[Disarmo] il governo italiano incontra gli esigenti il disarmo nucleare



il governo italiano incontra gli esigenti il disarmo nucleare come diritto (lunedì 27 aprile)

Il delegato responsabile del Dipartimento del MAE (Ministero degli affari esteri) per gli affari politici e di sicurezza, Giovanni Brauzzi, in partenza per la Nona Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare (si sta aprendo a New York terminando il 22 maggio), "per consultazioni prima di intervenire", incontrerà lunedi 27 aprile una rappresentanza di "ESIGIAMO! il disarmo nucleare totale", che con il MUN Milano, ha recentemente lanciato una iniziativa per il "diritto" al disarmo nucleare.

(Vai su: www.petizioni24.com/dirittoaldisarmonucleare)

 

 

 

Sotto riportata la lettera inviata al Ministero contenente le proposte affinché l'Italia possa svolgere un ruolo attivo nell'ottenere un mondo liberato dalla "paura" nucleare.

La delegazione disarmista sottolineerà che adottare la prospettiva e la strategia "abolizionista" nei confronti delle armi nucleari non ostacola ma al contrario favorisce il disarmo, anche se "realisticamente" - nella visione che oggi è adottata ufficialmente dal governo italiano - dovesse ancora procedere "a piccoli passi".

In questa logica, nemmeno contrastando il principio politico governativo di "mediare tra potenze nucleari e potenze non nucleari" - ed in particolare con quegli Stati che a Vienna hanno ribadito il "percorso umanitario" verso il disarmo nucleare, sono adottabili ed implementabili due decisioni:

1- la proposta ufficiale del coinvolgimento di tutti gli Stati nella prevenzione della "guerra nucleare per errore" (già il governo italiano ha salutato con favore la collaborazione degli Stati non nucleari ai controlli del disarmo delle potenze nucleari): siamo poi convinti, per come abbiamo studiato il problema, che perseguire con coerenza il "rischio zero" conduce logicamente alla cessazione della "deterrenza" (che è minaccia IMPLICITA - ma a ben vedere anche esplicita - dell'uso per evitare l'uso delle armi nucleari);

2- l'istituzione di una commissione internazionale di premi Nobel, di esperti e della società civile, che nel contesto culturale di una "Carta dei diritti dell'umanità" (una evoluzione di terza generazione dei diritti dell'uomo in quanto persona e dei suoi diritti nelle formazioni sociali), predisponga una risoluzione ONU che conduca ad un Trattato per il bando e l'eliminazione delle armi nucleari.

La "mediazione" tra potenze nucleari e Stati non nucleari può avvenire fissando la data - come si fa con tutte le convenzioni ONU - entro cui un obiettivo deve essere raggiunto: il famoso articolo 6 del TNP - quello delle trattative in buona fede per il disarmo - deve assolutamente prevedere una scadenza.

Cuba propone il 2018, ed è, da istituzione statale, più stringente di alcuni pacifisti che indicano il 2020. Per altri pacifisti ancora andrebbe bene il 2030. Ma l'importante è stabilire un periodo di tempo con un limite.

Altrimenti la "deterrenza"nucleare sarebbe di fatto considerata non una deroga, una eccezione tollerata temporaneamente, ma la regola che legittima una situazione inaccettabile: e tutti - a parole, ed in prima fila le attuali potenze nucleari - dichiarano di non volere ciò (anche se i monopolisti dell'atomo nella pratica del vuoto giuridico "ci marciano"), proclamando infatti la "necessità" ineludibile del disarmo nucleare.

 

Insisteremo comunque sulla opportunità di adottare il "buon senso" dei ragazzi e delle ragazze che, nell’esperienza didattica del MUN- Model of United Nations di Milano e della rete internazionale di licei ad esso collegati, hanno elaborato una "Carta" per un mondo libero dalle armi nucleari (il presupposto è che la sopravvivenza della specie deve essere riconosciuta come diritto umano fondamentale, dal momento che l’ONU già riconosce per le persone il diritto a vivere con dignità; e che questo diritto precede il diritto all'autodifesa degli Stati, il quale non può essere esecitato rendendoci tutti ostaggio di un possibile sterminio atomico).

Ricordiamo infine che la nostra iniziativa concretizza l’appello di Stéphane Hessel e Albert Jacquard: "ESIGETE! il disarmo nucleare totale", contenuto in un pamphlet edito in Italia dalla EDIESSE.

