[Disarmo] il Manifesto oggi su nucleare civile e militare
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- Date: Tue, 24 Jun 2014 21:51:44 +0200 (CEST)
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Importanti articoli relativi alla problematica antinucleare nella quale siamo impegnati apparsi sul "Manifesto" di oggi (23 giugno 2014):
1- Sulle "atomiche d'Italia" di Manlio Dinucci
2- Sul Libro Bianco della Difesa della Pinotti
3- Confusione legislativa sulle scorie nucleari di Giorgio Ferrari
4- Percorso tortuoso per il deposito delle scorie nucleari di Giorgio Ferrari
(Omettiamo l'inchiesta su Borgo Sabotino).
Importante per chi partecipa al Coordinamento europeo di Bure (Francia) contro i trasporti nucleari - 28/29 giugno 2014
Ricordiamo di firmare on line l'appello per ESIGERE un disarmo nucleare totale.
Vai alla URL: http://www.petizioni24.com/esigiamo
Per i siti militari la sicurezza è off limits
Atomiche d'Italia. È
silenzio sulle 70-90 ogive nucleari presenti ad Aviano e Ghedi
Manlio Dinucci, 23.6.2014
La decantata «trasparenza» si opacizza quando si entra nel regno del
nucleare militare. Si stima che gli Stati uniti mantengano in Germania, Italia,
Belgio, Olanda e Turchia circa 200 bombe nucleari B-61, che si aggiungono alle
oltre 500 testate francesi e britanniche pronte al lancio. Secondo una stima al
ribasso, in Italia ve ne sono 7090, stoccate ad Aviano e Ghedi-Torre. Ma ce ne
potrebbero essere di più, anche in altri siti. Tantomeno si conosce quante armi
nucleari sono a bordo delle unità della Sesta flotta e altre navi da guerra che
approdano nei nostri porti.
Quello che ufficialmente si sa è che ora le B-61 saranno trasformate da bombe a caduta libera in bombe «intelligenti», che potranno essere sganciate a grande distanza dallobiettivo. Le nuove bombe nucleari B61-12 a guida di precisione, il cui costo è previsto in 812 miliardi di dollari per 400500, avranno una potenza media di 50 kiloton (circa quattro volte la bomba di Hiroshima).
Washington ribadisce che «anche se la Nato si accordasse con la Russia per una riduzione delle armi nucleari in Europa, avremmo sempre lesigenza di completare il programma della B61-12». Essa si configura come unarma polivalente che svolgerà la funzione di più bombe, comprese quelle progettate per «decapitare» il paese nemico, distruggendo i bunker dei centri di comando e altre strutture sotterranee in un first strike nucleare. A tale scopo la B61-12 «sarà integrata col caccia F-35 Joint Strike Fighter». I piloti italiani che oggi vengono addestrati alluso delle B-61 con i caccia Tornado, saranno tra non molto preparati allattacco nucleare con gli F-35 armati con le B61-12. In tal modo lItalia continuerà a violare il Trattato di non-proliferazione.
Nel 2008, linchiesta della U.S. Air Force Blue Ribbon Review ha appurato che la maggior parte dei siti, in cui sono stoccate le armi nucleari Usa in Europa, non corrisponde ai requisiti di sicurezza statunitensi. In altre parole, sottolinea la Federazione degli scienziati americani, essi «non sono abbastanza sicuri». Per risolvere i problemi di sicurezza, sono stati investiti nel 2011-12 63 milioni di dollari, provenienti dal Fondo infrastrutture della Nato (ossia anche dalle nostre tasche), ai quali vengono aggiunti nel 201415 altri 154 milioni. E, con larrivo delle B61-12 si prevede un ulteriore forte aumento di tali costi.
Altri problemi di sicurezza derivano dalle portaerei, i sottomarini e altre navi da guerra a propulsione nucleare, soprattutto statunitensi, che approdano in Italia. I «porti nucleari», ufficialmente idonei per lattracco di tali unità, sono Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto, Trieste, Venezia. La presenza di reattori nucleari, a bordo delle unità militari, espone a gravi rischi tali zone densamente popolate. I piani di emergenza, che dovrebbero essere attuati in caso di incidente, risultano inadeguati. Essendo tali piani coperti in gran parte da segreto militare, la popolazione è tenuta alloscuro dei rischi e quindi impreparata ad affrontare una emergenza, tipo una rapida evacuazione in caso di incidente a un reattore nucleare a bordo di una nave da guerra alla fonda nel porto o nei pressi della costa.
