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Re: [Disarmo] Il dossier degli scienziati greci: «Di struzione letale per l’ecosistema»
- Subject: Re: [Disarmo] Il dossier degli scienziati greci: «Di struzione letale per l’ecosistema»
- From: brianese at infinito.it
- Date: Fri, 24 Jan 2014 10:05:26 +0100
- Reply-to: brianese at infinito.it
Sull'argomento il Blog della Società Chimica Italiana ha pubblicato il seguente post:
http://ilblogdellasci.wordpress.com/brevissime/la-chimica-delle-armi-e-le-armi-della-chimica/comment-page-1/#comment-932
Molti saluti
Gianni Brianese
Fagagna (UD)
La Chimica delle armi e le armi della Chimica.
La questione della distruzione delle armi chimiche siriane, almeno quelle del regime di Assad*, sta suscitando fortissime emozioni e paure molte delle quali sono ingiustificate e possono essere contrastate con una opportuna conoscenza della chimica di questi materiali: in questo senso le armi della Chimica vanno contro la Chimica delle armi.
Vediamo cosa possiamo velocemente dire per sfatare alcune delle peggiori sciocchezze ed ambiguità circolate sui giornali e sui siti web.
1) Rischi di incidente.
Ovviamente ci sono, ma ricordiamo che le sostanze da distruggere sono al momento in parte “binarie” ossia, in parte almeno, non esistono ancora come armi vere e proprie, ma sono presenti come reagenti separati da mescolare nel modo opportuno se si volessero avere gli aggressivi chimici veri e proprii; è il caso del VX o del Sarin che sicuramente sono in gran parte presenti come binari, come precursori perchè questo è il modo usuale di gestirli; per cui in questo caso si tratta di sostanze chimiche come altre, tossiche ma non mortali. Per esempio il VX sarà conservato come fosfonite e zolfo separati. La fosfonite è un pesticida non un gas nervino.
Alcuni dettagli potete trovarli su wikipedia e su questo blog. Altre sostanze come per esempio l’iprite ( o altri vescicanti) sono quasi certamente presenti come tali; l’iprite però è liquido solo al di sopra dei 14.4°C e comunque sarà certamente chiuso in contenitori ermetici che devono essere solo trasportati da una nave all’altra all’interno di un porto. L’iprite non è solubile in acqua. La probabilità che ci siano problemi tali da distruggere l’integrità dei recipienti in ambiente esterno sono alquanto basse; è chiaro che ci deve essere un piano di emergenza, ma crediamo ci siano piani del genere in tutte le strutture come il porto di Gioia Tauro in cui ogni anno passano milioni di tonn
ellate
di merci chimiche, spesso altrettanto o più pericolose.
2) Distruzione delle armi chimiche per idrolisi nell’oceano o in mare aperto.
Questo non vuol dire affatto che gli aggressivi saranno sversati in mare come ha potuto pensare qualcuno, ma solo che una nave appositamente attrezzata con apparecchiature adatte processerà in un impianto opportuno i materiali che sono già in forma attiva per distruggerli (trasformandoli in sottoprodotti smaltibili seguendo le leggi internazionali in vigore e le norme ambientali) in un posto sicuro; e quale posto è più sicuro dell’oceano aperto, lontano dalle coste? L’idrolisi (in soluzione alcalina, basica, non in acqua di mare) è un metodo di smaltimento a bassa temperatura e meno costoso del tradizionale metodo ad alta temperatura. Quindi nessuno sversamento ma reazioni fatte in un impianto apposito (i reattori sono in titanio di solito) a gran distanza dalle coste per ridurre tutt
i i
rischi e poi riportare i sottoprodotti da smaltire sulla terraferma dove saranno smaltiti, sotto la sorveglianza dell’OPCW, che ha recentemente vinto il Nobel della Pace e che è una organizzazione senza alcuno scopo di profitto.