ESIGETE! è proposto in Italia come strumento culturale e politico, sulla necessità e sul dovere di abolire le armi nucleari; ma anche per perseguire altri obiettivi collegati:

1) la denuclearizzazione del Medio Oriente allargato;

2) la rimozione delle testate atomiche USA a Ghedi ed Aviano tanto più opponendosi al loro aggiornamento per la trasportabilità sugli F-35;

3) l’attuazione del referendum antinucleare vinto dalla cittadinanza attiva nel 2011.

 

Alfonso Navarra - Mario Agostinelli - Luigi Mosca

portavoci di "ESIGIAMO! il disarmo nucleare totale"

info: locosm at tin.it (www.osmdpn.it - www.energiafelice.it) cell.

340-0878893 335-1401703

Anita Fisicaro - Antonia Sani (WILPF Italia – Lega internazionale di donne per la pace

e la libertà - antonia.sani at alice.it ) cell. 349-7865785

Luigi Cadelli - MUN MIlano - luigicadelli at yahoo.it;nelli

Manlio Giacanelli - IPPNW Italia - manlio.giacanelli at fastwebnet.it;

 

 

 

Oggetto: richiesta di incontro urgente per discutere di disarmo

nucleare, in vista di New York e per il dopo New York

 

Ministero degli Affari Esteri

e della Cooperazione Internazionale

Piazzale della Farnesina, 1 - 00135 Roma

 

 

Gentile Sig. Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni,

 

(p.c. Vice Direttore Generale/Direttore Centrale per la sicurezza, il

disarmo e la non proliferazione. Giovanni Brauzzi)

 

come Lei sa, il 27 aprile comincerà a New York un mese di incontri per

la revisione del Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP), una

sessione delle Nazioni Unite che si riunisce ogni cinque anni alla

ricerca di accordi su come gestire la presenza di armi nucleari sul

pianeta.

E' un dato di fatto che il TNP in oggetto fornisce legittimazione alla

"deterrenza", sia pure temporanea: nel trattato fu inserito un

“Articolo sei” che impegna tutti i firmatari ad avviare in buona fede

azioni per l'eliminazione totale di tali armi. Impegno mai assolto

dalle potenze nucleari.

Nel 1996 la Corte internazionale di giustizia dell'Aja ha dichiarato

illegale anche solo la minaccia dell'uso delle armi nucleari. Si dirà:

allora la stessa deterrenza dovrebbe essere dichiarata illegale. Non è

così, non si condanna in modo assoluto, ad esempio, il possesso degli

ordigni, perché si prevede ambiguamente una possibilità d'uso in

condizioni di minaccia esistenziale, nella quale scatterebbe il

diritto di autodifesa degli Stati.

Con tutta evidenza, è ritenuto centrale il diritto di autodifesa del

singolo Stato, cui viene posposto il diritto di sopravvivenza della

specie umana, attualmente non contemplato dal diritto internazionale.

Intellettuali, premi Nobel e uomini politici, movimenti pacifisti ed

ambientalisti, persino militari, da anni chiedono ad alta voce, e

finora senza successo, “un mondo senza armi nucleari”.

Il rischio è immenso, come si può evincere - è solo un esempio - dalla

lettera congiunta, che Le alleghiamo,  di un generale americano ed un

generale russo pubblicata sull'International New York Times del 20

aprile 2014: essi si preoccupano di "prevenire una guerra nucleare

accedentale" e lamentano che la crisi Ucraina abbia fatto sospendere i

colloqui tra i militari che studiavano misure in tal senso.

Nel 2014 la piccola Repubblica delle Isole Marshall, 68.000 abitanti

di un gruppo di atolli nel Pacifico, in cui gli americani fecero

esplodere centinaia di bombe nucleari cinquant'anni fa, ha “fatto

causa” agli Stati Uniti e ad altri paesi nucleari che, pur avendo

firmato il TNP, hanno sempre evitato di ottemperare agli obblighi

dell'”Articolo sei” di tale trattato e anzi hanno continuato a

perfezionare i loro arsenali.

Nel 2014 l'Austria, quale portavoce della Conferenza degli Stati per

il "percorso umanitario verso il disarmo nucleare" (Vienna, 8-9

dicembre 2014) ha redatto il testo di un “Impegno” per la totale

eliminazione delle armi nucleari dal pianeta: si tratta di colmare il

"vuoto giuridico" che esiste rispetto alle altre armi di distruzione

di massa, le biologiche, le chimiche, attualmente bandite.

