaria" (citazione di Stéphane Hessel).

A questo scopo possiamo, per esempio, anche qui dall'Italia, lanciare un segnale forte alle Troike, alle banche ed agli speculatori, ai partiti-sgherri dell'usura internazionale (quelli che qui ci hanno beneficato, si fa per dire, con oltre 2.100 miliardi di debito pubblico, oltre 70.000 euro a persona, includendo i neonati).

Possiamo praticare e diffondere alcune vie, con diverso grado di radicalità, ma tutte utili, di protesta e proposta contro l'attuale assetto del sistema finanziario e bancario, la vera controparte che dobbiamo individuare e - democraticamente - colpire, se non vogliamo cadere nel gioco di "prendiamocela con il più debole che è più facile":

1- chiudere comunque i nostri conti presso le grandi banche francesi e tedesche;

2 - spostare e depositare i risparmi dalle banche italiane (spesso "armate") presso le Poste;

3- diventare clienti di "Banca Etica" o di altre istituzioni finanziarie alternative;

4 - costruire cooperative finanziarie autogestite.

Possiamo meditare e prendere queste decisioni pratiche di "obiezione bancaria"; e motivarle con un significato politico collettivo comunicando, sotto il titolo: "Imbroglio greco, ridateci i nostri soldi!", un messaggio via mail al Presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker (alla URL: http://europa.eu/europedirect/write_to_us/index_en.htm); e per conoscenza alla Campagna OSM-DPN all'indirizzo: locosm at tin.it;

ESIGIAMO dalla Commissione Ue e dai governi europei che si diano da fare perché il maltolto sia restituito ai cittadini (e quindi, per cominciare sottratto dal computo dei debiti pubblici dei vari Stati).

La BCE, usando dei suoi nuovi poteri, oltre a stampare la moneta che serve allo scopo, deve inquisire le banche responsabili dell'"azzardo morale", destituendo i loro manager. Se entrano in area default dopo la bonifica si deve procedere alla loro pubblicizzazione!

Noi, cittadini e cittadine da tutta l'Europa, in sostanza abbiamo da ottenere quanto chiesto dalla petizione rinvenibile alla seguente URL: https://www.policat.org/validate/0001550132-45708129550

1- Una conferenza europea sull'annullamento del debito greco come di altri paesi europei, che sia fondata sull'analisi di commissioni di audit pubbliche e finanziata dal denaro recuperato dalle banche e dagli speculatori finanziari, reali beneficiari dei salvataggi

2- La fine dell'applicazione delle politiche di austerità che provocano ingiustizia e povertà in Europa e nel mondo intero

Con questo appello chiamiamo alla consapevolezza ed alla mobilitazione una cittadinanza europea che vuole vivere nella dignità del lavoro e del rispetto dei diritti fondamentali delle persone




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