Re: [Disarmo] R: Re: R: Vertice a Bruxelles Ue condanna lancio di missili da Gaza, "Israele faccia uso proporzionato della forza"



Su Palestina e 'creazione' di Israele: Filippo Gaja, Le frontiere maledette del Medio Oriente, ed. Teti.

jure

Il 17/07/2014 23:13, rossana123 at libero.it ha scritto:
nessuno qui pensa che il conflitto israelo-palestinese sia spiegabile
usando categorie appartenenti alla metafisica.
due testi:

La pulizia etnica della Palestina di Ilan Pappé
http://www.ism-italia.org/wp-content/uploads/la-pulizia-etnica-della-Palestina-flyer-promozionale.pdf
http://ebookbrowsee.net/bibliografia-pdf-d262377038


    E.W. Said, /The Question of Palestine/, Vintage Books, New York
    1992, trad. it. /La questione palestinese. La tragedia di essere
    vittima delle vittime/, Gamberetti Editrice, Roma 1995, ISBN
    88-7990-038-2

/La questione palestinese/ di Edward W. Said è un libro bello e utile,
al pari di /Orientalismo/, l'opera che ha reso celebre questo professore
statunitense di origine palestinese che insegna letteratura comparata
alla Columbia University di New York. Si tratta di una delle pochissime
'interpretazioni palestinesi' della storia della Palestina di cui la
cultura occidentale disponga.

Scritto circa vent'anni fa, il libro continua ad offrire elementi di
riflessione di grande rilievo e di una sorprendente attualità. Ci aiuta
a cogliere in profondità le ragioni storiche di ciò che oggi sta
accadendo in Palestina: il definitivo fallimento degli accordi di Oslo e
della 'mediazione' statunitense, l'esplosione della nuova Intifada che
ha ormai come obiettivo l'indipendenza di /tutto/ il popolo palestinese,
la devastazione di ciò che resta di Gaza, della Cisgiordania e di
Gerusalemme-est dopo trentacinque anni di occupazione militare, lo
smantellamento dell'Autorità nazionale palestinese, la strage senza fine
di ebrei e di palestinesi innocenti.

Ciò che a mio parere rende prezioso il contributo di Said è il suo
tentativo di ricostruire la 'questione palestinese' da un punto di vista
palestinese - non genericamente arabo o islamico - e di farlo a partire
dagli inizi dell'intera vicenda: la nascita del movimento sionista,
l'affermazione della sua ideologia nel contesto della cultura
colonialista europea degli ultimi decenni dell'Ottocento, l'avvio del
fenomeno migratorio verso la Palestina. E in parallelo Said traccia la
storia del popolo palestinese e ne presenta un accurato profilo
demografico e sociologico.

È da questi elementi che bisogna partire, sostiene Said, se si vuole
'capire' la questione palestinese. 'Capire', se si accoglie questo
suggerimento metodologico, significa rintracciare la linea di continuità
storica e ideologica che lega fra loro una lunga serie di eventi: le
prime ondate dell'emigrazione sionista in Palestina, la costituzione
dello Stato di Israele, la sua progressiva espansione territoriale, la
dispersione violenta del popolo palestinese, la negazione (non solo
israeliana, ma anche araba) della sua identità collettiva, l'occupazione
militare di tutte le sue terre, la prima e la seconda Intifada, il
terrorismo suicida di Hamas e degli altri gruppi del nazionalismo
palestinese estremo.

C'è un tema cruciale sul quale Said insiste, accumulando un'ampia
documentazione e interpretandola con estrema cura filologica. Nei
decenni a cavallo fra Ottocento e Novecento, periodo nel quale le
potenze europee, /in primis/ l'Inghilterra, decidevano le sorti della
Palestina e incoraggiavano il movimento sionista ad occuparla, la
Palestina non era un deserto. Era, al contrario, un paese dove viveva
una comunità politica e civile composta di oltre seicentomila persone,
che dava nome al territorio e che lo occupava legittimamente da secoli.