Papa Francesco nell'appassionato messaggio  alla citata Conferenza

sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari ha affermato: “Un

mondo senza armi nucleari è davvero possibile”. Ed è giunto a

condannare lo stesso possesso degli arsenali atomici. Che i governi

partecipanti alla prossima riunione del Trattato di non

proliferazione, a partire da quello italiano, ascoltino queste parole

e si incamminino davvero verso un tale mondo nuovo.

Noi di "ESIGIAMO!" il disarmo nucleare totale avremmo dei suggerimenti

in tal senso da avanzare al governo italiano.

Per questo Le richiediamo un incontro urgente con Ella personalmente,

Sig. Ministro  (o, visti i tempi stretti, con il suo plenipotenziario

per il TNP a New York).

 

Vorremmo che si approfondisse insieme l'idea che, comunque vada New

York e la sessione del TNP (ed è purtroppo prevedibile che non

sortiranno passi avanti risolutivi), l'Italia possa farsi carico di

una ripresa del "percorso umanitario" verso il disarmo nucleare con

basi culturali e politiche più solide e decise, con la predisposizione

di risoluzioni precise per l'Assemblea dell'ONU e di una road map per

giungere rapidamente ad un Trattato per la messa al bando delle armi

nucleari.

 

Si tratta di lavorare, istituendo un tavolo partecipativo con gli

esperti del Ministero, sui concetti che abbiamo espresso con la

petizione on-line rinvenibile alla URL:

http://www.petizioni24.com/dirittoaldisarmonucleare.

 

"La decisione che esigiamo dai nostri governi, per realizzare un

ordine internazionale libero dal ricatto dello sterminio nucleare, è

di dichiarare proibita l'arma nucleare in quanto incompatibile con

tutti i fini, nessuno escluso, delle Nazioni Unite, e portatrice di

una dinamica spaventosa di massacri e di distruzione per la società

mondiale e per gli ecosistemi naturali.

 

Affermiamo che la dichiarazione di illegalità delle armi nucleari e la

loro eliminazione sono legate indissolubilmente. Illegalità che non

deve semplicemente riferirsi, come oggi, all'uso ma anche alla

minaccia dell'uso, al possesso, a tutto ciò che attua una logica

illusoria di "deterrenza". Questa è l'intenzione sostanziale che deve

trovare espressioni giuridiche coerenti ed efficaci nel diritto

internazionale e nella sua attuazione.

 

Consideriamo un crimine contro l'umanità il mantenere in funzione gli

arsenali nucleari (e a maggior ragione la loro modernizzazione) e non

impegnarsi a distruggere le armi nucleari in proprio possesso. Come

appare ovvio, la preparazione di un crimine è già un crimine!

 

Riteniamo sia obbligatorio per qualsiasi Paese civile impegnarsi a

distruggere ogni impianto di produzione di armi nucleari di sua

proprietà o in suo possesso e/o ubicato in qualunque località sotto la

sua giurisdizione o controllo.

 

Esigiamo dai governi che siano impegnati a preparare e a far approvare

dall'Assemblea delle Nazioni Unite una “risoluzione” sul "diritto a

vivere liberi dalla paura della guerra nucleare" e sulla conseguente

messa al bando degli armamenti nucleari, quale diritto universale e

indivisibile, cui il diritto di autodifesa degli Stati deve essere

posposto.

 

L'approvazione di un tale diritto determinerà, per tutti gli Stati

membri della comunità internazionale, l'obbligo giuridico della

rinuncia all'uso della minaccia nucleare anche per fini di

"deterrenza" e a procedere, in modo controllato e pianificato, ma

rapido, a quel disarmo nucleare che è un obiettivo ufficialmente

ritenuto "necessario" da tutti, anche (senza però calendario!) dalle

potenze nucleari.

 

A livello di organismi e di procedure ONU, esigiamo che si proceda

alla stipulazione di un Trattato per il bando delle armi nucleari

analogo a quelli già sottoscritti per le armi biologiche e chimiche e

che di conseguenza siano previste congrue sanzioni nei casi di

violazione del diritto affermato".

 

PorgendoLe cordiali saluti, La ringraziamo per l'attenzione

 

Milano 21 aprile 2015

 

Alfonso Navarra - Mario Agostinelli - Luigi Mosca

portavoci di "ESIGIAMO! il disarmo nucleare totale"

info: locosm at tin.it (www.osmdpn.it - www.energiafelice.it) cell.

