[Disarmo] Da Trieste, Honsell: 'Tutti dobbiamo essere Partigiani!' - "Vsi smo slovenski partizani!"





Data: 	Tue, 9 Sep 2014 08:19:01 +0400
Mittente: 	'Coord. Naz. per la Jugoslavia'

    Discorso di Furio Honsell, sindaco di Udine, il 7/9/2014, per i
    martiri di Basovizza (Trieste-Trst)

(slovenscina / italiano)


Leggi anche:

Sulla vicenda dei Martiri di Bazovizza Bidovec–Marušič–Miloš–Valenčič,
fucilati nel 1930
http://www.cnj.it/PARTIGIANI/basovizza.htm
http://www.cnj.it/VALORI/Bazovica.htm

Il Sindaco di Udine a Basovizza: “l'Italia deve riconoscere le sue
responsabilità per la bonifica etnica”contro gli sloveni (di M. Barone,
8/9/2014)
http://xcolpevolex.blogspot.it/2014/09/il-sindaco-di-udine-basovizza-litalia.html

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http://www.primorski.eu/stories/trst/232262_vsi_smo_slovenski_partizani/#.VA1XVFd0mwF

*«Vsi smo slovenski partizani!«
*
V Bazovici, na proslavi ob usmrtitvi štirih junakov, dva zanimiva govora

nedelja, 7. septembra 2014 | 18:10

Ob prisotnosti številnih političnih predstavnikov, s slovenskim
obrambnim ministrom Romanom Jakičem na čelu, predvsem pa številnih
pohodnikov in drugih udeležencev, je sončno nedeljsko popoldne v
Bazovici minilo v znamenju hvaležnega spomina na štiri usmrčene
antifašiste, ki so se v našo kolektivno zavest zapisali kot Bazoviški
junaki. Tradicionalni proslavi, ki sta jo sooblikovala tudi proseška
godba na pihala in Tržaški partizanski pevski zbor, sta borbeno
in pomensko noto dala predvsem osrednja govornika - videmski župan Furio
Honsell in tržaški novinar in pesnik Marij Čuk. Njuna govora je
občinstvo večkrat prekinilo s ploskanjem, županu so prisotni namenili
celo stoječe ovacije, kar se na bazovski gmajni ne zgodi ravno pogosto.
Tudi zato, ker udeleženci tradicionalne proslave niso še slišali iz ust
italijansko govorečega politika, da so bazoviški junaki "naši mučeniki"
in da bi morali vsi pristni Evropejci ponosno izjaviti "vsi smo
slovenski partizani", saj so se ravno Slovenci (s Hrvati) prvi uprli
fašizmu.
Čuk je daljše in razčlenjeno razmišljanje ob obletnici smrti Ferda
Bidovca, Franja Marušiča, Zvonimirja Miloša in Alojza Valenčiča posvetil
manjšini in številnim odprtim vprašanjem. Neenotno nastopanje je
pogubno, bodimo ubrani in harmonični kot pevski zbor, je ob koncu pozval
pesnik: danes nujno potrebujemo strnjenost, vsebino in kakovost!


https://www.facebook.com/notes/tržaški-partizanski-pevski-zbor-pinko-tomažič/discorso-di-furio-honsell-sindaco-di-udine-il-792014-per-i-martiri-di-basovizza/10152455464868392


    Discorso di Furio Honsell, sindaco di Udine, il 7/9/2014, per i
    martiri di Basovizza


