-------- Messaggio originale --------
Di Gideon Levy, Haaretz, 21 luglio
Dopo che abbiamo detto
tutto ciò che câè da dire sul conto di Hamas â che è
integralista, che è crudele, che non riconosce Israele, che
spara sui civili, che nasconde munizioni dentro le scuole e
gli ospedali, che non ha fatto niente per proteggere la
popolazione di Gaza â dopo che è stato detto tutto questo,
e a ragione, dovremmo fermarci un attimo e ascoltare Hamas.
Potrebbe perfino esserci consentito metterci nei suoi panni e
forse addirittura apprezzare lâaudacia e la capacità di
resistenza di questo nostro acerrimo nemico, in circostanze
durissime.
Invece Israele preferisce tapparsi le orecchie
davanti alle richieste della controparte, anche quando queste
richieste sono giuste e corrispondono agli interessi sul lungo
periodo di Israele stesso. Israele preferisce colpire Hamas
senza pietà e senza alcun altro scopo che la vendetta.
Stavolta è particolarmente chiaro: Israele dice di non voler
rovesciare Hamas (perfino Israele capisce che se lo fa si
ritroverà sulla porta di casa la Somalia, altro che Hamas),
ma non è disponibile ad ascoltare le sue richieste. Quelli di
Hamas sono tutti âbestieâ? Ammettiamo pure che sia vero,
ma tanto lì stanno e lì restano, e lo pensa anche Israele.
Quindi, perché non ascoltarli?
La settimana scorsa sono state pubblicate, a nome di
Hamas e della Jihad islamica, dieci condizioni per un cessate
il fuoco che sarebbe durato dieci anni. Possiamo anche
dubitare che le richieste arrivassero davvero da quelle due
organizzazioni, ma comunque erano una buona base per un
accordo. Tra di esse non ce nâera neanche una che fosse
priva di fondamento.
Hamas e la Jihad islamica chiedono libertà per Gaza.
Câè forse una richiesta più comprensibile e lecita? Senza
accettarla non câè modo di mettere fine allâattuale ciclo
di uccisioni e di evitarne un altro nel giro di pochi mesi.
Nessuna operazione militare â aerea, terrestre o marittima
che sia â fornirà una soluzione. Solo cambiando
radicalmente atteggiamento nei confronti di Gaza si potrÃ
garantire ciò che tutti vogliono, cioè la tranquillità .
Leggete lâelenco delle richieste e giudicate
onestamente se tra di loro ce ne sia anche una sola ingiusta:
ritiro dellâesercito israeliano e autorizzazione dei
coltivatori a lavorare le loro terre fino al muro di
sicurezza; scarcerazione di tutti i prigionieri rilasciati in
cambio della liberazione di Gilad Shalit e poi arrestati; fine
dellâassedio e apertura dei valichi; apertura di un porto e
di un aeroporto sotto gestione Onu; ampliamento della zona di
pesca; supervisione internazionale del valico di Rafah;
impegno da parte di Israele a mantenere un cessate il fuoco
decennale e chiusura dello spazio aereo di Gaza ai velivoli
israeliani; concessione ai residenti di Gaza di permessi per
visitare Gerusalemme e pregare nella moschea Al Aqsa; impegno
da parte di Israele a non interferire con le decisioni
politiche interne dei palestinesi, vedi la creazione di un
governo di unità nazionale; infine, apertura della zona
industriale di Gaza.
Queste sono condizioni civili, i mezzi per
realizzarle sono militari, violenti e criminali. Ma la veritÃ
(amara) è che tutti se ne fregano di Gaza quando non spara
missili contro Israele. Guardate la sorte toccata a quel
dirigente palestinese che ne aveva abbastanza delle violenze,
Abu Mazen: Israele ha fatto tutto quanto in suo potere per
distruggerlo. E qual è la triste conclusione? âFunziona
solo la forzaâ.
La guerra in atto è una guerra per scelta e la
scelta lâabbiamo fatta noi israeliani. Ã vero, quando Hamas
ha cominciato a sparare missili Israele non poteva non
reagire. Ma contrariamente a ciò che tenta di spacciare la
propaganda israeliana, i missili non sono mica piovuti dal
cielo senza motivo. Basta tornare indietro di qualche mese:
rottura delle trattative da parte di Israele; guerra contro
Hamas in Cisgiordania in seguito allâassassinio dei tre
studenti di un seminario rabbinico â è dubbio che lo abbia
pianificato Hamas â e arresto di 500 suoi attivisti con
false accuse; blocco dei pagamenti degli stipendi ai
lavoratori di Hamas a Gaza e opposizione di Israele al governo
di unità nazionale, che forse avrebbe potuto ricondurre Hamas
entro lâagone politico. Chiunque pensi che Hamas avrebbe
potuto incassare senza batter ciglio, probabilmente soffre di
arroganza, autocompiacimento e cecità .