340-0878893 335-1401703

Antonia Sani (WILPF Italia - Lega internazionale di donne per la pace

e la libertà - antonia.sani at alice.it cell. 349-7865785

Luigi Cadelli - MUN MIlano - luigicadelli at yahoo.it;

 

Un articolo di un generale americano e un generale russo, pubblicato oggi (20 aprile 2015) sull'INYT, che si propongono insieme di “evitare la guerra nucleare” in vista della riunione di New York del TNP.

Come? Troppo semplice! Abolendo l'opzione strategica del “launch-on-warning”.

Leggere sotto. Articolo in inglese e poi mia traduzione. (Alfonso Navarra)

 

 

International New York Times - Monday, april 20, 2015, Opinion Page 9

 

How to avert a nuclear war

 

James E. Cartwright and Vladimir Dvorkin

 

We find ourselves in an increasingly risky strategic environment. The Ukrainian crisis has

threatened the stability of relations between Russia and the West, including the nuclear

dimension -- as became apparent last month when it was reported that Russian defense officials

had advised President Vladimir V. Putin to consider placing Russia's nuclear arsenal on alert

during last year's crisis in Crimea.

 

Diplomatic efforts have done little to ease the new nuclear tension. This makes it all the more

critical for Russia and the United States to talk, to relieve the pressures to “use or lose”

nuclear forces during a crisis and minimize the risk of a mistaken launch.

 

The fact is that we are still living with the nuclear-strike doctrine of the Cold War, which

dictated three strategic options: first strike, launch on warning and post-attack retaliation.

There is no reason to believe that Russia and the United States have discarded these options, as

long as the architecture of “mutually assured destruction” remains intact.

 

For either side, the decision to launch on warning -- in an attempt to fire one's nuclear

missiles before they are destroyed -- would be made on the basis of information from early-

warning satellites and ground radar. Given the 15- to 30-minute flight times of strategic

missiles, a decision to launch after an alert of an apparent attack must be made in minutes.

 

This is therefore the riskiest scenario, since provocations or malfunctions can trigger a global

catastrophe. Since computer-based information systems have been in place, the likelihood of such

errors has been minimized. But the emergence of cyberwarfare threats has increased the potential

for false alerts in early-warning systems. The possibility of an error cannot be ruled out.

American officials have usually played down the launch-on-warning option. They have argued

instead for the advantages of post-attack retaliation, which would allow more time to analyze

the situation and make an intelligent decision. Neither the Soviet Union nor Russia ever stated

explicitly that it would pursue a similar strategy, but an emphasis on mobile missile launchers

and strategic submarines continues to imply a similar reliance on an ability to absorb an attack

and carry out retaliatory strikes.

 

Today, however, Russia's early warning system is compromised. The last of the satellites that

would have detected missile launches from American territory and submarines in the past stopped

functioning last fall. This has raised questions about Russia's very ability to carry out

launch-on-warning attacks.

Partly to compensate for the loss of its space-based system, Russia has deployed prefabricated

radar units that can be set up quickly along its borders. Some of these are already operational;

some are still being tested. Unlike satellite networks, radar can provide accurate information

about the scale and targeting of a missile attack -- but only once a missile has entered its

vicinity, which would most likely be 10 to 15 minutes after launch.

 

The upside of radar reporting is more information. The downside of having to wait is that it

cuts the time for deciding whether to launch on warning. That in turn increases the likelihood

of mistaken retaliation. For a submarine missile fired from the Norwegian Sea, Russia's radar

network would give its nuclear decision makers just 10 minutes to respond. America's early

warning systems can be expected to provide about twice as much time.

Clearly, for either side, these timelines are very compressed and the opportunities for ill-

considered decisions very real. Launch-on-warning puts enormous strain on the nuclear chains of

command in both countries.

 

In theory, no sensible head of state would authorize a launch-on-warning strike after receiving

information that just one missile, or a small number of missiles, were inbound, on the

assumption that this was not an intentional, full-scale attack. But the launch-on-warning

doctrine still rules in both Russia and the United States -- in which case the risk, however

small, of cataclysmic error remains.

 

This risk should motivate the presidents of Russia and the United States to decide in tandem to

eliminate the launch-on-warning concept from their nuclear strategies. They should reinstitute

military-to-military talks, which were suspended over the Ukraine crisis, to pursue this stand-

down as an urgent priority. (A joint decision on this would not destabilize nuclear deterrence:

Both countries still have nuclear forces designed to withstand a first-strike attack,

guaranteeing retaliatory strikes.)