Presidente del Comitato per le onoranze degli eroi di Basovizza, Milan
Pahor, Ministro Jakič, Ambasciatore Mirosič, Console Sergaš, Onorevole
Blazina, Sindaci in rappresentanza delle vostre comunità, familiari e
amici degli eroi, cittadine e cittadini antifascisti,
spoštovani, Vsi lepo pozdravljeni

con grande emozione prendo la parola oggi in un’occasione così intensa
sia sul piano etico e politico, sia su quello umano. Sento profondamente
il significato che questa ricorrenza ha per la comunità slovena di
Trieste, e quindi deve avere per la città di Trieste tutta, per la
nostra regione, per l’Italia e per tutti quei cittadini italiani e
sloveni che sentono il dovere di riaffermare i valori di libertà, di
pluralità, di solidarietà,  di uguaglianza, di pari opportunità, di
giustizia, di democrazia. Valori che sono la nostra unica speranza per
il progresso civile dell’umanità. Ma questa è anche un’occasione per
condannare i fascismi e la loro barbarie, per condannare le politiche di
omologazione che vogliono negare le specificità  e azzerare le
differenze, togliendo così la dignità alle diverse identità e culture
che sono invece gli autentici fondamenti delle comunità.

La feroce politica di denazionalizzazione forzata, ma sarebbe più
corretto dire di fascistizzazione, di cui fu fatta oggetto la
popolazione di lingua slovena di queste terre a partire dagli anni venti
da parte del governo Italiano di allora rimarrà per l’eternità simbolo
di atrocità e barbarie. L’eliminazione delle scuole slovene prima, poi
della lingua slovena dalle scuole e dalle chiese, la messa al bando
delle associazioni culturali e addirittura sportive slovene, la chiusura
dei giornali sloveni, la soppressione di qualsiasi attività culturale
slovena e in lingua slovena, la progressiva eliminazione di cognomi e
toponimi, sin dei nomi dei corsi d’acqua, sono tra le forme più
abominevoli e più subdole di negazione della cultura di una comunità.
  Particolarmente vigliacca fu la messa al bando dello sloveno nei
tribunali negando così il diritto ai cittadini ad avere pari opportunità
nel  potersi difendere.

In aperta violazione dei trattati internazionali le autorità italiane
non repressero le violenze fisiche di cui era fatta oggetto la minoranza
slovena da parte degli squadristi, ma anzi con il rafforzarsi del
Fascismo la violenza nei loro confronti fu legittimata sempre di più e
crebbe a livelli più alti con l’incendio di varie Case del Popolo e del
Narodni Dom a Trieste, per venire infine pienamente legalizzata con
l’internamento dell’intellighenzia slovena e il trasferimento di
insegnanti e clero sloveno.

Questa drammatica vicenda, così tragica per chi l’ha vissuta in prima
persona o nelle narrazioni dei propri anziani, oggi non va inquadrata
meramente come un problema di una minoranza oppressa, ma ne va colto il
valore simbolico più ampio. Riconoscere e ammettere pienamente la
responsabilità di questi atti di “bonifica etnica” è oggi un dovere, per
un paese come l’Italia che non ha mai saputo fare i conti con i suoi
crimini fascisti, per un paese che non ha avuto una sua Norimberga. E
quest’oggi da autentici cittadini europei, cittadini di un’Europa
antifascista che ha come motto “uniti nella diversità” e quindi
sull’antitesi dell’idea di Europa nazifascista, dobbiamo dire siamo
tutti partigiani sloveni “*_vsi smo slovenski partizani_*”. Questi eroi
sono martiri universali perché hanno saputo resistere contro la
dittatura, e non solamente esistere, hanno saputo sacrificarsi nel nome
di valori e  diritti umani e civili per tutti noi. Sono i nostri martiri.

Per onorare questi eroi barbaramente trucidati alle 5.43 del 6 settembre
1930, dopo atroci torture e un processo farsa, basterebbe pronunciare,
anzi gridare i loro nomi,* Ferdinand Bidovec* di anni 22, *Franjo
Marušič* di anni 24, *Zvonimir Miloš* di anni 27 e *Alojz Valenčič* di
anni 34, unendo ad essi  anche il nome dell’eroe croato istriano
Vladimir Gortan, fucilato a Pola il 17 ottobre del 1929.