Difesa, ecco il libro nero della ministra Pinotti
Manlio Dinucci, 24.6.2014 IL MANIFESTO
Dopo aver ricevuto limprimatur del Consiglio supremo di difesa,
convocato dal presidente Napolitano, la ministra Pinotti ha pubblicato le linee
guida del futuro «Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa», che
traccerà «la strategia evolutiva delle Forze armate sullorizzonte dei prossimi
15 anni». Strategia che, come indicano le linee guida, continuerà a seguire il
solco aperto nel 1991, subito dopo che la Repubblica italiana aveva combattuto
nel Golfo, sotto comando Usa, la sua prima guerra. Sulla falsariga del
riorientamento strategico del Pentagono, il ministero della difesa del governo
Andreotti annunciò un «nuovo modello di difesa». Violando la Costituzione, esso
stabiliva che compito delle Forze armate è «la tutela degli interessi nazionali,
nellaccezione più vasta di tali termini, ovunque sia necessario» e definiva
lItalia «elemento centrale dellarea che si estende dallo Stretto di Gibilterra
al Mar Nero, collegandosi, attraverso Suez, col Mar Rosso, il Corno dAfrica e
il Golfo Persico».
Questo «modello di difesa» è passato da un governo allaltro, da una guerra allaltra sempre sotto comando Usa (Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia), senza mai essere discusso in quanto tale in parlamento. Tantomeno lo sarà ora: la ministra della Difesa ha deciso il Consiglio supremo presieduto da Napolitano invierà le linee guida ai presidenti delle commissioni Esteri e Difesa dei due rami del parlamento, «affinché ne possano eventualmente venire valutazioni e suggerimenti utili alla definizione del Libro bianco, di cui il governo si è assunto liniziativa e la responsabilità».
Resta dunque immutato lindirizzo di fondo, che non può essere messo in discussione. Compito delle forze armate si ribadisce nelle linee guida è non tanto la difesa del territorio nazionale, oggi molto meno soggetto a minacce militari tradizionali, quanto la difesa degli «interessi nazionali», soprattutto gli «interessi vitali», in particolare la «sicurezza economica». Sicurezza che consiste nella «possibilità di usufruire degli spazi e delle risorse comuni globali senza limitazioni», con «particolare riferimento a quelle energetiche». A tal fine lItalia dovrà operare nel «vicinato orientale e meridionale dellUnione europea, fino ai paesi del cosiddetto vicinato esteso» (compreso il Golfo Persico). Per la salvaguardia degli «interessi vitali» si chiarisce «il Paese è pronto a fare ricorso a tutte le energie disponibili e ad ogni mezzo necessario, compreso luso della forza o la minaccia del suo impiego».
Nel prossimo futuro le Forze armate saranno chiamate a operare per il
conseguimento di obiettivi sempre più complessi, poiché «rischi e minacce si
svilupperanno allinterno di estese e frammentate aree geografiche, sia vicine
sia lontane dal territorio nazionale». Riferendosi in particolare a Iraq, Libia
e Siria, il Consiglio supremo sottolinea che «ogni Stato fallito diviene
inevitabilmente un polo di accumulazione e di diffusione globale dellestremismo
e dellillegalità». Ignorando che il «fallimento» di questi e altri Stati deriva
dal fatto che essi sono stati demoliti con la guerra dalla Nato, con lattiva
partecipazione delle Forze armate italiane. Secondo le linee guida, esse devono
essere sempre più trasformate in «uno strumento con ampio spettro di capacità,
integrabile in dispositivi multinazionali», da impiegare «in ogni fase di un
conflitto e per un protratto periodo di tempo».
Le risorse economiche da
destinare a tale scopo, stabilisce il Consiglio supremo di difesa, «non dovranno
scendere al di sotto di livelli minimi invalicabili» (che diverranno sempre più
alti) poiché si sottolinea nelle linee guida «lo strumento militare
rappresenta per il paese una assicurazione e una garanzia per il suo stesso
futuro». A tal fine si preannuncia una legge di bilancio quinquennale per i
maggiori investimenti della Difesa (come lacquisizione del nuovo caccia F-35),
così da fornire «lindispensabile stabilità di risorse».
Occorre inoltre «spingere lindustria a muoversi secondo traiettorie tecnologiche e industriali che possano rispondere alle esigenze delle Forze armate». In altre parole, si deve dare impulso allindustria bellica, puntando sullinnovazione tecnologica, «resa necessaria dallesigenza di un continuo adeguamento dei sistemi», ossia dal fatto che i sistemi darma devono essere continuamente ammodernati. È necessario allo stesso tempo non solo un migliore addestramento dei militari, ma un generale elevamento dello «status del personale militare», attraverso adeguamenti giuridici e normativi.