Maggiori informazioni sui metodi specifici di distruzione si possono trovare :
In un recente articolo comparso sul numero di Dicembre 2013 de La Chimica e l’industria a firma di Ferruccio Trifirò, direttore di C&I e membro di OPCW (pag. 90 La distruzione di armi chimiche con sistemi portatili) c’è un breve ed efficace riassunto dei sistemi “portatili” di distruzione delle armi chimiche. Si consiglia chi è interessato e non abbia accesso alla rivista di chiederlo allo scrivente (claudio.dellavolpe at unitn.it)
* dico di Assad perchè sembra che l’episodio recente di uso delle armi chimche sia dovuto ad una parte dei combattenti anti Assad, come raccontato qui
--------- Original Message --------
Da: disarmo at peacelink.it
To: "disarmo at peacelink.it" <disarmo at peacelink.it>
Oggetto: [Disarmo] Il dossier degli scienziati greci: «Di struzione letale per l’ecosistema»
Data: 22/01/14 13:11
È una relazione shock, che sbugiarda i nostri governanti. Un’informativa che getta un’ombra ancor più fosca sull’arsenale siriano che farà rotta verso il porto di Gioia Tauro tra qualche giorno. È Pino Romeo, urbanista, coordinatore del tavolo tecnico di tutela ambientale della Piana, tra i fondatori del comitato contro il rigassificatore di San Ferdinando, a consegnarla al manifesto dopo averla esposta succintamente nell’infuocata assemblea di lunedì sera, alla presenza dei sindaci in partenza per Roma. Dove ieri “l’operazione Gioia Tauro” ha avuto il via libera del governo. Un atto d’imperio, un sopruso. Contro la popolazione. In spregio alla legge italiana e alla Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con la legge 108 del 2001, che mette al centro di ogni processo decisionale la partecipazione. E lo scenario è alquanto tetro, secondo quanto emerge dalle carte in nostro possesso. «Siamo entrati in contatto con gli alti esponenti della comunità scientifica di Democritos (gli omologhi del Cnr, ndr) di Atene e del Politecnico di Creta, che parlano di completa distruzione dell’ecosistema che gravita intorno al Mediterraneo causato dalla distruzione delle ogive» spiega Romeo. La neutralizzazione delle armi siriane, insomma, avrà effetti letali, a due passi da noi. Perchè, una volta scelto Gioia Tauro, come porto su cui effet&sh y;tuare il trasbordo, la questione ancora irrisolta, su cui Bonino, Lupi, Mauro, Orlando e Letta prima o poi dovranno dar conto, riguarda il luogo dove verrà distrutto l’arsenale mediante idrolisi. E gli studi degli scienziati greci rassicurano ben poco. «L’armamento sarà distrutto nella zona di mare ad ovest di Creta, con la connivenza delle autorità greche, italiane e maltesi» ha detto a chiare lettere il collaboratore scientifico di Democritos, ed ex presidente dell’Unione dei chimici greci, Nikos Katsaros. «Se tale neutralizzazione sarà effettuata tramite il processo di idrolisi, non c’è da stare tranquilli. Si tratta di un metodo estremamente pericoloso, con conseguenze imprevedibili per l’ambiente mediterraneo e i popoli vicini». Gli effetti saranno la necrosi completa dell’ambiente interessato e l’inquinamento marino tra il mar Libico ed il mar di Creta. Il pesce sarà avvelenato dalla contaminazione, al pari della popolazione che lo consumerà. Di seri rischi parla il professor Evangelos Gidarakos, del Politecnico di Creta, che ha lanciato l’allarme alle autorità greche, che per ora preferiscono tacere. «Queste sostanze chimiche sono miscele di agenti pericolosi e tossici» sottolinea.
Secondo gli annunci ufficiali, le armi chimiche, dopo essere trasportate dalla Siria, saranno caricate nel p orto di Gioia nel recipiente di titanio della nave americana Cape Ray. «E poi saranno distrutte col processo di idrolisi in acque internazionali tra l’Italia e la Grecia, nel tratto di mare tra Malta, Libia e Creta». Sulla consistenza dell’arsenale, i greci danno poi ben altri numeri rispetto a quelli forniti da Lupi. Gidarakos ha riferito che, da fonti attendibili, esisterebbero 1.250 tonnellate di armamenti principali ad effetto mortale, come i gas sarin e i gas mostarda, ed altre 1.230 tonnellate di sostanze precursori, utilizzate per la fabbricazione delle armi vere e proprie, principalmente composti chimici di cloro e fluoro, di per sé altamente tossiche. E poi esi&sh y;ste una gamma di altre sostanze acquistate da Damasco dopo l’embargo, di provenienza e natura ignota. A mettere inquietudine è, nondimeno, l’ultimo punto dello studio del Politecnico cretese. Sostiene Gidarakos che l’idrolisi produrrà una terza componente tossica che sarà formata direttamente nelle acque marine. Perché l’idrolisi non è più un processo relativamente sicuro (durante la distruzione delle armi chimiche al largo del Giappone nel secondo dopoguerra, ad esempio) in quanto oggi produce anche scarti in forma liquida, cosa che non succedeva in passato. Gli attivisti della Piana, peraltro, sconfessano Lupi anche in merito al transhipment delle armi nel porto di G ioia. «A Roma si vuol annacquare il vino con l’acqua usando tecnicismi per creare volutamente confusione. I portuali del Sul, al pari di altri lavoratori, ci hanno confermato che è vero che materiale tossico di questa categoria ne è passato negli anni lungo le banchine gioiesi, ma sostanze letali mai. Sarebbe la prima volta» conclude Romeo. Il porto calabrese si troverebbe, dunque, in una situazione di eccezionale e prolungata pericolosità visto che l’imminente carico di gas siriani equivale all’intero movimento di un anno. In una zona, che secondo la Protezione civile, è «in piena allerta sismica». Nei due giorni fatidici Gioia dovrà così smaltire un carico di sostanze pericolose che di solito assorbe (da nave a nave) in un anno intero. Possibile? Mantenendo sufficienti e «ordinari» standard di sicurezza? Agli attivisti e ai portuali il dubbio rimane.
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