Senza prove Kerry alla guerra
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 - Date: Sun, 1 Sep 2013 10:09:32 +0200 (CEST)
 
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Senza prove Kerry alla guerra
	Michele Giorgio
Il segretario stato Usa 
John Kerry ha pronunciato ieri sera di fatto una specie di dichiarazione
 di guerra, rivolgendosi ai giornalisti. «La disponibilità del governo 
siriano a fare ispezionare i siti è tardiva - ha irpetuto - abbiamo le 
prove dell'uso di armi chimiche su larga scala.il presidente Obama 
ritiene che chi le ha usate deve essere chiamtao a rispondere. Assad 
nasconde la verità. Il segretario dell'Onu Ban Ki moon ha detto che ci 
saranno le ispezioni, ma queste ispezioni non determineranno chi ha 
usato le armi». E ha aggiunto: «Il mondo ha chiaro a chi attribuire le 
responsabilità». Ha chiaro? Quando muovono le leve del comando mentono 
spudoratamente, confermando che dei risultati dell'ispezione a 
Washington non importa, la decisione sembra già presa. Solo lontani dal 
potere ritrovano la dignità perduta. E' vero anche per l'ex Segretario 
di stato Colin Powell che sulla Siria ha suggerito all'Amministrazione 
Obama «di assumere un ruolo più intelligente». «Non possiamo andare in 
giro pensando di poter davvero cambiare le cose» ha detto Powell 
commentando alla Cbs l'ipotesi di un intervento militare americano in 
Siria, in risposta a un presunto utilizzo di armi chimiche da partre 
delle forze agli ordini del presidente Bashar Assad. Ricordate le bugie 
di Powell? Quando nel 2003 con foto satellitari, grafici e disegnini 
dimostrò in modo «inconfutabile» il possesso da parte di Saddam Hussein 
di «armi di distruzione di massa» che in realtà, come lui ben sapeva, 
non esistevano. Il passo successivo fu l'invasione anglo -americana 
dell'Iraq, con le conseguenze che ben sappiamo. Dieci anni dopo Barack 
Obama, vero o non vero l'uso siriano di armi chimiche, si prepara a 
lanciare un nuovo attacco militare contro un Paese arabo, dopo la guerra
 del 2011 in Libia. Il gioco vero ieri si svolgeva in Giordania, lontano
 dai tavoli delle diplomazie e dall'Onu. Con la riunione che il capo 
degli stati maggiori riuniti degli Usa Martin Dempsey e il comandante 
del Centcom, Lloyd Austin, hanno avuto con i colleghi di Arabia saudita,
 Qatar, Turchia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Canada e Italia. Un 
«consiglio di guerra» a tutti gli effetti. 
Si è deciso per 
l'intervento militare e per l'annullamento della Conferenza di Ginevra, 
forse l'unica strada per una soluzione politica. Ieri gli ispettori 
dell'Onu cercavano alla periferia di Damasco le prove dell'uso del gas 
nervino con il quale il 21 agosto il regime avrebbe ucciso almeno 355 
siriani, tra i quali molti bambini. Non hanno potuto fare molto perché 
«cecchini» appostati in zona hanno impedito il transito ai veicoli delle
 Nazioni Unite. Tutti però sanno che gli esiti di quelle indagini è del 
tutto ininfluente sulla decisione già presa di attaccare. Non conta 
nulla la fiducia del Segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon sulla 
possiblità che gli esperti delle Nazioni Unite possano raccogliere 
elementi in un senso o nell'altro. «Troppo tardi» hanno fatto sapere 
Washington e Londra, perché il regime «potrebbe avere eliminato le prove
 dell'attacco compiuto». Nessuno indaga, naturalmente, sugli agenti 
chimici che sarebbero stati ritrovati nelle gallerie sotterranee scavate
 dai ribelli anti-Assad proprio nell'area di Ghouta e Johar.
L'attacco
 ci sarà, sul modello non di quello del Kosovo, come è stato detto nei 
giorni scorsi, ma di quello in Sudan e Afghanistan, nel 1998, dopo gli 
attentati di al Qaeda alle ambasciate americane in Africa. Oggi i 
qaedisti sono «dalla parte giusta», perché combattono contro Assad. 
Dell'intervento sono peraltro sicuri gli israeliani. Gli Stati Uniti 
stanno preparando una base legale per ricorrere alla forza in Siria 
senza passare per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, 
riferiva ieri il Jerusalem Post. I servizi segreti di Tel Aviv già due 
giorni fa avevano fatto sapere ai giornali locali che la Marina 
statunitense farà uso di missili "Cruise" per portare a termine un 
attacco devastante ma di breve durata e limitato a pochi obiettivi, tra i
 quali le basi della Quarta Divisione Corazzata, guidata da Maher Assad,
 fratello del presidente e responsabile, secondo le fonti, dell'uso di 
armi chimiche a Ghouta. E più dell'imposizione di una costosa "no-fly 
zone" è probabile la distruzione degli aeroporti militari e degli aerei 
da combattimento siriani. Ciò eliminerebbe la superiorità aerea delle 
forze governative a vantaggio dei ribelli che, peraltro, dicono di aver 
ricevuto nelle ultime ore 400 tonnellate di armi - pagate dai 
petromonarchi sauditi e qatariori - che includono razzi anticarro tra i 
più sofisticati. 
Israele insiste molto per un attacco alla Siria. Da
 parte sua l'Iran parla di "linea rossa" riguardo l'attacco alla Siria. 
Ci saranno «dure conseguenze», ha avvertito il vice capo di stato 
maggiore delle Forze armate iraniane, Massoud Jazayeri.. La Russia 
protesta, denuncia l'intenzione di attaccare la Siria e il naufragio di 
Ginevra 2. Pochi però credono che Mosca arrivi al punto da opporsi sino 
in fondo ai piani americani, fino alla rottura completa delle già 
difficili relazioni con Barack Obama. 
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