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[Disarmo] R: Spesa militare, furto colossale - da Contropiano e S. Rizzo
- Subject: [Disarmo] R: Spesa militare, furto colossale - da Contropiano e S. Rizzo
- From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
- Date: Mon, 26 Jan 2015 21:24:05 +0100 (CET)
- Reply-to: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
il mondo militare ha sempre fatto i fatti propri. Ma scusate non ricordate l'editto di di Franceschiello "Facite ammuina" della Real Marina, 1841? E i funzionari e militari della NATO cosa credete che facciano? >----Messaggio originale---- >Da: glry at ngi.it >Data: 26/01/2015 20.47 >A: <disarmo at peacelink.it>, <comitatononato at googlegroups.com> >Ogg: [Disarmo] Spesa militare, furto colossale - da Contropiano e S. Rizzo > >Furti colossali. E associazione a delinquere per fini privati. Qualcuno >potrebbe pure intravedervi l'alto tradimento. >Almeno il ministro che ha trafugato una nave di armamenti dalla >polveriera della Maddalena da portare a Bengasi può avanzare la ragion >di Nato. Questi invece si fanno esplicitamente gli affari loro, a spese, >e guerre, nostre. > >J. Ellero > > >-------- > > >Alessandro Avvisato > >su http://contropiano.org/politica/item/28746-spesa-militare-furto-colossale > > >Siamo costantemente polemici verso i giornali mainstream. Non per >partito preso, ma per l'evidente, insopportabile, continuativa, >entusiasta funzione di “costruttori del falso”. Ovvero di quel blob >chiamato informazione utile soltanto a impedire all'”opinione pubblica” >di formarsi un'opinione seria su quel che accade. E magari muoversi per >cambiare le cose. > >Così, speriamo di non soprendere eccessivamente i nostri lettori se per >una volta diciamo grazie a un giornalista di successo, proiettato >nell'empirea dei fabbricanti della neolingua per aver scritto il >bestseller La casta. > >Per una volta infatti Sergio Rizzo, firma di prestigio del Corriere >della Sera, ha smesso di occuparsi di falsi ciechi, falsi invalidi, >lavoratori pubblici nella pausa bar, piccoli parassiti della spesa >pubblica... insomma la piccola umanità di chi vive senza fatica alle >spalle del prossimo, raccattando briciole di benessere prodotto da altri. > >Questa volta è andato a ficcare il suo raffinatissimo naso da segugio >nei bilanci militari. E ha scoperto cose che non riuscivamo ad >immaginare neamche spingendo ai limiti della fantascienza la nostra più >fervida fantasia. > >Pensavamo infatti che i vertici militari, proprio in virtù del loro >essere fidelizzati al comando e alle direttive della Nato anziché a >quelle del Palamento italiano, fossero un tantino meno affette dalle >tare peggiori della classe dirigente di questo paese. Non che li >pensassimo davvero “poveri ma onesti”, cioè gente che vive soltanto del >proprio (non indifferente) stipendio. Ma, insomma, che esistessero dei >limiti alle ruberie allo spreco. Ripetiamo: più per controllo dall'alto >(la Nato, i servizi statunitensi, ecc) che per virtù propria. Del resto >molte storie avevano incrinato parecchio quell'immagine mitologica. Per >esempio, il caso delle mazzette pagate da sottufficiali (nell'esercito >profesionale il “soldato semplice” non esiste più) ad alti ufficiali pur >di essere inseriti nelle liste dei partecipanti alle “missioni di pace” >all'estero, dove lo stipendio base poteva essere moltiplicato per tre o >quattro volte. > >Sbagliavamo alla grande. E ci viene da pensare con autentica compassione >a quei disgraziati reazionari che, ogni volta che c'è uno scandalo, >vorrebbero le Forze Armate pronte a sostituire quei ladri di politici >(sembra l'Alemanno imitato da Guzzanti, "chiamo esercito?"). Per loro, >articoli come questo, dovrebbero valere come una dimostrazione >scientifica dell'inesistenza di qualsiasi