[Disarmo] [SPF:fail] l’isola strategica,il datagate e la rete degli 007





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Oggetto: Spiati da decenni,,l’isola strategica,il datagate e la rete degli 007 la nuova del 27\10\2013
Data: Sun, 27 Oct 2013 11:48:09 +0100
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La Nuova Sardegna 27/10/2013

Spiati da decenni, l’isola strategica
il datagate e la rete degli 007 
di Piero Mannironi

Ciò che oggi più stupisce è che c'è ancora chi si stupisce. No, non è un gioco di parole, ma semplicemente l'estrema sintesi di una grande ipocrisia politica. Nessun governo, infatti, può sorprendersi e dichiararsi scandalizzato dal fatto che gli Stati Uniti, insieme al tradizionale e fedelissimo alleato inglese, abbiano organizzato e strutturato un gigantesco e capillare sistema globale di spionaggio. Il perché è molto semplice: nessuno può dire di non sapere e di non aver saputo. Anzi, molti paesi hanno perfino collaborato alla creazione di questo "Grande fratello" che ha il suo cervello e il suo cuore operativo a Fort Meade, nel Maryland, sede della onnipotente agenzia Nsa (National Security Agency). È infatti dal 1997 che il sistema Echelon non è più un segreto. Si tratta di una rete di intelligence controllato da Washington e al quale aderiscono Inghilterra, Canada, Australia e Nuova Zelanda, un'alleanza spionistica sintetizzata nell'acronimo Ukusa. I dati e le comunicazioni vengono intercettati da un complesso sistema di satelliti che trasmettono a 11 basi a terra che poi, a loro volta, trasferiscono l'immensa massa di informazioni nei supercomputer della Nsa. Incomprensibile, quindi, lo stupore e l'indignazione della cancelliera tedesca Angela Merkel, anche perché una delle stazioni a terra di Echelon, e più precisamente quella di Bad Aibling, si trova proprio in Germania. E l'Italia? Per dire la verità, in questo campo ha superato da anni l'età dell'innocenza. Perché il nostro Paese si trova fin dall'immediato dopoguerra al centro di uno scenario, quello mediterraneo, teatro di un sistema spionistico sottomarino estremamente efficiente e articolato nel quale la Sardegna ha avuto un ruolo importante con le basi della Maddalena e di Tavolara. L'amministrazione che cura questa branca spionistica è il misterioso Uwd (Underseas Warfare Department) che dipende direttamente dall'Oni, l'Office of Naval Intelligence. Il programma Holystone. Secondo l'analista americano Jeffrey Richelson, la nascita delle reti sottomarine americane risale addirittura all'amministrazione Eisenhower, con un programma segreto chiamato in codice Holystone che divenne operativo nel 1959. Ovviamente, l'obiettivo dei sottomarini Usa attrezzati con sosfisticate attrezzature elettroniche era esclusivamente militare. E cioè il controllo delle comunicazioni dell'Impero del male, l'Unione Sovietica. Il gioiello tecnologico di questo programma era il sottomarino-spia NR-1 (Naval Research Vessel-1), che venne varato il 27 ottobre 1969. Lungo appena 45 metri, è stato il più piccolo sommergibile a propulsione nucleare del mondo: un vero laboratorio subacqueo, dotato di attrezzature avanzatissime, che consentivano di "succhiare" dati dai cavi sommersi, prima in rame e poi a fibre ottiche, e perfino di captare le comunicazioni satellitari. Era in grado di essere operativo fino all'incredibile profondità di 800 metri. Quasi inesistente l'equipaggio: due ufficiali, due marinai e due scienziati. Fino a pochi anni fa, questo minuscolo vascello-spia era protetto dal più alto livello di segretezza possibile negli Stati Uniti. Il NR-1 era di casa nel Mediterraneo. E proprio nei mari italiani, a largo di Brindisi, concluse ingloriosamente la sua vita segreta: alle 14 del 22 giugno 2001 finì in vere e più tangibili reti, quelle del peschereccio pugliese “San Pietro”, della cooperativa di Monopoli. Il NR-1 è stato messo in disarmo nel novembre del 2008. Nei primi anni Settanta la Us Navy sviluppò un costosissimo programma di adattamento dei sottomarini ai compiti di intelligence. Il vascello più conosciuto è sicuramente l'USS 683 Parche, varato nei cantieri di Newport nel 1974. Il Parche, dismesso nel 2003, era un sommergibile nucleare della classe Sturgeon. Lungo quasi novanta metri, era armato di siluri Mk 48, Sub Harpoon e Tomahawk. Ma era soprattutto una formidabile centrale di intercettazione. Il Parche, che è passato alla storia come l'unità navale più decorata degli Stati Uniti, riuscì nel 1979 nell'impresa impossibile di piazzare un dispositivo di ascolto su un cavo sottomarino nel Mare di Barents, vicino alla base navale di Murmansk. Per 13 anni quella "cimice" aprì una voragine nelle difese dell'Unione Sovietica. Nel 1985 l'USS 683 Parche venne spostato nel Mediterraneo: per anni intercettò il flusso d’informazioni che correva nei cavi che univano l'Europa al Nord Africa e al vicino Oriente. Inutile dire che il sottomarino-spia era di casa nella base della Maddalena. Fu mandato in pensione nel 2004. Un altro sottomarino-spia americano, l'USS 653 Ray, della classe Sturgeon, era un abituale frequentatore dei mari di Sardegna. Il 20 settembre del 1977 fu vittima di un misterioso incidente a sud di Capo Carbonara che qualcuno mette in relazione al tentativo di recupero da parte della marina militare sovietica di una nave cargo russa affondata il 31 dicembre 1974, la Komsomolets Kalmykii, con a bordo un misterioso carico. Dopo aver tenuto nascosto per due giorni l'incidente, il comando della VI Flotta diffuse un comunicato ufficiale nel quale si diceva che il Ray era finito "contro una montagna sottomarina di corallo" circa 60 miglia a sud di Cagliari. Si parlò genericamente di "imperizia da parte dell'equipaggio" e si precisò che comunque non si erano verificati danni al propulsore nucleare. Versione molto dubbia. Prima di tutto perché l'incidente venne collocato nel canale di Sardegna dove i fondali sono superiori ai mille metri di profondità e i sommergibili della classe Sturgeon (ma anche i successivi Los Angeles) raggiungono una profondità massima operativa di 350 metri. E poi, in quell'area, sott’acqua, non ci sono montagne. Tanto meno di corallo. Ne deriva che l'incidente è sicuramente avvenuto altrove e su fondali molto più bassi. Le misteriose missioni del Ray. Scavando nella storia di questo sommergibile, poi, si scopre che il Ray era in quegli anni il mezzo più attrezzato per lo spionaggio sottomarino (insieme al segretissimo Nr-1) della Marina Usa. Alla fine degli anni Sessanta era riuscito per primo a fotografare il misterioso sottomarino sovietico della classe Yankee che faceva impazzire gli americani per la sua incredibile velocità in immersione. Fa riflettere infine il fatto che questa unità, una delle più decorate della Marina americana, proprio nel 1977 sia stata insignita della più prestigiosa onoreficenza: la Navy Expeditionary Medal. Strano, proprio l'anno in cui sarebbe ufficialmente finita contro una montagna sottomarina per "l'imperizia dell'equipaggio". Di quegli anni è anche la più clamorosa operazione d’intercettazione di comunicazioni dai cavi sottomarini. Protagonista, il sottomarino USS 587 Halibut che penetrò nel sistema difensivo sovietico del mare di Okhotsk e intercettò le comunicazioni tra le basi di Petropavlovsk e Vladivostok. Alcuni sub della Us Navy piazzarono su un cavo in profondità una speciale "cimice" che per anni rubò i segreti della Marina sovietica. L'operazione, chiamata in codice Ivy Bells, andò avanti per anni, fino al 1981, quando l'agente della Nsa Ronald Pelton tradì il suo Paese e passò informazioni riservatissime al Kgb, tra le quali quella delle intercettazioni nel mare di Okhotsk. Il G8 spiato. Il salto di qualità dell'intelligence sottomarina americana è comunque avvenuto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Prima con la trasformazione dell'USS 691 Memphis, un colosso della classe Ohio, che nel 1989 fu trasformato in una gigantesca stazione di intercettazione. Poi sono arrivati il Jimmy Carter, della costosissima classe Seawolf (2,5 miliardi di dollari ogni esemplare) che intercettò tutte le comunicazioni al G8 di Genova, e l'invisibile e rapidissimo Snns. Ma questa è una storia ancora tutta da scoprire.