To reinforce this accord, both countries should refrain from conducting military exercises that

involve practicing missile launches based on information from early warning systems. Even if

this restraint cannot yet be fully verified, it would be a valuable contribution to strategic

stability -- and, of course, to preventing an inadvertent nuclear war. This would be a positive

step ahead of the Non-Proliferation Treaty Review Conference that the United Nations will host

later this month.

 

Detailed verification measures can come later, once better Russian-American relations are

restored. The technical implementation of a decision to abandon the launch-on-warning concept

would fall within the framework of the New Start treaty. A phased reduction of the combat

readiness of the strategic nuclear forces would provide a safer time buffer for nuclear decision

making.

In periods of heightened tensions and reduced decision times, the likelihood of human and

technical error in control systems increases. Launch-on-warning is a relic of Cold War strategy

whose risk today far exceeds its value. Our leaders urgently need to talk and, we hope, agree to

scrap this obsolete protocol before a devastating error occurs.

 

 

 

James E. Cartwright, a former Marine Corps general, vice chairman of the Joint Chiefs of Staff 

and commander of the United States Strategic Command, is the Chaiman of the Global Zero

Commission on Nuclear Risk Reduction, of which Vladimir Dvorkin, a retired major general who

headed the research Institute of Russia's Strategic Rocket Forces, is a member

 

International New York Times - 20 aprile 2015

 

Come evitare una guerra nucleare

 

James E. Cartwright e Vladimir Dvorkin

 

Ci troviamo in un contesto strategico sempre più rischioso. La crisi ucraina ha minacciato la stabilità delle relazioni tra la Russia e l'Occidente, comprendendo in esse anche la dimensione nucleare - come emerso il mese scorso, quando è stato riferito che i funzionari della difesa russi avevano consigliato il presidente Vladimir V. Putin di posizionare l'arsenale nucleare russo in allerta durante crisi dello scorso anno in Crimea.

 Gli sforzi diplomatici hanno fatto ben poco per alleviare la nuova tensione nucleare. Questo rende ancor più critica per la Russia e gli Stati Uniti  la necessità di comunicare, per alleviare le pressioni del tipo "usare o perdere" le forze nucleari durante una crisi e ridurre al minimo il rischio di un lancio per errore.

 Il fatto è che viviamo ancora con la dottrina del colpo nucleare stabilita nel corso della Guerra Fredda, che ha dettato tre opzioni strategiche: primo colpo, lancio su avvertimento (“launch-on-warning”) e risposta post-attacco di rappresaglia.

Non vi è ragione di credere che la Russia e gli Stati Uniti abbiano dismesso queste opzioni, nella misura in cui l'architettura della "distruzione reciproca" è rimasta intatta.

 Per entrambi i contendenti, la decisione di lanciare su avvisaglia - nel tentativo di sparare i propri missili nucleare prima di farseli distruggere - sarebbe stata elaborata sulla base delle informazioni provenienti dai satelliti per il pronto allarme e dai radar di terra. Dato il tempo di volo tra i 15 e i 30 minuti dei missili strategici, la decisione di lanciare, dopo l' avviso di un apparente attacco deve essere presa in pochi minuti.

 Questo è dunque lo scenario più rischioso, in quanto provocazioni o malfunzionamenti possono innescare una catastrofe globale. Dato che sono in vigore i sistemi informativi basati su computer, la probabilità di tale errori è stata ridotta al minimo. Ma l'emergere di minacce guerra informatica ha aumentato il potenziale per falsi allarmi nei sistemi di allerta precoce. La possibilità di un errore non può essere esclusa.

 I funzionari americani hanno di solito minimizzato l'opzione di “lancio su allarme”. Essi hanno invece sostenuto i vantaggi della rappresaglia ex post, che consentirebbe più tempo per analizzare la situazione e prendere una decisione intelligente. Né l'Unione Sovietica né la Russia hanno mai dichiarato esplicitamente che avrebbero perseguito una strategia simile, ma l'accento posto sui lanciamissili mobili e sui sottomarini strategici continua a implicare un atteggiamento disposto ad assorbire un attacco ed effettuare poi colpi di rappresaglia.