Poiché nasce dalla «esigenza di tutelare i legittimi interessi vitali della comunità», si afferma nelle linee guida, «la Difesa non può essere considerata un tema di interesse essenzialmente dei militari, quanto della comunità tutta». La ministra Pinotti invita quindi tutti gli italiani a inviare «eventuali suggerimenti» alla casella di posta elettronica librobianco@difesa.it. Speriamo che i lettori del manifesto lo facciano in tanti.
Scorie nucleari, la confusione che emerge dalla legislazione
La scheda. La guida Ispra fissa i criteri per individuare il sito nazionale dei rifiuti radioattivi
Giorgio Ferrari, il manifesto 23 giugno 14
La guida tecnica n.29 dellIspra è un documento che fissa i criteri di
selezione per la scelta del sito dove costruire il deposito nazionale dei
rifiuti nucleari. I criteri scelti, suddivisi in criteri di esclusione e criteri
di approfondimento, rispecchiano nellimpostazione le linee guida che lAiea
ha sviluppato in materia, ma solo limitatamente alla prima e seconda fase di
selezione delle aree ritenute idonee dalle quali, con una successiva terza fase,
si dovrebbe effettuare la selezione/caratterizzazione del sito finale.
Questa
lacuna non è casuale e rispecchia la confusione di ruoli e la non chiarezza
della legislazione italiana in materia di sicurezza nucleare. Abrogata lAgenzia
per la sicurezza nucleare a seguito del referendum del 2011, le competenze sono
tornate allIspra (di qui lemanazione della guida tecnica n.29) ma con evidenti
contraddizioni rispetto al ruolo di Sogin a cui sono rimaste le seguenti
competenze: effettuare le indagini tecniche, definire la Carta nazionale delle
aree potenzialmente idonee fino alla individuazione del sito finale, svolgere il
seminario per il coinvolgimento degli enti locali, definire il progetto del
deposito e dellannesso parco tecnologico , realizzarlo e gestirne il
funzionamento.
A complicare ulteriormente le cose il D.lgs 45/2014 istituisce
lIsin (Ispettorato nazionale sicurezza nucleare) che però non è ancora
operativo e comunque non intacca lo strapotere di Sogin alla quale dovrebbe
almeno essere sottratta tutta la parte riguardante la
selezione/caratterizzazione delle aree e del sito. Entrando nel merito della
formulazione dei criteri di esclusione cè da osservare che questi avevano avuto
un primo inquadramento nel 1999 con la risoluzione del Gruppo di lavoro
costituito presso la protezione civile presieduto da Carlo
Bernardini.
Successivamente lEnea, che già lavorava al progetto deposito
nazionale, ne affinava la definizione in un rapporto del 2003 che includeva
anche la carta delle aree potenzialmente idonee a cui si era arrivati applicando
una procedura analoga a quella descritta nella guida tecnica
n.29.
Confrontando i criteri di esclusione di questi due ultimi documenti si
scopre che parecchi di quelli elencati nella guida tecnica 29 sono meno
stringenti di quelli del rapporto Enea: laltitudine massima consentita è
passata da 600 a 700 m; la pendenza consentita è stata raddoppiata dal 5% al
10%; la distanza minima da autostrade e superstrade è stata dimezzata da 2Km a
1Km; non sono più quantificate le distanze minime da centri abitati rispetto
alla numerosità della popolazione (15 Km per popolazione maggiore di 100.000
abitanti e 2 Km per insediamenti di 200 abitanti); le isole con leccezione di
Stromboli, Ischia, Lipari, Vulcano, Panarea, Isola Ferdinandea e Pantelleria non
sono più escluse a priori.
Questo rilassamento nei criteri di esclusione è
preoccupante perché allarga significativamente il numero e lestensione delle
aree potenzialmente idonee senza nessuna giustificazione: a differenza del
rapporto Enea, dove ogni criterio di esclusione era motivato da ragioni di
progetto ispirate alla cautela, la guida tecnica n.29 non fornisce alcuna
spiegazione. Lesempio più eclatante riguarda le isole: si escludono quelle
elencate perché "presentano apparati vulcanici attivi o quiescenti" (come se in
assenza di questi fenomeni sarebbe stato possibile concepire un deposito di
scorie nucleari ad Ischia, Lipari etc per non parlare dellIsola Ferdinandea che
praticamente non esiste!) ma si reintroducono Sicilia e Sardegna che erano state
escluse per evitare di trasportare via mare i rifiuti. Infine va sottolineato
che è scomparsa qualsiasi quantificazione della estensione di terreno necessaria
per costruire il deposito e, non va dimenticato, il Parco Tecnologico (delle cui
finalità non si sa nulla, ma evidentemente fa gola) che precedentemente era
stata valutata tra un minimo di 100 e un massimo di 300 ettari.