 ladri degli abissi 
I cavi a fibre ottiche vulnerabili a più di 300 metri di profondità 
In un’intervista resa dieci anni fa dopo l’esplosione del caso Echelon, Franck Dennington, capo della struttura tecnica della Flag Telecom Holding Ltd, un colosso che gestisce decine di migliaia di chilometri di cavi a fibre ottiche subacquei che uniscono l’Europa al Nord Africa e al Medio Oriente, si mostrò scettico su questa possibilità di spionaggio. Disse infatti che le protezioni adottate rendevano difficilissimo e troppo costoso l’ascolto abusivo delle comunicazioni. I cavi di fibre ottiche sono protetti da guaine pressurizzate la cui effrazione viene immediatamente segnalata ai sistemi di controllo. Ma quando si scende sotto i 300 metri di profondità, certe costosissime precauzioni non vengono più ritenute necessarie per le oggettive difficoltà di manomissione per eventuali sabotaggi o intercettazioni. A quota -300, dunque, i cavi diventano vulnerabili. E proprio a quelle profondità intervengono i sommergibili che con tecnologie sofisticatissime “succhiano” telefonate, fax e, soprattutto, l’immensa mole di dati che scorre nella rete. La foglia di fico è la guerra al terrorismo, ma la realtà è che quelle informazioni rubate anche ai Paesi alleati hanno un immenso valore economico.


Il Garante della privacy tra i primi a sollecitare contromisure
«Oggi la responsabilità americana emerge con chiarezza» 
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