[Disarmo] Roma caput mundi della «pace»
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- Date: Tue, 22 Oct 2013 14:41:50 +0200 (CEST)
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Manlio Dinucci
Mai, come con il governo Letta, l’Italia è stata centro di
iniziative internazionali per la «sicurezza» e la «pace».
Il 7 ottobre, i vertici Nato si sono riuniti sulla
portaerei Cavour, al largo della Sardegna, per seguire
l’esercitazione Brilliant
Mariner 13 della «Forza
di risposta» dell’Alleanza, verificando la sua capacità di
«reagire rapidamente a qualsiasi sfida». Vi hanno partecipato 25 navi da
guerra di 12 paesi capeggiati dagli Usa. L’Italia con 14
unità navali, 16 velivoli e 3150 militari, impegnati
contemporaneamente nell’esercitazione nazionale Mare Aperto 13. Seguita, il 18 ottobre,
dall’operazione «militare
e umanitaria» Mare Nostrum, con l’impiego della San Marco
e altre navi da guerra appena uscite dalle esercitazioni
militari.
Il 16-18 ottobre si è tenuta alla Farnesina la conferenza
plenaria (oltre 200 delegati) del «Missile Technology
Control Regime»: associazione di paesi formata nel 1987
per «ridurre la proliferazione dei missili» in grado di
trasportare armi di distruzione di massa. Armi che, ha
scritto il ministro Bonino, sono state uno dei principali fattori
delle crisi internazionali, come quelle dell’Iraq e della
Libia. Paesi che non avevano armi di distruzione di massa
quando sono stati attaccati dagli Usa e dai loro alleati, mentre i principali promotori del
MTCR – Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, che ora
rilanciano da Roma «la guerra ai missili», si sono dotati
dei più avanzati sistemi missilistici e delle armi più
distruttive a partire da quelle nucleari. Le possiede
anche Israele, uno degli «aderenti unilaterali» al MTCR.
Appena cinque giorni dopo, domani 23 ottobre, Roma ospita
l’evento clou: l’incontro tra il segretario di stato Usa
Kerry e il premier israeliano Netanyahu. Parleranno dello
«stato finale dei negoziati con i palestinesi» e
soprattutto di Siria e Iran. Gli Usa dicono di lavorare a
una soluzione diplomatica del contenzioso con l’Iran. Non
abbandonano però la diplomazia delle bombe. Il 17 ottobre
il Pentagono ha annunciato un’altra colossale vendita di
armi per 10,8 miliardi di dollari all’Arabia Saudita e
agli Emirati Arabi Uniti: oltre 3mila missili e 6mila
bombe anti-bunker GBU-39 per gli
F-15 e F-16. Le bombe anti-bunker, già acquistate da
Israele nel 2010, servono a distruggere i centri di
comando e altre strutture sotterranee in un first strike,
come quello pianificato contro l’Iran.
A Netanyahu, che a Roma incontrerà il Papa assicurandolo
sulla «volontà di pace» di Israele, Kerry confermerà la
fornitura Usa di missili antiradiazione in grado di
neutralizzare i radar delle difese aeree, così da
«accecare» il paese obiettivo dell’attacco, e di
aerei-cisterna KC-135 di nuova generazione per meglio
rifornire i cacciabombardieri israeliani impegnati in una
guerra aerea.
Con ciò gli Usa formalmente non violano il Trattato sul
commercio di armamenti, poiché esso vieta di fornire armi
solo agli
stati che «minano la pace e la sicurezza e commettono
violazioni del diritto umanitario internazionale».
Categoria da cui gli Usa e gli alleati europei escludono
sia Israele che le monarchie del Golfo.
Lo conferma la mostra, inaugurata dal sindaco Marino al
Vittoriano, in onore del Regno dell’Arabia Saudita, che ha
«eccellenti relazioni con
l’Italia fin dal 1932»,
ossia da quando l’Italia era sotto regime fascista. Nella
presentazione si loda la monarchia assoluta saudita per la
sua «politica moderata». L’ha sperimentata un mese fa una
ragazza saudita: violentata da sette uomini, è stata
condannata lei, per essere salita sull’auto di un compagno
di scuola (anche lui sequestrato), alla pena di 200
frustate.
(il manifesto, 22 ottobre 2013)
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