L'INCHIESTA
Deposito per le scorie nucleari, guida a un percorso
tortuoso
Rifiuti. Una situazione imbarazzante per lItalia. Il governo metta
le carte in tavola. Cè bisogno di informazione e trasparenza
Giorgio Ferrari, 23.6.2014
Questa volta ci siamo. Liter per
la realizzazione del deposito nazionale per i rifiuti nucleari, si è messo in
moto formalmente con la pubblicazione della Guida Tecnica n.29 dellIspra che
stabilisce i criteri per lindividuazione del sito su cui costruirlo, unitamente
allannesso (e misterioso) Parco Tecnologico.
Questo passaggio decisivo si è imposto, più che per lungimiranza istituzionale, per latteggiamento francese che ha rifiutato di accettare altro combustibile nucleare dallItalia destinato al riprocessamento, fino a quando non si avrà evidenza che il nostro paese intende effettivamente costruire il deposito nazionale.
In parole povere: dato che gli accordi italo-francesi prevedono il rientro in Italia, tra il 20202025, dei rifiuti ad alta attività risultanti dal riprocessamento, la Francia non vuole trovarsi nelle condizioni di sentirsi chiedere dallItalia dilazioni in questi programmi di rientro motivati dalla mancanza di strutture idonee a recepirli.
Una situazione imbarazzante per lottava potenza industriale del mondo su cui
però, oltre le critiche (doverose) e il sarcasmo (facoltativo), sarebbe
opportuno interrogarsi anche come antinucleari. Negli anni trascorsi abbiamo
sempre sottolineato la mancanza di soluzioni organiche e strutturali al problema
dei rifiuti, con le situazioni intollerabili di Saluggia e Trisaia, ma evitando
di prendere di petto il problema del deposito nazionale anche perché rifiutato a
furor di popolo lucano nel 2003.
E non poteva essere altrimenti date le
modalità di decisione allora adottate e il progetto scelto (geologico). Ma il
problema restava e dopo 11 anni è diventato ancora più grande per linsipienza
delle classi dirigenti e degli addetti ai lavori ed oggi non ci sono più margini
di tempo a disposizione.
Anche a non voler tener conto dei vincoli che ci vengono dalle direttive europee in materia di sicurezza nucleare, anche a non voler considerare un male che si interrompano i trasporti in Francia per il riprocessamento, resta il fatto che le 30 tonnellate di combustibile che giacciono nelle piscine di Trino e di Avogadro e le 2 tonnellate che si trovano alla Trisaia (per non parlare dei rifiuti Cemex e Itrec),vanno assolutamente rimosse.
Dove metterle? E in quale stato? così come sono (che ne comporta la
sistemazione in una cinquantina di contenitori per il combustibile), oppure
farle riprocessare? ma allora in qualche modo ci devono arrivare in Francia!
(meno quelli della Trisaia che non possono essere riprocessati).
Siamo
stretti in una tenaglia costituita, da un lato, da esigenze oggettive di
sicurezza e dallaltro dalla inevitabile diffidenza verso tutti coloro che
finora hanno detto di operare per garantirla, ma con effetti controproducenti.
Troviamo il modo di uscirne. Innanzitutto con il richiedere al governo di mettere tutte le carte in tavola: la Guida Tecnica 29 fissa dei criteri per la selezione del sito, ma non indica le procedure con cui metterli in pratica, e tutta la materia riguardante listruttoria tecnica e socio-ambientale per giungere alla scelta finale del sito è appena abbozzata nei D.Lgs. n. 31/2010 e 45/2014 che per quanto riguarda il coinvolgimento delle popolazioni locali si limitano alla partecipazione di comuni, provincie e regioni ad un seminario tenuto da Sogin.
Al di là dei ruoli specifici dei singoli attori in campo (Sogin, Ispra e Ministeri competenti), qui va posto da subito un problema di effettivo trasferimento di informazioni e di confronto che va sottratto alla logica dei tavoli della trasparenza e delle conferenze stato-regioni perché spostano lattenzione sugli aspetti negoziali (misure di compensazione economiche, opere accessorie, etc) a scapito di quelli relativi alla sicurezza dellopera.
Certo non è facile concepire, sviluppare e ancor più far accettare alle istituzioni un modus operandi che consenta alle popolazioni interessate di esprimere un giudizio paritario sugli aspetti dirimenti della questione, dalla scelta del sito alla realizzazione del deposito, e lunico esempio che mi viene in mente quello del Third Party Engineer è del tutto sconosciuto in Italia, ma se si vuole uscire dalla tenaglia di cui sopra non basterà limitarsi ad assecondare il più che probabile rifiuto delle popolazioni locali.
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