A Gaza â e in minor misura anche in Israele â si
sta versando una quantità terrificante di sangue. Questo
sangue è versato invano. Hamas è martellato da Israele e
umiliato dallâEgitto. Lâunica possibile soluzione sta
nella direzione esattamente opposta a quella dove sta andando
Israele. Un porto a Gaza, così che possa esportare le sue
ottime fragole? Agli israeliani suona come unâeresia. Qui,
ancora una volta, si preferisce il sangue (palestinese) alle
fragole (palestinesi).
(Traduzione di Marina
Astrologo)
Caro Lorenzo,
grazie per la lunga e
dettagliata risposta.
C'è molto materiale da
approfondire e studiare per me, dammi un po' di
tempo e ti rispondo.
Grazie ancora, ciao
Carlo
Il giorno 23 luglio 2014
15:09, Lorenzo Galbiati <lorenz.news at yahoo.it>
ha scritto:
Caro Carlo, grazie delle
tua precisa e dettagliata risposta.
Ti specifico alcuni punti.
1) Noi: io, te e
i radicali, contiamo zero
per Israele. Per Israele
conta zero anche la
volontà dell'Europa,
degli Usa (che però è
condizionata dalla lobby
ebraica americana) e
dell'ONU. Israele vuole
solo prendersi tutta la
terra fino al Giordano.
Non vuole uno stato
palestinese, e se lo
permetterà sarà uno
stato fantoccio, che lui
potrà controllare, senza
Gerusalemme. Israele è
ormai vicino a questa meta
di prendersi tutta la
terra. Dopo potrà anche
entrare in Europa se
l'Europa glielo propone,
dato che deve aver partner
commerciali. Ma non sarÃ
mai una democrazia laica
occidentale rispettosa dei
diritti civili di tutti
finché sarà stato
ebraico. E la miopia dei
radicali è il non vedere
questa semplice verità .
2) Se i radicali
volessero davvero uno
stato laico e democratico
e smilitarizzato,
dovrebbero spendersi per
uno stato unico
binazionale, laico: cioè
non ebraico. Ma non lo
fanno, perché sono
sostenitori della causa
israeliana, non
riconoscono
nell'ebraicità dello
stato la causa delle tante
discriminazioni e dei
tanti crimini che fa, per
i quali occorre un
esercito, e hanno il
quarto esercito del mondo.
Israele come dicono gli
israeliani nonviolenti è
UN ESERCITO CON UNO STATO.
3)
Ho letto la storia del
partito radicale in
Italia negli ultimi
anni. Per me, 43 anni,
Pannella rimane quello
che ho iniziato a
conoscere negli anni
Ottanta, quando era
l'amicone di Craxi, e
poi nel 1991, quando
mentre io facevo il
servizio civile lui
chiamava Saddam Hussein
macellaio e diceva di
sostenere la guerra
all'Iraq in nome di
Gandhi e della
nonviolenza.
Il
PR con la sua foto di
Gandhi nel simbolo è
per me il massimo
oltraggio alla
nonviolenza. Altro che
Grillo, che si limita
alle parolacce, i
radicali sostengono
attivamente guerre e
stati terroristi come
Israele. Ho conosciuto
molti giovani radicali
che usano la nonviolenza
solo come arma tattica
per sostenere la bontÃ
della visione
occidentale capitalista,
liberista, irrispettosa
delle diversità ,
sionista. Per loro
Gandhi è riassunto solo
nella frase: "se dovessi
scegliere solo tra
viltà e violenza,
sceglierei la violenza",
per giustificare il
fatto che si deve
intervenire sempre, con
ogni metodo, anche
violento. Quindi, grande
Cavallotti, meriti ai
radicali per la legge
sull'obiezione di
coscienza e per vari
referendum e per altro
ancora, ma per quanto mi
riguarda dagli anni
Ottanta i radicali sono
per me INCOMPATIBILI con
la nonviolenza, sia per
la loro visione sia per
la loro prassi.
