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Amiche e amici, in questi giorni di successo del cosiddetto Stato Islamico e che pare abbia tanti soldi da comprarsi una bomba nucleare, e soprattutto per le immense sofferenze che ci sono stati dall’11 settembre del 2001 ad oggi, mi viene di diffondere questa riflessione che ho scritto all’epoca, a caldo.

Ciccio

 

11 settembre: onoriamo i morti, imparando la lezione

 

Tante e di diverso segno le analisi, le valutazioni e i giudizi sui tragici fatti dell'undici settembre duemila e uno, ma una considerazione a me pare incontrovertibile: quei fatti hanno mostrato che esistono al mondo delle persone e dei popoli che si sentono offesi ed umiliati dall'agire dei popoli e dei governi dell'Occidente identificato come il MALE da combattere anche col sacrificio della propria vita.

La cultura occidentale, la nostra cultura, pregna di tanti aspetti di cui siamo giustamente orgogliosi è risultata, nel corso della storia, più forte delle altre culture in generale ed in particolare sotto gli aspetti militare ed economico. Talmente più forte che abbiamo finito per ritenerci invulnerabili ed abbiamo pensato ed agito di conseguenza. E così le nostre ragioni sono diventate le ragioni de LA STORIA. La nostra storia è diventata LA STORIA dell'intera umanità. Abbiamo ritenuto arretrate le ragioni e le storie di altri popoli che potevano e dovevano trovare senso e significato solo e soltanto adeguandosi alle nostre ragioni e alla nostra storia. La nostra storia era LA STORIA dell'umanità e perciò stesso era IL PROGRESSO.

E poiché noi eravamo il PROGRESSO non potevamo pensare e neanche lontanamente immaginare che altri popoli potessero avere ragioni diverse dalle nostre e tali da poter risultare offese ed umiliate dall'affermazione delle nostre.

L'undici di settembre dell'anno duemila e uno, abbiamo dolorosamente scoperto che c'è chi si ritiene offeso ed umiliato dall'affermarsi delle nostre ragioni. A torto o a ragione: chi può stabilirlo? Non esiste un arbitro imparziale che può giudicare il torto o la ragione. Né la nostra ragione può più essere imposta perché siamo risultati vulnerabili, fortemente vulnerabili, proprio nei due punti di forza della nostra cultura.

Non ci resta che imparare la lezione e abbandonare la convinzione che le nostre ragioni sono le ragioni del PROGRESSO e della STORIA e cominciare a pensare e a lavorare ascoltando e rispettando le ragioni degli altri.

"E' in lotta il BENE contro il MALE". E' una frase che risente appieno del vecchio modo di pensare e porta all'eliminazione del nemico. Col MALE non si può venire a patti: va eliminato. Per contro chi è tacciato di essere il MALE vede l'altro come MALE e non può non agire che per la sua distruzione.

"Gli atti di terrorismo contro innocenti offendono la civiltà". Invece fare la guerra lanciando i missili o i proiettili ad uranio … è cosa civile?! E le donne e gli uomini e i bambini e i vecchi - la povera gente che vive del proprio lavoro - morti sotto i bombardamenti o a causa dell'embargo sono colpevoli?!

Chi ha le armi potenti dice che i conflitti vanno sanati con la guerra e chiama ciò agire civile. Chi non ha armi potenti ma li subisce attacca con azioni terroristiche e chiama ciò agire civile. Il terrorismo è l'arma di chi è debole militarmente. Per l'invulnerabile Achille dotato delle meravigliose armi forgiate dal dio Vulcano la regola era che lo scontro andava fatto faccia a faccia ed il povero Ettore ne pagò amaramente le conseguenze. Nessuno avrebbe potuto sconfiggerlo con quella regola. Un umile ed ignoto guerriero uccise Achille compiendo la vile azione terroristica di colpirlo al tallone.

Come brilla l'insegnamento del vecchio mito di Achille: "I potenti non si illudano di essere invulnerabili invincibili eterni". Ogni evento umano come ha un inizio così necessariamente ha una fine. Hanno avuto un inizio ed una fine la civiltà greca, l'impero romano, la civiltà feudale, l'impero britannico, il portoghese, lo spagnolo… e avrà una fine anche il capitalismo. Se non è riuscito a batterlo frontalmente il comunismo dell'URSS lo batterà la vile azione di un arabo o di un asiatico o di un negro o di… che lo colpirà al tallone. E chi verrà dopo il capitalismo considererà eroica e non vile quell'azione.

"Tutti uniti contro il terrorismo". Il terrorismo non è un soggetto, è uno strumento. E allora la frase vuol dire: "Togliamo al nostro nemico l'unica arma di cui dispone costringendolo al silenzio ed esonerandoci dall'ascoltare le sue ragioni". Se saremo capaci di farlo: bene! E andremo avanti per un altro pò. Ma chi si ritiene umiliato e offeso troverà, prima o poi, un altro modo di farsi sentire. L'imperativo allora deve essere: "Diamo al diverso da noi canali pacifici per esprimere le proprie ragioni costringendolo così ad abbandonare ogni idea di terrorismo".

Certo, i morti bruciano i nostri cuori. E abbiamo tutto il sacrosanto diritto di incazzarci forte. Brucia, forse ancora di più, la dinamica dell'azione in cui, per colpire e per mostrare, sono stati utilizzati i nostri stessi mezzi: è stato un portentoso colossale spettacolare pernacchio alla nostra sicumera. Mi viene da ricordare il film L'oro di Napoli di Vittorio De Sica e il pernacchio (da distinguersi dalla volgare pernacchia) di Eduardo De Filippo volto a beffeggiare l'arrogante, impudente e borioso nobilotto che sfrecciava con la sua automobile nei vicoli del quartiere incurante delle ragioni del popolino che in quei vicoli viveva e lavorava.