dio. Per questo, >probabilmente, si rifiuteranno di leggerlo. > >Cosa c'è di notevole? Andiamo in ordine inverso rispetto all'esposizione >di Rizzo, sempre ingolosito dai dettagli (non è una critica: il “bravo >giornalista” deve essere così, perché conosce il suo pubblico), perché a >noi preme di più il dato strutturale, l'archiettura dei poteri, la >logica del comando sulle classi subordinate. > >a) Il Parlamento italiano non ha mai avuto alcun potere di controllo >sulle forze armate di questo paese; neanche dal punto di vista delle >decisioni di spesa. La sorpresa, su questo punto, è davvero minima. >L'avevamo sempre pensato, ma – appunto – attribuendo questa situazione >al perfido imperialismo Usa (che è certamente perfido, anche dal punto >di vista della spesa, ma non è l'unico colpevole di questa storia). >Invece no: non c'è controllo e basta. Gli stati maggiori compilano >l'elenco delle spese da effettuare e il parlamento approva. Il governo, >quando va bene, media. > >b) La logica degli acquisti di armamenti non ha nulla a che fare con la >“difesa della patria”, e men che meno con l'efficienza della stessa. I >vari corpi (esercito, marina, aeronautica, carabinieri) concorrono tra >loro per avere l'ultimo modello di certi sistemi d'arma, un po' come i >figli degli industriali di una certa città che devono far vedere di >avere l'auto (o la moto, o la droga, ecc) più fica del momento. Non lo >diciamo noi, ma un'indagine della Commissione Difesa: «L’assenza di un >organismo di controllo sulla qualità degli investimenti ne circoscrive >le valutazioni all’interno di un circuito chiuso rappresentato dai >vertici industriali e dai vertici militari. L’autoreferenzialità è >accentuata dal fenomeno ricorrente costituito dalla presenza di figure >apicali del mondo militare che vanno ad assumere posizioni di rilievo al >vertice delle industrie della difesa». Traduzione minima: i generali e >gli ammiragli che più hanno deciso di spendere finiscono la loro >gloriosa carriera nei consigli d'amministrazione delle aziende da cui >hanno costretto lo Stato a comprare sistemi d'arma. Non sappiamo perché, >ma questo “sistema circolatorio” - dal ruolo pubblico a quello privato e >viceversa – ci suona per alcuni versi molto statunitense (do you >remember Dick Cheney, John Paulson, Condoleeza Rice, e altri mille come >loro?), per un altro molto “italiano”. Anzi: “capitale” > >c) Fulminante l'esempio dei cacciabombardieri (il sistema d'arma più >costoso, per un paese come il nostro). L'Italia “deve” comprare gli F35 >americani (Napolitano aveva presieduto da par suo un apposito “consiglio >superiore della difesa” in cui aveva sentenziato che il Parlamento non >ci diveva mettere bocca) e contemporanemente partecipare al “progetto >europeo” degli Eurofighter. Un doppione? Per la logica sì, per il >bilancio no. I primi vengono pagati con il budget del ministero della >Difesa, i secondi con quelli del ministero dello Sviluppo. > >d) Per ultimo ci sono naturalmente anche le banche, che in queste >vicende non possono mai mancare. Nemmeno Sergio Rizzo è riuscito a sapre >chi fosse il genio contabile che aveva previsto di spendere 1,6 miliardi >per “interessi sul mutuo” acceso per il rinnovo della flotta della >Marina Militare. Va da sé che lo Stato, quando decide di spendere in >armamenti, non fa mutui con banche private. Vi immaginate che possa >essere accesa un'ipoteca su una squadra di cacciatorpediniere? Poi la >banca, eventualmente, cosa ci fa? Le mette all'asta? Però è interessante >come dimostrazione del genio italico. > >Chiudiamo invitandovi a riflettere bene sulle cifre di questo giro. >Miliardi, percentuali non indifferenti di Pil, buttati letteralmente >nelle tasche di banchieri, costruttori 'armamenti, generali e ammiragli, >più qualche politico che deve