4) Dissento energicamente dalla tua
frase: "parliamo di
un'organizzazione
che...è propensa allo
schierarsi dalla parte
dei deboli e degli
ultimi". Assolutamente
no, si schiera a
difesa di chi
condivide una visione
con una etica
individualista,
capitalista,
liberista, sionista.
Non si schiera per i
diritti dei
lavoratori, ma del
libero mercato, non
per i palestinesi, ma
per i loro
oppressori.
5)
L'Europa di oggi e i
radicali di oggi sono
per me la negazione di
quella del Manifesto di
Ventotene, e non è
certo allargandola a
stati che applicano
ancora di meno i diritti
civili che migliorerà .
6)
Ognuno di noi può
sognare una Europa dei
popoli, pacifica, unita,
ecc, con un nuovo
modello di sviluppo,
sono solo sogni però,
non sono minimamente
alla portata del qui e
ora. In più, non
capisco perché parti
dell'Africa e dell'Asia
debbano entrare in
Europa. Questa è una
visione eurocentrica di
supremazia occidentale.
Cosa diresti tu se gli
arabi cercassero di fare
entrare gli stati
europei in una Unione
mediorientale che loro
hanno fondato, e che
quindi ha principi
dettati da loro?
7)
Peres e Oz sono due
guerrafondai. Il primo
è un criminale, il
secondo un sostenitore
accanito di guerre
criminali, come quando
nel 2006 scrisse che la
guerra al Libano non
solo era legittima ma
eticamente giusta. Oz
non condanna mai le
guerre di Israele, anzi
le sostiene
espressamente. Perez è
responsabile di varie
carneficine. I pacifisti
israeliani: Jeff Halper,
Michel Warscahwski,
considerano questi
sionisti "moderati" come
il volto accettabile per
noi europei dei crimini
di Israele, e li
disprezzano
profondamente, proprio
perché con i loro modi
più educati legittimano
in Europa i crimini di
Israele. Credo che i
radicali non sappiano
nulla degli attivisti
nonviolenti israeliani,
di quel che dicono e
fanno (il boicottaggio
di Israele). E se lo
sanno, e pensano quel
che scrivi tu, hanno
visioni e pratiche
diametralmente opposte.
Che
Perez e Oz vogliano
entrare in Europa, non
mi stupisce, perché
loro come gran parte
degli israeliani sono
come dei coloni europei
avulsi dal Medio
Oriente. E come ti ho
già scritto, il
processo da fare se
Israele volesse la pace,
sarebbe quello di
integrarsi con la
realtà araba che ha
intorno, non con
l'Europa.
Come
vedi, abbiamo visioni
radicalmente opposte.
Mi
scuso per la lunghezza,
nel caso possiamo
proseguire con messaggi
privati.
Lorenzo Galbiati
Il giorno 23
luglio 2014 02:49,
Lorenzo Galbiati <lorenz.news at yahoo.it>
ha scritto:
Caro
Carlo
Gandolfo, ti
esprimo il mio
parere, che
vale solo per
me, non
rappresentando
nessuno.
Credo
che questa
proposta sia
del tutto
insensata.
Il
che è
normale, dato
che a
sostenerla è
il partito radicale, ossia un
partito
ultra-filosionista
e molto
centrato sulla
supremazia dei
valori
occidentali. Per quel che ne so io, è
fantascienza
l'idea di fare
diventare
Europa tutto
il
Mediterraneo
(che è fatto
da Africa e
Asia oltre che
Europa). I
paesi arabi
hanno una loro
identità e va
rispettata,
non fagocitata
in una Europa
che sarebbe
poi un
assemblaggio
assolutamente
senza
fisionomia
(già quella
di adesso è
messa male, in
mano alle
banche e per
niente unita
politicamente,
per niente una
Europa dei
popoli).
I
sondaggi danno
gli israeliani
favorevoli,
perché son in
gran parte
ebrei
ashkenaziti,
cioè arrivati
dall'Europa,
specie quella
dell'est, la
più
filoccidentale
oggi. Ma è
proprio qui il
problema:
Israele è un
corpo estraneo
al Medio
Oriente
proprio
perchè
colonia
europea, che
non si integra
con gli arabi
che lo
circondano. I
pacifisti-nonviolenti
israeliani non
si sognano
lontanamente
di proporre a
Israele di
entrare in
Europa: al
contrario,
chiedono a
Israele di
integrarsi con
i vicini
arabi, di fare
per esempio
una
confederazione
con la
Giordania.