 Oggi, tuttavia, il sistema di allarme precoce della Russia è compromesso. L'ultimo dei satelliti che in passato avrebbe rilevato un lancio di missili dal territorio americano e sottomarini ha smesso di funzionare lo scorso autunno. Ciò ha sollevato interrogativi circa la reale capacità della Russia di farsi carico del “launch-on-warning”.

 In parte per compensare la perdita del suo sistema spaziale, la Russia ha schierato radar prefabbricati che possono essere collocati rapidamente lungo i suoi confini. Alcuni di questi sono già operativi; alcuni sono ancora in fase di test. A differenza delle reti satellitari, i radar in grado di fornire informazioni accurate circa l'entità e la destinazione di un attacco missilistico - ma solo una volta un missile è entrato nelle loro vicinanze, il che molto probabilmente avviene 10 o 15 minuti dopo il lancio.

 Il vantaggio di segnalazioni radar è più informazioni. Lo svantaggio di dover aspettare è che viene tagliato il tempo per decidere se lanciare o no il colpo su avvertimento. Il che a sua volta aumenta il rischio di una ritorsione sbagliata. Per un missile su sottomarino sparato dal Mare di Norvegia, la rete di radar di della Russia darebbe ai suoi decisori nucleari solo 10 minuti per rispondere. Il sistema di allarme precoce dell'America riesce ad offrire circa il doppio del tempo.

 Chiaramente, per entrambe le parti, queste scadenze sono molto compresse e le opportunità di decisioni sconsiderate molto reali. Il “Launch-on-warning” mette a dura prova le catene nucleari di comando in entrambi i paesi.

 In teoria, nessun capo di stato ragionevole autorizzerebbe un colpo di “launch-on-warning” dopo aver ricevuto informazioni che solo un missile, o un piccolo numero di missili, siano in ingresso, assumendo che questo non potrebbe essere un attacco intenzionale, su larga scala. Ma la dottrina del launch-on-warning governa ancora sia in Russia e negli Stati Uniti - ed in questo caso (l'avvistamento di pochi missili) il rischio, per quanto piccolo, di errore catastrofico rimane.

 Questo rischio dovrebbe motivare i presidenti della Russia e degli Stati Uniti a risolversi di comune accordo per l'eliminazione del concetto di launch-on-warning dalle loro strategie nucleari. Dovrebbero riprendere i colloqui tra esperti militari, che sono stati sospesi per la crisi Ucraina, a perseguire questa rinuncia all'opzione strategica come una priorità urgente. (Una decisione congiunta su questo punto non destabilizzerebbe la deterrenza nucleare: entrambi i paesi hanno ancora forze nucleari progettate per resistere a un attacco di primo attacco, garantendo attacchi di rappresaglia.)

Per rafforzare questo accordo, entrambi i paesi dovrebbero astenersi dal condurre esercitazioni militari che coinvolgano la pratica del lancio di missili sulla base di informazioni provenienti da sistemi di allerta precoce. Anche se questa restrizione non può ancora essere pienamente verificata, sarebbe un valido contributo alla stabilità strategica - e, naturalmente, alla prevenzione di una guerra nucleare accidentale. Questo sarebbe un positivo passo avanti della conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione che le Nazioni Unite ospiteranno a fine mese.

Misure di verifica dettagliate possono venire più tardi, una volta che migliori relazioni russo-americane siano state restaurate. La realizzazione tecnica di una decisione di abbandonare il concetto di launch-on-warning rientrerebbe nel quadro del trattato “Nuovo START”. Una riduzione graduale della prontezza delle forze nucleari strategiche nell'entrare in combattimento fornirebbe un buffer di tempo più sicuro per la decisione di fare una guerra nucleare.

In periodi di accresciute tensioni e di ridotti tempi di decisione, la probabilità di errori umani e tecnici nei sistemi di controllo aumenta. Il “Launch-on-warning” è una reliquia della strategia della Guerra Fredda il cui rischio oggi supera di gran lunga il suo valore. I nostri leader hanno urgente bisogno di dialogare e, speriamo, concordino di “rottamare” questo protocollo obsoleto prima che si verifichi un errore devastante.

 

James E. Cartwright, un ex generale del Corpo dei Marines, vice presidente del Comitato Congiunto degli Stati Maggiori e comandante del Comando Strategico degli Stati Uniti, è il presidente della Commissione “Zero globale” sulla riduzione dei rischi nucleari, di cui Vladimir Dvorkin, un generale in pensione che ha guidato l'Istituto di ricerca del Dipartimento della Direzione di Artiglieria della Russia, è un membro.