Quanto erano giovani e quanto erano coraggiosi. Avevano capito che era
importante resistere, che a un certo punto giunge l’ora di agire. Quanto
sarebbe stato più facile, allora, ma forse in tutte le epoche, essere
invece spettatori piuttosto che attori. Questi giovani capirono invece
prima degli altri che la vera etica è quella che impone di reagire
  perché l’attesa, ma soprattutto l’indifferenza, di fronte
all’ingiustizia, sono già complicità.  E oggi nella perdurante crisi
antropologica, prima ancora che economica che stiamo vivendo, della
quale i giovani sono le prime vittime non possiamo non trarre profonda
ispirazione dall’età giovanissima di questi eroi. Dai giovani nasce la
libertà e la giustizia. Erano giovani ma erano già dei giganti.

La solenne occasione di oggi è piccola cosa di fronte alla grandezza
della loro epopea. Ma nondimeno è un’occasione importantissima per noi
per rinnovare il significato universale di quanto seppero dimostrare con
le loro gesta. Questi eroi sono un modello da non dimenticare. E mi
sento profondamente onorato nell’avere l’opportunità di prendere parte a
questa manifestazione in rappresentanza di tutta la comunità udinese.

Il Fascismo è infatti sempre in agguato, soprattutto in Italia. Come
disse Gobetti all’indomani della marcia su Roma: “Questa non è una
rivoluzione ma una rivelazione degli antiche mali d’Italia”.  In ogni
epoca c’è il rischio di una deriva fascista, di una deriva totalitaria.
L’abbiamo visto anche in anni recentissimi in Italia e oggi in altri
paesi della “civilissima” Europa. La deriva fascista è lenta, quasi
impercettibile, si alimenta di consensi diffusi costruiti sui pregiudizi
e sui luoghi comuni, fino a quando è troppo tardi, e perduti i diritti
democratici si instaura la dittatura. E allora ci vuole una sanguinosa
lotta di Liberazione per potersene liberare. Questa è l’unica grande
lezione del XX secolo, il tragico secolo breve. Bisogna dunque resistere
sempre e non stancarsi mai di condannare il fascismo stigmatizzandone i
segnali deboli quando fanno “capolino”. Ma non basta essere consapevoli
dei rischi del fascismo, bisogna vivere l’impegno antifascista
quotidianamente anche quando sembra che il rischio sia lontano. Per
questo motivo occasioni come questa, non sono mere cerimonie retoriche,
ma sono invece occasioni molto significative anche sul piano etico e
politico.

Ma questa giornata è molto importante anche sul piano storico, perché è
l’occasione per sottolineare quanto forse è poco conosciuto, oppure
viene dimenticato, o addirittura deliberatamente misconosciuto: la
portata europea della resistenza antifascista slovena e croata a Trieste
e Gorizia, sul Carso, in Istria e nel litorale.

Vi ringrazio anche personalmente per avermi dato l’opportunità oggi di
rendermene pienamente conto, e di rendermi interprete di questo fatto
che purtroppo è ancora troppo poco noto, e che andrebbe invece fatto
conoscere di più anche nelle scuole: “quello che si diffuse nei
territori sloveni a partire dagli anni venti fu la prima autentica forma
in Europa di antifascismo come movimento diffuso in un popolo.”  Se si
pensa a quale consapevolezza avesse, negli stessi anni, l’opinione
  pubblica, soprattutto italiana, esaltata dalla mistificazione e dalla
propaganda fascista, si coglie pienamente la grandiosa portata ideale e
profetica della comunità slovena. A parte alcuni settori dell’élite
intellettuale antifascista e i membri del Partito Comunista, pochissimi
in Italia seppero rendersi conto allora di quanto stava avvenendo.  La
piena consapevolezza nella popolazione italiana e il dissenso esplicito
al fascismo arrivarono solamente dopo le prime sconfitte militari nella
guerra imperialista dell’Italia a fianco della Germania, quindi quasi
vent’anni dopo. In Italia un’autentica presa di coscienza dal basso, un
convinto sentimento antifascista e lo slancio ideale resistenziale si
diffusero in un movimento collettivo e in un bisogno di partecipazione
attiva, sia di resistenza armata che di resistenza civile, solamente dal
1943 in poi.