I palestinesi parlavano l'arabo ed erano in gran parte mussulmani
sunniti, con la presenza di minoranze cristiane, druse e sciite, che
usavano anch'esse la lingua araba. Grazie al suo elevato grado di
istruzione, la borghesia palestinese costituiva una /élite/ della
regione mediorientale: intellettuali, imprenditori e banchieri
palestinesi occupavamo posti chiave nel mondo politico arabo, nella
burocrazia e nelle industrie petrolifere del Golfo Persico. Questa era
la situazione sociale e demografica della Palestina nei primi decenni
del Novecento e tale sarebbe rimasta fino a qualche settimana prima
della proclamazione dello Stato d'Israele nella primavera del 1948: in
quel momento in Palestina era presente una popolazione autoctona di
circa un milione e mezzo di persone (mentre gli ebrei, nonostante
l'imponente flusso migratorio del dopoguerra, superavano di poco il
mezzo milione).

L'intera vicenda dell'invasione sionista della Palestina e della
autoproclamazione dello Stato di Israele ruota dunque attorno ad una
operazione ideologica che poi si incarnerà in una sistematica strategia
politica: la negazione dell'esistenza del popolo palestinese. Nelle
dichiarazioni dei maggiori leader sionisti - da Theodor Herzl a Moses
Hess, a Menachem Begin, a Chaim Weizman - la popolazione nativa, quando
non è totalmente ignorata, viene squalificata come barbara, indolente,
venale, dissoluta. A questo diffusissimo /clichet/ coloniale è
strettamente associata l'idea che il compito degli ebrei sarebbe stato
quello di occupare un territorio arretrato e semideserto per
ricostruirlo dalle fondamenta e 'modernizzarlo'. E secondo una
interpretazione radicale della 'missione civilizzatrice' dell'Europa e
del suo 'colonialismo ricostruttivo', la nuova organizzazione politica
ed economica israeliana avrebbe dovuto escludere ogni cooperazione, se
non di carattere subordinato e servile, della popolazione autoctona
(mentre lo Stato israeliano sarebbe rimasto aperto all'ingresso di tutti
gli ebrei del mondo e soltanto degli ebrei).

Non a caso, la prima grande battaglia che i palestinesi sono stati
costretti a combattere per risalire la china dopo la costituzione dello
Stato d'Israele è stata quella di opporsi alla loro vera e propria
cancellazione storica. Il loro obiettivo primario è stato di affermare -
non solo contro Israele, ma anche contro paesi arabi come l'Egitto, la
Giordania, la Siria - la loro identità collettiva e il loro diritto
all'autodeterminazione. Soltanto molto tardi, non prima del 1974, le
Nazioni Unite prenderanno formalmente atto dell'esistenza di un soggetto
internazionale chiamato Palestina e riconosceranno in Yasser Arafat il
suo legittimo rappresentante.

La negazione dell'esistenza di un popolo nella terra dove si intendeva
installare lo Stato ebraico è lo stigma coloniale e, in definitiva,
razzistico che caratterizza sin dalle sue origini il movimento sionista:
un movimento del resto strettamente legato alle potenze coloniali
europee e da esse sostenuto in varie forme. Dopo aver a lungo progettato
di costituire in Argentina, in Sudafrica o a Cipro la sede dello Stato
ebraico, la scelta del movimento sionista cade sulla Palestina non solo
e non tanto per ragioni religiose, quanto perchè si sostiene, assieme a
Israel Zangwill, che la Palestina è "una terra senza popolo per un
popolo senza terra".

È in nome di questa logica coloniale che inizia l'esodo forzato di
grandi masse di palestinesi - non meno di settecentomila - grazie
soprattutto al terrorismo praticato da organizzazioni sioniste come la
Banda Stern, guidata da Yitzhak Shamir, e come l'Irgun Zwai Leumi,
comandata da Menahem Beghin, celebre per essersi resa responsabile della
strage degli abitanti - oltre 250 - del villaggio di Deir Yassin.

Poi, a conclusione della prima guerra arabo-israeliana, l'area occupata
dagli israeliani si espande ulteriormente, passando dal 56 per cento dei
territori della Palestina mandataria, assegnati dalla raccomandazione
della Assemblea Generale delle Nazioni Unite, al 78 per cento,
includendo fra l'altro l'intera Galilea e buona parte di Gerusalemmme.
Infine, a conclusione dalla guerra dei sei giorni, nel 1967, come è
noto, Israele si impadronisce anche del restante 22 per cento, si
annette illegalmente Gerusalemme-est e impone un duro regime di
occupazione militare agli oltre due milioni di abitanti della striscia
di Gaza e della Cisgiordania. Il tutto accompagnato dalla sistematica
espropriazione delle terre, dalla demolizione di migliaia di case
palestinesi, dalla cancellazione di interi villaggi, dall'intrusione di
imponenti strutture urbane nell'area di Gerusalemme araba, oltre che in
quella di Nazaret.

