di Antonio Mazzeo
In un’intervista esclusiva, parla
il nuovo collaboratore di giustizia siciliano Antonio Matteo, che per conto
delle più potenti organizzazioni criminali internazionali ha invaso per anni il
web con falsi rapporti sulla “pericolosità” del Muos di Niscemi. Obiettivi delle
campagne stampa pilotate dalla mafia, discreditare un sistema militare chiave
per difendere l’Europa cristiana dall’invasione islamica e fomentare un’irrazionale
reazione popolare di rifiuto all’installazione dei nuovi impianti della marina
militare Usa.
Antonio Matteo, da qualche mese lei si è pentito e di fronte alla DDA
di Catania ha riempito pagine di verbali sulle infiltrazioni della mafia nel
movimento No Muos. Può raccontarci la sua storia?
Sono cresciuto in un ambiente
familiare sano, ho studiato dai gesuiti e ho intrapreso la carriera
giornalistica, ma ho vissuto sempre di collaborazioni giornalistiche sporadiche
e mal pagate. Con il progetto del Ponte sullo Stretto sono riuscito a
guadagnare qualcosa scrivendoci contro. A Messina in tanti lo osteggiavano per
biechi interessi di bottega e ho cercato di cavalcare l’onda dei No Ponte. Ci
ho scritto pure un libro che mi ha dato un effimero successo. Poi a Roma hanno
deciso di non farlo più il Ponte e mi sono ritrovato più povero e disperato di
prima. Fino a quando vecchi amici di New York mi hanno proposto di riconvertire
la mia penna contro un colosso del complesso militare industriale che era
entrato in frizione con alcuni vecchi mammasantissima. Loro avevano distribuito
mazzette a mezzo mondo, perfino in Italia c’erano stati presidenti del
consiglio e della repubblica ben ricompensati, ma quando i padrini gli chiesero
una percentuale sugli affari per i nuovi caccia che non decollano, gli S37 mi
pare, quelli dell’azienda dissero No. Allora Cosa nostra decise di vendicarsi. Sapevano
di un loro megaprogetto in Sicilia e mi chiesero di aiutarli a orchestrargli una
campagna contro.
Cioè il Muos di Niscemi… E cosa avete fatto allora in concreto?
Beh, iniziai a inondare il web di
falsi rapporti sulla pericolosità di queste antenne. Era semplice: scannerizzavo
il logo di prestigiose università o centri di ricerca e li mettevo sopra le
veline che mi inviavano mensilmente da New York. Loro potevano contare su
qualche ex ingegnere spaziale che era stato licenziato dall’azienda ma anche su
qualche ufficiale di US Navy in busta paga dai tempi dell’utilizzo delle basi
militari in Sicilia per fare arrivare droga e armi. Mi preparavano le schede
tecniche sul MUOS, mi fornivano informazioni pseudoscientifiche sull’inesistente
pericolo dell’elettromagnetismo e li convertivo in articoli e inchieste. Dopo che
siamo riusciti a guadagnare un po’ di attenzione mediatica, loro hanno pure avvicinato
alcuni luminari nostrani. E’ stato sufficiente minacciarli oppure promettergli
una rapida carriera accademica e le relazioni e i pareri No Muos sono piovuti
da tutte le parti. E io scrivevo, scrivevo e scrivevo…
Lei però non si è limitato al ruolo di passacarte e velinaro…
Sì è vero. Negli anni trascorsi a
lucrare con i No Ponte ho avuto modo di frequentare noglobal e anarcoinsurrezionalisti
siciliani. Li incontrai dietro la copertura di false conferenze didattiche e in
cambio di lauti contributi in denaro (ma fornii anche molte canne e molte casse
di vino) loro si prodigarono per costituire comitati No Muos e fomentare l’opposizione
specie tra gli ignari giovani e le mamme dell’Isola. Si creò così un network in
cui la mafia finanziava e dirigeva le proteste e i No Muos scatenavano azioni
guerrigliere contro le forze dell’ordine e i militari Usa. Avevamo già
sperimentato questo con il Pentagono in America latina, inventando di sana
pianta la narcoguerriglia. Adesso
invece il giochetto si ritorceva contro gli yankees.
Però a un certo punto sollevaste il fatto che la mafia aveva messo le
mani sui lavori del Muos di Niscemi..