Solamente allora la popolazione italiana divenne ciò che mirabilmente
espresse  Calamandrei e oggi è riportato sul monumento alla Resistenza a
Udine: “Quando io considero questo misterioso e meraviglioso moto di
popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno
inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era
giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di
ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto
di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica , ai segreti
comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli
alberi che spuntano lo stesso giorno, come le rondini di un continente
che lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in
viaggio. Era giunta l’ora di resistere, era giunta l’ora di essere
uomini: di morire da uomini, per vivere da uomini.“

È decisivo sia sul piano etico che storico riconoscere oggi come i primi
a prendere coscienza che in Italia si stava delineando un abominevole e
barbaro mostro fascista fu proprio la popolazione di lingua slovena di
Trieste e del goriziano, così barbaramente brutalizzata. Furono loro
questi eroi i primi antifascisti d’Europa. A loro il merito e l’onore.
  La loro è una grande lezione di civiltà e di libertà della quale tutti
siamo debitori. Se solamente i cittadini italiani avessero guardato a
questi loro concittadini sloveni quanto avrebbero saputo riconoscere
prima i segnali di una tragedia che avrebbe di li a poco travolto tutti.
Quanto dolore e quanta sofferenza e violenza contro innocenti si
sarebbero potute evitare.

Va dunque ribadito “quant’era pien di sonno”, come direbbe Dante, la
coscienza italiana in quegli anni, e va riconosciuta e condannata la
violenza contro la popolazione slovena e croata che l’esercito fascista
avrebbe ancora perpetrato nel ventennio successivo culminata con
l’invasione della Slovenia stessa nel 1942, fino alla repressione e ai
rastrellamenti di Lubiana e alla deportazione in massa dei dissidenti
sloveni nei campi di concentramento italiani, come quello di Gonars.

Qui sul Carso e in Istria e nel litorale la grande anima slovena fu
invece profetica della tragedia ma anche della Liberazione. Per cosa
combattevano quei giovani se non per un futuro di dignità che non
avevano mai potuto veramente conoscere, ma solamente immaginare con la
forza dei loro ideali. Quale consapevolezza avevano questi ragazzi che
furono i pionieri della Resistenza antifascista, come movimento di
popolo, in Europa! Proprio la giovane età di questi eroi ci fa capire
quanto fosse profonda e radicata nella comunità slovena questa
consapevolezza di libertà e di giustizia.

Manifestazioni come questa sono anche importanti perché sono momenti nei
quali bisogna ribadire e combattere il revisionismo storico che proprio
a Basovizza assume un significato ancora più drammatico. La tragedia dei
profughi italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, del dopoguerra, non deve
essere sottovalutata e dimenticata, furono anch’essi vittime, vittime
della tragedia della guerra imperialista nazifascista. Ma ricordare
Basovizza, come purtroppo viene fatto, solamente per la sua Foiba, e non
per questi eroi, è una mistificazione che non aiuta a capire la Storia e
quindi a non ripetere gli errori e gli orrori. Accresce solamente i
pregiudizi, gli stereotipi e offende la memoria di questi eroi. Va
riconosciuto invece che la retorica delle foibe è stata inventata dalla
propaganda nazista già nel 1943, paradossalmente addirittura prima che
accadessero i fatti drammatici per i quali oggi è stata istituita la
giornata del ricordo. È decisivo per costruire un’Europa di pace e
convivenza che si riconoscano invece i crimini fascisti e ci si liberi
dalle mistificazioni riconoscendo le tragedie senza fare una contabilità
delle vittime e ricercare inqualificabili giustificazioni. Vanno dunque
respinti e condannati tutti i tentativi di riscrivere la Storia. Le
responsabilità non si cancelleranno mai. La forza oscurantista del
revisionismo è sempre in agguato come dimostrano i numerosi (13)
attentati anche contro questo monumento.