Ma, fra tutte, è la vicenda degli insediamenti coloniali nei territori
occupati della striscia di Gaza e della Cisgiordania a fornire la prova
più persuasiva del buon fondamento dell'interpretazione 'colonialista'
proposta da Edward Said. Come spiegare altrimenti il fatto che, dopo
aver conquistato il 78 per cento del territorio della Palestina, dopo
aver annesso Gerusalemme-est ed avervi insediato non meno di 180 mila
cittadini ebrei, lo Stato di Israele si è impegnato in una progressiva
colonizzazione anche di quell'esiguo 22 per cento rimasto ai
palestinesi, e già sotto occupazione militare? Come è noto, a partire
dal 1968, per iniziativa dei governi sia laburisti che di destra,
Israele ha confiscato circa il 52 per cento del territorio della
Cisgiordania e vi ha insediato oltre 200 colonie, mentre nella
popolatissima e poverissima striscia di Gaza ha confiscato il 32 per
cento del territorio, istallandovi circa 30 colonie. Complessivamente
non meno di 200 mila coloni oggi risiedono nei territori occupati, in
residenze militarmente blindate, collegate fra loro e con il territorio
dello Stato israeliano attraverso una rete di strade (le famigerate
/by-pass routes/) interdette ai palestinesi e che frammentano e lacerano
ulteriormente ciò che rimane della loro patria.

Si può dunque concludere, assieme a Said, che il 'peccato originale'
dello Stato di Israele è il suo carattere strutturalmente sionista: il
suo rifiuto non solo di convivere pacificamente con il popolo
palestinese ma persino di gestire la propria egemonia in modi non
repressivi, coloniali e sostanzialmente razzisti. Ciò che l'ideologia
sionista è riuscita ad ottenere - indubbiamente favorita dalla
persecuzione antisemitica e dalla tragedia dell'Olocausto - è stata la
progressiva conquista della Palestina /dall'interno/. E ciò ha dato e
continua a dare al mondo - non solo a quello occidentale -l'impressione
che l'elemento indigeno sia costituito dagli ebrei e che stranieri siano
i palestinesi. In questa anomalia sta il nucleo della tragedia che si è
abbattuta sul popolo palestinese, la ragione principale delle sue molte
sconfitte: il sionismo è stato molto più di una normale forma di
conquista e di dominio coloniale dall'esterno. Esso ha goduto di un
consenso e di un sostegno generale da parte dei governi e della opinione
pubblica europea come non è accaduto per alcun'altra impresa coloniale.

Ma qui sta anche il grave errore commesso dalla classe politica
israeliana e dalla potente /élite/ ebraica statunitense che ne ha sempre
condiviso le scelte politico-militari. Un popolo palestinese esisteva in
Palestina prima della costituzione dello Stato di Israele, continua ad
esistere nonostante lo Stato di Israele ed è fermamente intenzionato a
sopravvivere allo Stato di Israele, nonostante le sconfitte, le
umiliazioni, la sanguinosa distruzione dei suoi beni e dei suoi valori.





    ----Messaggio originale----
    Da: farabir at iii.it
    Data: 17/07/2014 22.02
    A: <disarmo at peacelink.it>
    Ogg: Re: [Disarmo] R: Vertice a Bruxelles Ue condanna lancio di
    missili da Gaza, "Israele faccia uso proporzionato della forza"

    
    Non conosco Tania, ma sono anch' io convinto che dietro la guerra
    israelo-palestinese ci sino i poteri forti della politica e della
    finanza internazionale, con la spinta propulsiva della comunità
    potentissima degli ebrei americani.
      Gli USA hanno una grossa responsabilità in tutto ciò.
    Se gli USA smettessero di finanziare gli armamenti per Israele, la
    guerra in quei territori cesserebbe.
    Franco
    -----------------------------------------
    Franco BORGHI
    Via Frescobaldi 13 - 44042 CENTO
    Tel. 051.6836715
    Cell.348.3802633
    E-mail: xenos at iii.it <mailto:xenos at iii.it> - farabir at iii.it
    <mailto:farabir at iii.it>