mettere le firme necessarie senza far >domande (sennò ti sparano, visto che sono armati?). Il ministro Pinotti, >diaciamo così, non ci fa una gran figura. Del resto, non basta essere >donne per avere un'altra visione della politica. > >“Sprechi” di dimensioni tali da cancellare in un solo colpo – una sola >firma – venti anni di pause caffè indebitamente prolungate da tutti i >dipendenti pubblici di mezza Europa... > > > > ***** > > >Il mutuo per navi da guerra con gli interessi al 30 per cento > >Per la flotta soldi in bilancio ci sono, ma per l’acquisto si era >immaginato un finanziamento. L’impegno per i caccia F-35 e quello per >gli Eurofighter > >di Sergio Rizzo > >A chi strepita quando si paventano tagli agli armamenti suggeriamo di >andare a vedere che cosa è successo alle 8,30 di martedì 20 gennaio alla >commissione Difesa della Camera. Dove si è accertato che quasi un terzo >del costo previsto per il rinnovo della flotta della Marina militare >sarebbe servito a coprire gli interessi sui mutui per finanziare il >tutto: 1,6 miliardi su 5,4. Ossia il 29,7 per cento. Lo 0,1 per cento >del pil, e solo per ripagare il costo del denaro necessario a comprare >sei pattugliatori e una nave d’altura dalla Fincantieri. Spesa inutile, >dato che i soldi in bilancio ci sono. E ancora più inutile se è vero che >l’ipotesi del finanziamento bancario era già improvvisamente svanita in >commissione Bilancio quando qualcuno aveva avanzato la fatidica domanda: >«Quale banca?». Ragion per cui si stabilisce in Parlamento che tutti >quei soldi non si spenderanno per gli interessi ma semmai per altri >investimenti. E pazienza se qualcuno mastica amaro. > >Dice tutto, questa vicenda, su quanto grasso ci sia in certe commesse >militari. Ne sa qualcosa pure l’ex commissario alla spending review >Carlo Cottarelli, secondo cui le nostre spese per la Difesa sono di 3,2 >miliardi superiori al «benchmark», ovvero il punto di riferimento ideale >europeo. Il che consentirebbe, diceva la sua proposta, di risparmiare >almeno due miliardi e mezzo entro il 2016. Ipotesi che non aveva certo >aumentato la popolarità di Cottarelli presso generali e ammiragli. E >forse non solo. >Ma la storia del programma navale che abbiamo appena raccontato spiega >pure l’origine dei contrasti crescenti fra le alte sfere militari, la >burocrazia del ministero e un pezzo del Parlamento. Con riflessi non >trascurabili dentro lo stesso Pd, che esprime il ministro della Difesa. >Due anni fa, durante il governo Monti, passa una legge che prescrive per >la prima volta il parere vincolante del Parlamento sui programmi >militari. Relatore è l’attuale capogruppo del Pd in commissione Difesa, >Gian Piero Scanu, che non si dev’essere fatto molti amici negli Stati >maggiori. Ed è qui che si rompe il giocattolo. Come dimostra il caso del >programma navale. > >Non per questo le lobby militari si danno per vinte. Ma almeno adesso >c’è l’obbligo di far vedere tutte le carte. Prima di quella norma >deputati e senatori si dovevano accontentare di dare una sbirciatina al >dépliant di un carro armato senza conoscerne la reale utilità, né il >reale valore rispetto ai costi. E dicevano sempre sì. Il loro parere era >semplicemente consultivo e il ministero, cioè i vertici militari, >potevano benissimo non tenerne conto. Nel corso degli anni si sono così >accumulati ben 86 programmi di armamenti: talvolta dettati soltanto da >una sconsiderata logica di concorrenza fra le varie Forze armate, senza >serie valutazioni economiche. > >L’indagine conoscitiva di 1.024 pagine sfornata a maggio scorso della >commissione Difesa della Camera dice che si tratta di una partita >giocata tutta dentro gli apparati, in perfetta sintonia con gli >interessi delle industrie. Con il ruolo della politica ridotto a quello >di semplice