Chiedi a Jeff
Halper.
Solo
un Israele
pacificato con
i palestinesi
e cooperante
con gli stati
arabi sarÃ
ben accetto,
specie se
diventasse
stato
laico
binazionale,
con ebrei e
palestinesi
sullo stesso
piano. L'idea
poi che fare
entrare
Israele in
Europa porti
alla pace con
i palestinesi
è del tutto
assurda:
Israele non
vuole in
nessun caso
lasciare la
terra ai
palestinesi, i
quali
giustamente
vogliono anche
Gerusalemme
est. In ogni
caso, ormai
sempre più
israeliani,
non solo di
sinistra, non
solo
pacifisti,
oramai dicono
che la
soluzione due
popoli due
stati è
impraticabile
sul campo, e a
renderla
impraticabile
è stato
Israele con le
sue colonie.
In
conclusione,
non so chi
siano i due di
Fatah che
hanno risposto
in questo
scritto, ma è
chiaro che a
loro importa
che i
palestinesi
abbiano uno
stato (loro ci
sperano
ancora) o
siano
integrati in
un Israele non
ebraico ma
laico. E'
chiaro che a
loro tutto è
meglio del
presente, nel
quale non c'è
un futuro per
i palestinesi.
Ma una cosa è
certa: Israele
non lascerÃ
mai
Gerusalemme
est e la terra
dei coloni ai
palestinesi
per entrare in
Europa. E' una
assurdità che
dimostra solo
come chi lo
pensa non
sappia vedere
e interpretare
quel che fa
Israele.
Quel
che può fare
l'Europa è
boicottare
Israele, se
vuole dare una
chance ai
palestinesi di
vivere con
dignità . Ma i
radicali,
presunti (ma
falsi)
nonviolenti,
essendo
filoisraeliani
e
completamente
ciechi su quel
che succede in
Palestina,
pensano solo a
come integrare
Israele
nell'Europa.
Lorenzo
Galbiati
Una
proposta di
soluzione,
dall'alto.
Non escludente
un'azione
nonviolenta di
natura
omnicratica,
dal basso.
Voi
che ne
pensate?
-------------------
"I
confini di
Israele
possono essere
i confini
degli Stati
Uniti d'Europa
(e del
Mediterraneo)â:
iniziava così
l'articolo-manifesto,
pubblicato a
pagamento da
Marco Pannella
su alcuni
quotidiani
israeliani in
occasione del
primo
Consiglio
Federale del
Partito
Radicale a
Gerusalemme
est nel 1988. âIsraele
nellâUnione
Europea è
naturale
ricongiungimento,
premessa per
il
ricongiungimento
europeo,
mediterraneo:
con Turchia,
con Giordania,
Palestina e
Libano
democratici,
fino al
Maghreb, al
Marocco",
ribadirÃ
Pannella.
Tutti
i sondaggi
danno gli
israeliani
fortemente
favorevoli. Ma
cosa ne
pensano i
Palestinesi? âL'entrata
in una
comunità come
quella europea
darebbe a
Israele e
Palestina la
pressione
necessaria per
incamminarsi
sulla strada
della pace,
secondo la
legge
internazionale.
L'UE dovrebbe
però porre
come
condizione a
Israele
lâaccettazione
di uno stato
palestinese
con pari
dignità â,
dice Raed
Debiyi,
Segretario
internazionale
del movimento
dei giovani di
Fatah.
Sulla
stessa linea
altri due
intervistati,
Rami Abu
Khalil, membro
del
Segretariato
per gli affari
internazionali
e Husam
Zomlot, membro
del Comitato
affari esteri
di Fatah: âGli
Europei sono i
vicini
immediati di
Israele e
Palestina,
inoltre sono
importanti
partner
commerciali.
LâUE ha in
sé
l'esperienza
straordinaria
di aver
superato i
confini e noi
in Palestina
dovremmo
trarre
ispirazione e
guardare
all'Europa
come modello.
La civiltÃ
qui è molto
radicata,
abbiamo molto
da offrireâ.
Per questo
obiettivo
Radicale,
anche le donne
e gli uomini
israeliani e
palestinesi
più aperti, e
oggi ridotti
allo
sconforto,
potrebbero
ritrovare una
speranza e una
prospettiva di
azione.
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