        ----- Original Message -----
        *From:* Tania Pizzamiglio <mailto:tania.pizzamiglio at yahoo.it>
        *To:* disarmo at peacelink.it <mailto:disarmo at peacelink.it>
        *Sent:* Thursday, July 17, 2014 8:09 PM
        *Subject:* Re: [Disarmo] R: Vertice a Bruxelles Ue condanna
        lancio di missili da Gaza, "Israele faccia uso proporzionato
        della forza"

        sono nata e cresciuta italiana cittadina italiana e mi hanno
        usato discriminazione violenza e detto in diverse domande di
        lavoro che essendo italiana in italia non avevo diritto ma la
        precedenza e diritto è per stranieri di qualsiasi provenienza
        essi siano
        ero in palestina mi son  trovata di casa
        ero in israele e mi avevano chiesto di restare
        ero in canada
        ero in australia
        ero in zagabria
        ecc.
        ho condiviso tempo e luoghi con tutti di ogni cultura razza
        credo senza mai avere alcun problema
        questa situazione che NON è voluta da nessuno dei civili ne
        palestinesi-arabi ne israeliani ma da Poteri mossi per controlli
        di Business di Mercato ove non sono esenti presenze e pressioni
        Usa-Europee-Russe ...
        ah guarda ... storia senza costrutti
        e impari
        ora embargo totale per palestinesi e tutto facile per chi attacca
        e paradosso accusa di terrorismo a chi viene offeso e risponde
        in difesa
        assurdo
        vittime e anche colpevolizzati
        ma ti pare?
        via tutte le presenze inutili e sobillatrici da tutto il mondo e
        controllando come garanti facciamoli sedere a dialogare santi numi!
        invece no, perchè conviene la guerra, porta soldi
        trovi un capro espiatorio fasullo e via butti giù nelle tue
        empietà la moltitudine di masse cieche e che non si informano
        pensa stamattina mi son sentita urlare addosso
        viva israele stato riconosciuto storicamente e spariscano gli
        altri non riconosciuti come stato
        ma che si millanta in giro????
        i palestinesi erano stato arabo
        poi ci fu il pandemonio 1946 scappa controllo francese e ci sono
        gli inglesi che se ne vanno 1947
        ...
        ok dai scusa il polpettone
        ma soffro tremendamente
        io ero nel deserto con i palestinesi 2005
        ho gli occhi dei bimbi (allora tra 1 anno e 3 di età) stampati
        nel cervello e nel cuore ... regalavano nonostante tutto un
        sorriso e vi leggevi una malinconia che ti annienta
        gli adolescenti a hebron tra misto di delusione, voglia di dirsi
        per chi sono veramente (non violenti, speranze di progetti per
        il futuro per la comunità per una vita dignitosa e normale...)
        ogni anno che passa io sono sempre più lacerata e sbrindellata
        i miei articoli reports di quanto visto e raccolto là non sono
        mai stati pubblicati e narravo solo delle verità paro paro,
        nessun riferimento politico o altro
        ti pare?
        grazie per tutto
        tania


        Il Giovedì 17 Luglio 2014 18:45, Sebastiano Cosenza
        <sebastiano.cosenza at fastwebnet.it> ha scritto:


        L’equidistanza è un modo criminale per  proseguire nella
        mattanza  di palestinesi.
        Come si fa ad essere equidistanti tra vittima e carnefice, tra
        occupante e occupato. Con questa logica il regime di apartheid
        Sudafricano sarebbe ancora in vigore  e Mandela ancora in galera
        (anche da morto).
        sebastiano
        *Da:*disarmo-request at peacelink.it
        [mailto:disarmo-request at peacelink.it] *Per conto di
        *rossana123 at libero.it
        *Inviato:* giovedì 17 luglio 2014 08:09
        *A:* disarmo at peacelink.it
        *Oggetto:* [Disarmo] Vertice a Bruxelles Ue condanna lancio di
        missili da Gaza, "Israele faccia uso proporzionato della forza"
        L'Ue, sottolineano i leader, segue con preoccupazione la
        violenza in Israele e Gaza e deplora "la perdita di vite innocenti"
        http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Ue-condanna-lancio-di-missili-da-Gaza-Israele-deve-usare-la-forza-in-modo-proporzionato-093cbf4b-a399-4f02-9b7e-f315143df5e1.html?print#sthash.J4KTpkvo.dpuf


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