[Disarmo] Arrivano le armi chimiche siriane



Calabria. Domani il trasbordo, ma l’operazione sta facendo acqua da tutte le parti
di Silvio Messinetti

Non c’è Stato a que­ste lati­tu­dini. «Sarà la più grande ope­ra­zione navale della sto­ria della Repub­blica» aveva annun­ciato in pompa magna l’ex tito­lare degli Esteri, Emma Bonino. Pec­cato che la mini­stra che ha preso il suo posto alla Far­ne­sina con il governo Renzi, Fede­rica Moghe­rini, non sarà a Gioia Tauro il 2 luglio per il tra­sbordo delle armi chimiche siriane. Lo stesso giorno sarà infatti a Stra­sburgo per pre­sen­tare il seme­stre di pre­si­denza ita­liana dell’Unione euro­pea. «Avevo assi­cu­rato che sarei stata pre­sente sia per assi­stere alle ope­ra­zioni di tra­sbordo sia per ras­si­cu­rare sulla totale sicu­rezza dell’operazione, ma la coin­ci­denza dei due eventi lo rende impos­si­bile», ha pre­ci­sato Mogherini.

L’operazione sta facendo acqua da tutte le parti. E rischia di essere un boo­me­rang per tutto il governo. Piani di eva­cua­zione ancora ignoti, spe­cie ai lavo­ra­tori del porto, popo­la­zione disin­for­mata e impau­rita, ospe­dali e strut­ture sani­ta­rie ina­de­guate. Il tra­sbordo è l’operazione che più pre­oc­cupa. Le due navi, la sta­tu­ni­tense Cape Ray e il cargo danese Ark Futura pro­ve­niente dalla Siria con il suo carico di 60 con­tai­ner cari­chi di 570 ton­nel­late di agenti chi­mici con “prio­rità 1″ (iprite e pre­cur­sori del sarin), ver­ranno attrac­cate in un tratto di ban­china a sud del porto. I con­tai­ner saranno spo­stati da una tren­tina di por­tuali dipen­denti della Mct. Le due navi sono di tipo Ro/Ro, imbar­ca­zioni che uti­liz­zano la tec­nica roll on — roll off di movi­men­ta­zione oriz­zon­tale del carico, dotate cioè di un por­tel­lone davanti alla prua che con­sente l’accesso a mezzi gom­mati. Per ogni con­tai­ner tra­sbor­dato dovrà essere attuata la pro­ce­dura di segna­la­zione alla sala ope­ra­tiva rela­tiva alla tipo­lo­gia di sostanze con­te­nenti all’interno. I con­tai­ner ver­ranno sca­ri­cati da gru per le quali è stata anche pre­vi­sta l’istallazione di un gene­ra­tore in caso di man­canza di ener­gia elet­trica. Lungo il tratto di ban­china dove si svol­ge­ranno le ope­ra­zioni saranno istal­late delle bar­riere e delle zone assor­benti in caso di inci­dente o per­dite di sostanze chimiche sul terreno.

Ma, denun­ciano i lavo­ra­tori del Sul e dell’Usb, «manca un piano di eva­cua­zione sani­ta­ria, gli impianti di decon­ta­mi­na­zione non sono stati testati e non abbiamo un kit di pronto inter­vento per ‘auto­sal­varci’ in caso di con­ta­mi­na­zione. Ci stanno man­dando al mas­sa­cro per fare bella figura a livello internazionale».

Per fron­teg­giare un’emergenza iprite occor­re­reb­bero dosi mas­sicce di atro­pina. Ma gli ospe­dali ad oggi non hanno ancora rice­vuto nulla da Roma. «Noi chie­diamo di essere pre­senti nella cabina di regia per capire tutte le ope­ra­zioni, ma non ne vogliono sapere», sbot­tano i portuali.

Anche la popo­la­zione locale è in fer­mento. Il coor­di­na­mento Sos Medi­ter­ra­neo ha pro­mosso all’Arena dello Stretto di Reg­gio un flash mob con­tro il tra­sbordo. La mani­fe­sta­zione segue un’analoga ini­zia­tiva fatta a Creta, a largo delle cui acque verrà effet­tuata la distru­zione delle bombe mediante idro­lisi. «Lo scopo — spie­gano — è quello di com­pat­tare un fronte di azioni comuni fra Gre­cia e Italia».

La rab­bia della popo­la­zione è dura a sbol­lire. Qui si sen­tono sopraf­fatti e cit­ta­dini di serie B. Abban­do­nati e in balia degli eventi. La piana di Gioia Tauro è, infatti, un coa­cervo di infra­strut­ture dan­nose, tutte riu­nite nel giro di pochi chi­lo­me­tri. Pro­prio qui è pre­sente l’unico ince­ne­ri­tore della Cala­bria, in avan­zata fase di rad­dop­pio. C’è una cen­trale a turbo gas nei din­torni. C’è ancora un elet­tro­dotto che col­lega Riz­zi­coni fino a Laino Borgo. Un mega­de­pu­ra­tore che riu­ni­sce 20–30 comuni della Piana. Si pro­spetta fra non molto il più grande rigas­si­fi­ca­tore d’Europa che verrà siste­mato su quat­tro faglie sismo­ge­ne­ti­che attive. E da una di que­ste è nato il ter­re­moto del 1783 che ha distrutto mezza Calabria.

Se c’era un ter­ri­to­rio ina­datto per ope­ra­zioni di tal genere era pro­prio questo.