Rapporto Sipri 2012: l’Italia, con 34 miliardi di dollari investiti, pari a 26 miliardi di euro, sale tra i «10 Grandi» della spesa militare
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- Date: Tue, 16 Apr 2013 13:45:10 +0200 (CEST)
di Manlio Dinucci -
Macché crisi! Nel 2012 l’Italia è salita al decimo posto tra i paesi con
le più alte spese militari del mondo, rispetto all’undicesimo nel 2011.
Lo documenta il Sipri, l’autorevole istituto internazionale con sede a
Stoccolma, che ha pubblicato ieri gli ultimi dati sulla spesa militare
mondiale. Quella italiana ammonta su base annua a circa 34 miliardi di
dollari, pari a 26 miliardi di euro. Il che equivale a 70 milioni di
euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e
missioni militari all’estero. Mentre mancano i fondi anche per pagare la
cassa integrazione.
Usa/Nato sempre in testa
A fare da locomotiva della spesa militare mondiale, salita nel 2012 a
1753 miliardi di dollari, sono ancora gli Stati uniti, con 682 miliardi,
equivalenti a circa il 40% del totale mondiale. Compresi gli alleati,
la spesa militare Nato ammonta a oltre 1000 miliardi annui, equivalenti
al 57% del totale mondiale.
Tra i «G-10» – Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Giappone, Francia,
Arabia Saudita, India, Germania, Italia – la cui spesa militare equivale
ai tre quarti di quella mondiale, gli Stati uniti spendono più degli
altri nove messi insieme. Nella presentazione del budget del Pentagono
si ribadisce che gli Usa posseggono «le forze armate meglio addestrate,
meglio dirette e meglio equipaggiate che siano mai state costruite nella
storia» e che sono decisi a mantenere tale primato.
Obiettivo del Pentagono è rendere le forze Usa più agili, più flessibili
e pronte ad essere dispiegate ancora più rapidamente. La riduzione
delle forze terrestri si inquadra nella nuova strategia, testata con la
guerra di Libia: usare la schiacciante superiorità aerea e navale Usa e
far assumere il peso maggiore agli alleati. Ma non per questo le guerre
costano meno: i fondi necessari vengono autorizzati dal Congresso di
volta in volta, aggiungendoli al bilancio del Pentagono.
L’annunciato taglio del budget militare Usa di 45 miliardi annui nel
prossimo decennio è quindi tutto da vedere. Va inoltre considerato che,
oltre al budget del Pentagono, vi sono nella spesa federale altre voci
di carattere militare – tra cui 140 miliardi annui per i militari a
riposo, 53 per il «programma nazionale di intelligence», 60 per la
«sicurezza della patria» – che portano la spesa reale Usa a oltre 900
miliardi, ossia a più della metà di quella mondiale.
La rincorsa degli altri
La strategia Usa punta ad accrescere la spesa militare degli alleati,
sia interni che esterni alla Nato, anche perché è l’industria bellica
statunitense a fornire loro la maggior parte degli armamenti. I
risultati non mancano: la spesa militare dell’Europa orientale è
aumentata nel 2012 di oltre il 15% rispetto all’anno precedente. La
Polonia aggiungerà al budget militare, in dieci anni, 33,6 miliardi di
euro per potenziare le forze armate realizzando (con tecnologie
importate dagli Usa) un proprio «scudo missilistico» nel quadro di
quello Usa/Nato.
In forte aumento anche la spesa militare degli alleati mediorientali,
cresciuta in un anno di oltre l’8%: in testa l’Oman con il 51% di
aumento e l’Arabia saudita con il 12%. In forte crescita anche quella
del Nordafrica, aumentata del 7,8%. In America latina, è in testa il
Paraguay con un aumento annuo del 51%, mentre la spesa militare del
Messico è cresciuta di circa il 10%.
Nelle stime del Sipri, la Cina resta al secondo posto mondiale, con una
spesa stimata nel 2012 in 166 miliardi di dollari, equivalenti al 9,5%
di quella mondiale. Ma il suo ritmo di crescita (175% nel 2003-2012) è
maggiore rispetto a quello degli altri paesi. Tale accelerazione è
dovuta fondamentalmente al fatto che gli Usa stanno attuando una
politica di «contenimento» della Cina, spostando sempre più il centro
focale della loro strategia nella regione Asia/Pacifico. In rapido
aumento anche la spesa della Russia, che con 90 miliardi di dollari si
piazza al terzo posto mondiale.
Il coro di quanti hanno accolto i dati del Sipri inneggiando ai «tagli»
della spesa militare statunitense e al «crollo» di quella italiana è un
grottesco tentativo di nascondere la realtà: il fatto che si gettano nel
pozzo senza fondo della spesa militare enormi risorse che, invece di
essere usate per risolvere i problemi vitali, servono a preparare nuove
guerre aggravando la condizione di povertà in cui è relegata metà della
popolazione mondiale.
Il Manifesto – 16.04.13
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