Ma abbiamo anche il sacrosanto diritto di meditare e ragionare. Onoreremo i morti imparando la lezione e prodigandoci perché non ci siano altri morti? La smetteremo di fare come i bambini paurosi che costruiscono mostri da abbattere? Saremo forti e adulti a sufficienza per ascoltare le ragioni dell'avversario? Saremo capaci di finalizzare la nostra forza militare ed economica non all'annientamento dell'avversario ma ad evitare che lui pensi al nostro annientamento? Non si tratta di essere buonisti ingenui canditi imprudenti incauti imprevidenti sempliciotti sciocchi ma di avere cura delle nostre ragioni senza affidarle ai fabbricanti di cannoni.

Qualche anno fa, una madre e un padre americani si sono visti assassinare, in Calabria, il loro bambino da parte di criminali della peggiore specie. Quella madre e quel padre non hanno preteso di farsi giustizia con le proprie mani, si sono affidati alla giustizia dello Stato italiano e hanno donato a bambini italiani gli organi del loro figlio assassinato da italiani.

Il loro è stato un comportamento proprio della cultura occidentale che risale al pensiero di filosofi quali Hobbes, Locke e da cui è scaturito la nascita dello Stato di diritto.

Io sono orgoglioso di questa cultura che mi espropria del diritto di vendicarmi dell'offesa subita per affidarlo alla giustizia dello Stato e alle sue leggi astratte e generali e che sono al di sopra dello stesso GIUDICE che le incarna.

Se qualcuno uccidesse la mia bambina andrei, sicuramente, fuori di testa e potrei cadere in uno stato di debolezza tale che, invece di trovare la forza per andare dal GIUDICE, andrei armato alla ricerca dell'assassino. Ma che probabilità avrei di ammazzarlo? Le sue probabilità e possibilità di ammazzarmi non sarebbero ben più alte? La polizia non garantisce di più?

Il rinunciare alla vendetta non è un impoverimento della individualità dei cittadini, bensì un arricchimento. La legge dello Stato elaborata con serenità e secondo le regole della democrazia contiene non solo la punizione del colpevole ma anche la considerazione delle sue debolezze e il suo recupero. Sentimenti che fanno parte della umanità di ognuno di noi e che potrebbero essere smarriti nello stato di forte emozione causato dal torto subito.

Questa è cultura occidentale!

Se siamo occidentali coerenti dobbiamo estendere ai rapporti tra gli Stati quanto è sancito tra i cittadini nei Paesi democratici. Bisogna che gli Stati, i più forti in primo luogo, trovino la forza di continuare con convinzione quello che avevano iniziato con la creazione dell'ONU: privarsi del diritto di farsi giustizia in proprio per affidarlo ad un ENTE SUPERIORE retto da leggi generali, astratte e democraticamente definite. Rinunziare alle guerre per affidarsi alle decisioni di TRIBUNALI  INTERNAZIONALI e ad operazioni di POLIZIA INTERNAZIONALE.

Per l'attentato dell'undici settembre gli Usa si sarebbero rivolti al TRIBUNALE dell'ENTE SUPERIORE che, in ottemperanza a regole certe e condivise, attraverso un pubblico dibattimento, avrebbe pronunciato una giusta sentenza e ordinato il perseguimento dei colpevoli con una operazione di POLIZIA INTERNAZIONALE.

Non c'è dubbio alcuno sul fatto che gli atti di terrorismo vanno prevenuti e, qualora avvengono, nettamente decisamente inequivocabilmente fermamente duramente rigorosamente indubbiamente indiscutibilmente recisamente deplorati e gli autori ricercati condannati e puniti. Il punto non è questo, ma chi e con quali regole ricerca, condanna e punisce i terroristi. In Calabria, due famiglie contrapposte, in ossequio ad una legge della 'ndrangheta, andarono avanti ad uccidersi a vicenda per decenni: ad ogni morto di una famiglia doveva corrispondere un morto dell'altra famiglia. E i ragazzini venivano cresciuti ed educati alla vendetta e i germi della faida inoculati col latte del biberon. Nei rapporti tra Stati siamo ancora all'era della faida!

Purtroppo su questa strada non si è andati avanti e può darsi che in questo momento non ci sia alternativa alle bombe americane e però dico che quanti affermano il diritto dello Stato americano di ricorrere alla guerra, danno per scontato una cosa che scontata non è: che l'America vinca e vinca presto. Un'altra cosa è invece scontata: miliardi di persone vivranno l'attacco americano non come la giusta risposta di uno STATO DI DIRITTO a un atto criminale, ma come una offesa grave, atroce e sanguinosa da vendicare prima o poi, in un modo o in un altro.

Abbandoniamo la convinzione che la nostra storia è LA STORIA, uniamola piuttosto a quella degli altri per costruire assieme la storia dell'umanità senza guerre.

Ma! L'uomo non ha sempre fatto le guerre? Perché dovrebbe smettere? È possibile una storia dell'umanità senza guerre? Ma! Non è neanche vietato provarci! E provarci non fa male, anzi fa sicuramente bene!

Ragusa, 17 settembre 2001                                                                      

Ciccio Schembari

 

Articolo pubblicato sul n. 64/2010 "Rivoluzione" della rivista ondine www.operaincerta.it

 




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