Concludo con tre brevi considerazioni. La prima è che il monumento più
importante per una comunità è costituito dalla propria lingua, quella
slovena qui. Non fu certo a caso se la violenza legalizzata fascista si
abbatté con tanta ferocia proprio contro la lingua slovena. La lingua è
cultura. Il bisogno di identità di una comunità e di un popolo si
realizza attraverso le proprie narrazioni. Ed è proprio la lingua nella
quale queste narrazioni sono espresse che diventa essa stessa la prima e
autentica narrazione, “il mezzo stesso è messaggio” La lingua è
narrazione di identità allo stato puro. Un appello quindi che come
riscatto per questi martiri siano sempre più le occasioni per tutti i
giovani di questi territori italiani e sloveni di poter imparare lo
sloveno. *Tutte le scuole dovrebbero insegnare lo sloveno*, almeno in
questa regione, molte di più dovrebbero diventare almeno bilingui.

L’importanza della Resistenza slovena è decisiva proprio per capire il
senso della nuova cittadinanza Europa che dobbiamo costruire. I
nazionalismi quando diventano fondamentalismi generano mostri. La
Resistenza slovena in queste terre fa invece capire come possa esserci
una difesa della propria identità che non è distruzione del diverso ma
anzi è opportunità di confronto con il diverso. Il pluralismo è il più
grande valore democratico da difendere oltre ad essere una grande
opportunità. Si conosce se stessi anche per contrasto. L’idea di Europa
nazifascista prevedeva un’omologazione totale e l’azzeramento delle
differenze, l’Europa nata della Resistenza invece fa delle differenze il
proprio fondamento: “unita nella differenza” è il suo motto. I
nazionalismi sono un dramma quando diventano, come in recente movimenti
politici anche in Italia, rifiuto e annientamento del diverso, le
identità sono invece delle opportunità di arricchimento quando sono
vissute con orgoglio e tolleranza come viene fatto qui.  L’Europa per
realizzarsi pienamente deve infatti abbandonare il concetto ottocentesco
di stati-nazione. L’intera Europa va sentita come propria patria, la
pluralità di lingue e culture va cementata dai comuni valori di
democrazia e tolleranza.

Un ultima riflessione riguarda il dilemma vissuto così profondamente
nella Resistenza slovena in queste terre: Resistenza legale oppure
Resistenza clandestina e armata. Il XX secolo ha dimostrato che
purtroppo quando la democrazia scompare, l’azione ancorché armata è
inevitabile. E questo è un motivo in più per difendere quindi
strenuamente la democrazia e i diritti delle minoranze. Siamo infatti
tutti minoranza, membri di qualche minoranza. Se una minoranza viene
delegittimata, in quanto tate, da un governo diventiamo tutti
potenzialmente delle vittime. Per questi motivi,  come giustamente viene
ricordato qui a Basovizza, questi martiri hanno dato la loro vita anche
per tutti noi indipendentemente dalla nostra lingua madre. La loro
battaglia per il pieno riconoscimento dell’identità slovena è una
battaglia che hanno condotto anche per la nostra identità, per
l’Umanità, per la democrazia.

Grazie dunque Ferdinand, Franjo, Zvonimir e Alojz, per i vostro
sacrifico, il nostro impegno antifascista e democratico e la difesa
della cultura e lingua slovena sarà il vostro riscatto.

Come dice il poeta Miroslav Košuta:
/E che mai non muoia il ricordo /
/Di un tempo che non deve fare ritorno/

/In da nikdar ne zamre spomin/
/Na čas, ki naj se ne povrne/

Concludo facendo mia la frase eroica con la quale ha concluso la sua
esistenza terrena il giovanissimo Ferdo Bidovec:
*Živela Jugoslavija – Smrt Fašizmu.*

Viva la Resistenza dei popoli al fascismo, viva la verità, la libertà e
la giustizia! Viva i diritti delle minoranze.

*Furio Honsell, sindaco di Udine*

/Basovizza, 7 settembre 2014/


__._,_.___
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Inviato da: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" <jugocoord at tiscali.it>
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Jure Ellero, dal cognome italianizzato dal fascismo antislavo nel 1930