spettatore. Per dirne una, mentre manteniamo l’impegno a >comprare 90 caccia F35 dall’americana Lockheed Martin continuiamo a >partecipare al programma del caccia europeo Eurofighter, anche se con >fondi non della Difesa, ma del ministero dello Sviluppo. Ecco che cosa >c’è scritto nell’indagine: «L’assenza di un organismo di controllo sulla >qualità degli investimenti ne circoscrive le valutazioni all’interno di >un circuito chiuso rappresentato dai vertici industriali e dai vertici >militari. L’autoreferenzialità è accentuata dal fenomeno ricorrente >costituito dalla presenza di figure apicali del mondo militare che vanno >ad assumere posizioni di rilievo al vertice delle industrie della >difesa». Più chiaro di così? > >Da questo si capisce perché quella legge che impone il parere vincolante >del Parlamento sia tanto indigesta. E lo è ancora di più per un altro >principio che viene affermato lì dentro: quello secondo cui le spese >militari dovranno essere ripartite al 50% per il personale e al 25% >rispettivamente per l’esercizio e gli armamenti. Quote che oggi sono >ancora ben lontane dall’essere rispettate. Se si considera l’ammontare >totale degli stanziamenti, nel 2014 sono stati destinati ai sistemi >d’arma 5 miliardi e 650 milioni, cioè 2,1 miliardi più dei 3,5 che >rappresenterebbero il 25% del bilancio della Difesa. E senza garanzie, >stando all’indagine parlamentare, su qualità, costo e soprattutto logica >degli investimenti. Le sovrapposizioni fra le varie Forze armate, per >esempio. Che a dispetto dei propositi non ci sia nessuna voglia di >razionalizzazione, si capisce da piccoli ma significativi dettagli. > >Basta dare un’occhiata al sito internet del ministero della Difesa, che >espone un monumentale organigramma degli uffici di diretta >collaborazione del ministro Roberta Pinotti, la quale nel precedente >governo di Enrico Letta aveva l’incarico di sottosegretario. Una >struttura che allude alla presenza forse di centinaia di collaboratori, >dove il capo di gabinetto ha ben quattro vice: uno per la Marina, uno >per l’Esercito, uno per l’Aeronautica e uno per i Carabinieri. C’è poi >un aiutante di campo per l’Esercito, uno per i Carabinieri, un aiutante >di volo e un aiutante «di bandiera». Tutti generali, ammiragli e alti >ufficiali a presidiare con il bilancino il campo di gioco. > >La legge di stabilità ha ora previsto una riduzione del 20% degli >sterminati organici del gabinetto della Difesa. Anche se, forse per >bilanciare quel modesto sacrificio, la medesima legge ha stabilito >l’ampliamento dei margini di manovra di una società per azioni >controllata dal ministero proprio nel momento in cui dovrebbe partire la >grande operazione di cessione di immobili e alloggi militari. Si chiama >«Difesa servizi» e gestisce alcune attività collaterali, dai panelli >fotovoltaici sui tetti delle caserme alla valorizzazione dei marchi >delle Forze armate. La sua nascita, fortemente voluta dall’ex ministro >del centrodestra Ignazio La Russa, era stata impallinata dal Pd. > >Roberta Pinotti, all’epoca ministro ombra del partito, c’era andata giù >pesantissima, definendola una iniziativa «grave e inaccettabile», tesa a >«stravolgere completamente il funzionamento del ministero» con un «blitz >per costituire una società privata per la gestione dei beni del demanio >militare e per controllare gli appalti del settore». Ma una volta >ministro deve aver cambiato radicalmente opinione. Al punto da nominare >amministratore delegato della società un ex deputato del Pd rimasto >senza seggio, già capo della sua segreteria: Pier Fausto Recchia. > >Ultima modifica il Domenica, 25 Gennaio 2015 11:42 > > > > >Lista Disarmo >Per iscriversi o cancellarsi dalla lista: >http://www.peacelink.it/mailing_admin.html
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