Anche questo fu una specie di
depistaggio pensato a New York. I politici in Sicilia sono stati maestri a
sollevare lo spauracchio della mafia per fare in modo che di mafia non se ne
parlasse mai seriamente. Così scrivemmo che c’erano imprese in odor di mafia
che mettevano il calcestruzzo per le antenne ma non era per nulla vero. Ci rimise le penne un
poveraccio di Niscemi, tale mister Luglio o Agosto mi pare, che fu costretto a
chiudere l’azienda e licenziare decine di dipendenti. Intanto noi invece infiltravamo,
stavolta sì con i veri mafiosi, le istituzioni, i partiti e tante associazioni locali.
Ci siamo contiguizzati presidenti della provincia, sindaci, assessori,
ambientalisti, insegnanti. E i No Muos crescevano, crescevano, crescevano come
crescevano, crescevano, crescevano i miei conti bancari…
Ma in una prima fase anche il governatore Crocetta stava con i No Muos.
Avevate avvicinato pure lui?
No, avvicinato no. Diciamo che lo
avevamo premiato con pacchi di voti alle elezioni regionali perché ingenuamente
aveva sposato la campagna del network mafia-noglobal-anarcoinsurrezionalista. Fui
io stesso a convincere la Cupola che bisognava giocare la carta del
megafono-presidente. Incontrai Crocetta a un dibattito del Pd sul Muos a Marina
di Ragusa, eravamo nel giugno 2012, ancora si parlava solo nei corridoi di una
candidatura sua a guida della Regione. Allora mi invitavano a tanti convegni No
Muos. Raccontai un sacco di balle, terrorizzai la platea (c’era il gotha del Pd
ragusano) con apocalittici scenari di guerra che sarebbero stati generati dal
Muos. M’inventai che le onde potessero disturbare gli aerei di Comiso e degli altri
scali siciliani, una balla incredibile, e se la bevvero tutti. Crocetta
ascoltò, perlomeno così mi sembrò anche se tenne gli occhi tutto il tempo sull’Ipod.
Alla fine disse: se mi eleggerete
presidente, la prima cosa che farò sarà quella di togliere le autorizzazioni del
Muos. Riportai la cosa a New York e don Vito & C. si convinsero che
Crocetta poteva essere l’uomo migliore per farla pagare a quegli infami che non
volevano pagare dazio per i loro affari con i missili, i cannoni e gli S37.
Solo che adesso sia lei che Crocetta vi pentite di essere stati No Muos.
No, io e Crocetta non siamo uguali.
Lui si è pentito di aver fatto il No Muos perché pensa in grande, vuole fare il
capopopolo, anzi il presidente del consiglio e sa che essere antiamericani non
è una buona presentazione né a Roma né negli Usa. Ha letto il servizio che gli
ha fatto il Washington Post? Solo Berlusconi
aveva avuto una prima pagina prima di allora e non certo per il suo impegno
antimafia e per i diritti civili. Crocetta recita, non si è mai pentito di
nulla. Io invece sono sinceramente pentito di quanto ho fatto. Quando Zichichi
rivelò che il Muos sarebbe stato utile per impedire che gli asteroidi
precipitassero sulla terra trasformandola in un deserto pensai ai miei figli.
Non è giusto che loro devono morire per non aver installato un dispositivo che può
distruggere in atmosfera quelle grandi palle di fuoco. A convincermi che ormai
non potevo più continuare a scrivere porcate in cambio del denaro della droga è
stata la nomina a ministro di quella donna africana di cui non ricordo il nome.
L’islamizzazione dell’Europa è uno scempio, è contro natura. Siamo cristiani,
profondamente cristiani, con identità e radici cristiane. Per me le parole del
ministro Mauro sono state illuminanti come il sacro vangelo. Il Muos, come i
droni di Sigonella e tutte le basi della Sicilia sono strumenti di pace e
libertà contro la perenne schiavitù. Se mi sono consegnato alla giustizia l’ho
fatto per amore di mia moglie e dei miei figli, perché loro non siano il
bottino delle invasioni di questi nuovi barbari. Voglio dirlo a tutti. Non c’è
futuro senza il Muos.
Intervista pubblicata nel numero odierno de Ilsicilianolibero_ilmegafono.info.com