Di Vendola so già...ma Ferrero che ha
detto?
Ciao,
Davide
Il 17/02/2015 20.59, Jure Ellero LT ha scritto:
Bersani, Vendola, D'Alema, Ferrero: Gli incendiari gridano al
fuoco, che hanno acceso e alimentato. I morti nel Mediterraneo
sono LAVORO VOSTRO!
A Radio1 stasera c'è gente che chiede i Patriots in Sud Italia,
'come in Isrsele', 'per difenderci dagli Arabi'. E di occupare
tutta la costa Nord dell'Afica mediterranea, 'per fermare
l'invasione terrorista'. Come giocassimo a Risiko. Bersani,
Vendola, D'Alema, Ferrero: anche questo è LAVORO VOSTRO!
Non ho assolutamente nulla da perdonarvi. Siete voi tra i
responsabili del mio futuro di guerra.
Jure Ellero
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FW: Gli incendiari gridano al fuoco
*Da: *Manlio Dinucci <manliodinucci at tin.it>
*Data: *Tue, 17 Feb 2015
/L’arte della guerra/
Gli incendiari gridano al fuoco
Manlio Dinucci
La guerra che divampa in Libia miete sempre più vittime non solo
sulla
terra ma sul mare:. molti dei disperati, che tentano la traversata
del
Mediterraneo, annegano. «Da sotto il mare ci chiedono dove sia
finita la
nostra umanità», scrive Pier Luigi Bersani. Dovrebbe anzitutto
chiedersi
dove sia finita la sua umanità, e con essa la sua capacità etica e
politica,, quando, il 18 marzo 2011 alla vigilia della guerra
Usa/Nato
contro la Libia, in veste di segretario del Pd, esclamava «alla
buon’ora», sottolineando che «l’articolo 11 della Costituzione
ripudia
la guerra, non l’uso della forza per ragioni di giustizia».
Enrico Letta, che con Bersani si appella ora al senso umanitario,
dovrebbe ricordarsi quando il 25 marzo 2011, in veste di
vicesegretario
del Pd, dichiarava «Guerrafondaio è chi è contro l'intervento
internazionale in Libia e non certo noi che siamo costruttori di
pace».,.
Una «sinistra» che nascondeva le vere ragioni – economiche,
politiche e
strategiche – della guerra, sostenendo per bocca di Massimo
D’Alema (già
esperto di «guerra umanitaria» in Jugoslavia) che «in Libia la
guerra
c’era già, condotta da Gheddafi contro il popolo insorto, un
massacro
che doveva essere fermato» (22 marzo 2011).
Sostanzialmente sulla stessa linea perfino il segretario del Prc
Paolo
Ferrero che, il 24 febbraio 2011 a guerra iniziata, accusava
Berlusconi
di aver messo «giorni per condannare le violenze di Gheddafi»,
sostenendo che si doveva «smontare il più in fretta possibile il
regime
libico». Lo stesso giorno, giovani «comunisti» del Prc, insieme a
«democratici» del Pd, assaltavano a Roma l’ambasciata di Tripoli,
bruciando la bandiera della repubblica libica e issando quella di
re
Idris (la stessa che sventola oggi a Sirte occupata dai jihadisti,
come
ha mostrato il Tg1 tre giorni fa).
Una «sinistra» che scavalcava la destra, spingendo alla guerra il
governo Berlusconi, all’inizio restio (per ragioni di interesse)
ma
subito dopo cinico nello stracciare il Trattato di non-aggressione
e nel
partecipare all’attacco con basi e forze aeronavali.
In sette mesi, l’aviazione Usa/Nato effettuava 10mila missioni di
attacco, con oltre 40mila bombe e missili, mentre venivano
infiltrate in
Libia forze speciali, tra cui migliaia di commandos qatariani, e
allo
stesso tempo finanziati e armati gruppi islamici fino a poco prima
definiti terroristi. Tra cui quelli che, passati in Siria per
rovesciare
il governo di Damasco, hanno fondato l’Isis e quindi invaso
l’Iraq.
Si è così disgregato lo Stato libico, provocando l’esodo forzato –
e di
conseguenza l’ecatombe nel Mediterraneo – degli immigrati africani
che
avevano trovato lavoro in questo paese. Provocando una guerra
interna
tra settori tribali e religiosi, che si combattono per il
controllo dei
campi petroliferi e delle città costiere, oggi in mano
principalmente a
formazioni aderenti all’Isis.
Il ministro degli esteri del governo Renzi, Paolo Gentiloni, dopo
aver
ribadito che «abbattere Gheddafi era una causa sacrosanta», lancia
l’allarme perché «l'Italia è minacciata dalla situazione in Libia,
a 200
miglia marine di distanza». Annuncia quindi che giovedì riferirà
in
Parlamento sull'eventuale partecipazione italiana a un intervento
militare internazionale «in ambito Onu». In altre parole, a una
seconda
guerra in Libia presentata come «peacekeeping», secondo quanto già
richiesto da Obama a Letta nel giugno 2013, caldeggiata dalla
Pinotti e
approvata da Berlusconi.
Siamo di nuovo al bivio: che posizione prenderanno quanti lavorano
per
creare una nuova sinistra e, al suo interno, l’unità dei
comunisti?
(il manifesto, 17 febbraio 2015)
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