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Fwd: [pace] La guerra va dove porta Di Paola
- Subject: Fwd: [pace] La guerra va dove porta Di Paola
- From: Davide Bertok <davide at bertok.it>
- Date: Sat, 17 Nov 2012 18:54:59 +0100
-------- Messaggio originale --------
Oggetto: [pace] La guerra va dove porta Di Paola
Rispedito-Data: Sat, 17 Nov 2012 18:26:26 +0100
Rispedito-Da: pace at peacelink.it
Data: Sat, 17 Nov 2012 18:30:17 +0100 (CET)
Mittente: valeria.sonda at alice.it <valeria.sonda at alice.it>
Rispondi-a: pace at peacelink.it
A: pace at peacelink.it
----Messaggio originale----
Data: 17-nov-2012 14.32
Ogg: Di Paola va dove porta la guerra
*Di Paola va dove porta la guerra*
di /Antonio Mazzeo/
Il pomeriggio del 16 novembre 2011 quando giurarono fedeltà alla
Costituzione i ministri-tecnici del primo Governo Monti, lui non
c’era. “L’ammiraglio Giampaolo Di Paola, alla difesa, è in missione
in Afghanistan per conto dell’Alleanza atlantica”, giustificò il
premier. Da quel momento in poi il ministro con le stellette non si
è fermato un attimo, sempre in giro per il mondo a promuovere la
grandeur dell’Italia e l’efficienza del suo complesso militare
industriale.
La prima visita ufficiale dell’ex Capo di stato maggiore ed ex
presidente del Comitato militare della Nato - tredici giorni dopo
l’insediamento - era a Berlino nel nome del ritrovato asse
italo-tedesco per lo sviluppo dei missili e dei droni. Poi, una
dietro l’altra, le missioni in Mauritania, nuovamente in
Afghanistan, Gran Bretagna, Libano, Albania, Tunisia, Belgio,
Russia, Stati Uniti (faccia a faccia con il Segretario alla difesa,
Leon Edward Panetta, per predisporre il supporto logistico italiano
alla missione Onu in Siria e parlare di scudo antimissile Nato e
Afghanistan), Giordania, Giappone, Filippine, Francia, una seconda
volta in Germania e Libano, Algeria, Lituania, Lettonia, ancora
Afghanistan, Cipro, il Comando Nato di Bruxelles per il vertice dei
ministri dell’Alleanza, Armenia e, a fine ottobre, a Gerusalemme per
il “terzo vertice intergovernativo Italia–Israele” a riprova di una
partnership sempre più fatta di esercitazioni congiunte, in Sardegna
e nel Tirreno, nel deserto del Negev e nel golfo di Haifa, e di
import-export di caccia, missili, satelliti e velivoli spia. Infine,
qualche giorno fa, i bis in Algeria e in Francia (più correttamente
a Parigi per la riunione con i ministri della difesa e degli esteri
di Germania, Francia, Polonia e Spagna).
Quando è rimasto a Roma, l’instancabile ammiraglio è stato
disponibile a ricevere in pompa magna una lunga lista di omologhi
ministri alla guerra e alti ufficiali Usa e Nato: nell’ordine di
arrivo in Italia, quelli di Canada, Sud Africa, Serbia, Filippine,
Somalia, Macedonia, il Segretario generale della Nato Anders Fogh
Rasmussen (all’ordine del giorno “l’impegno in Afghanistan al
termine della fase di transizione, la situazione nei Balcani, la
difesa missilistica e la riforma dei Comandi e delle Agenzie
dell’Alleanza”), Libia, Polonia, Kazakhstan, Somalia bis, Russia,
Montenegro, Lettonia, il generale James N. Mattis comandante
dell’/U.S. Central Command/, Afghanistan, Senegal, Slovenia,
Vietnam, Azerbaijan, Francia, Colombia. Ovviamente molti dei vertici
si sono conclusi con la firma di memorandum e accordi di mutua
cooperazione tra le forze armate, war /games/ e addestramenti
congiunti, sperimentazione e acquisizioni di sistemi d’arma e
attrezzature tecnologiche di alto valore strategico.
Pur consolidando gli impegni nei principali teatri di conflitto
internazionale intrapresi dai predecessori (Afghanistan, Libano,
Balcani, Corno d’Africa, ecc.), Giampaolo Di Paola ha chiesto di
estendere la proiezione militare italiana ai turbolenti scenari del
continente africano: innanzitutto la “nuova Libia” uscita esangue
dai bombardamenti Nato ed extra-Nato dello scorso anno e a cui già
forniamo intelligence, addestratori e consulenti (senza dimenticare
il consenso a Washington a lanciare, dalla base di Sigonella, stormi
di droni contro Tripoli e Bengasi); il Maghreb (dove la priorità
resta la lotta all’immigrazione “clandestina” nel Mediterraneo);
l’Uganda (da fine agosto un team dell’esercito a Kampala addestra al
combattimento i militari locali destinati al fronte somalo e alla
caccia di “terroristi” nella regione dei Grandi Laghi); il Kenya,
con cui l’esecutivo Monti ha avviato un’“intesa per consolidare le
rispettive capacità difensive e migliorare la comprensione reciproca
sulle questioni della sicurezza”; il martoriato Mali (l’Italia ha
rassicurato l’Unione europea e gli stati africani che non farà
mancare il suo supporto all’ormai prossimo intervento multinazionale
d’occupazione).
/L’Italia è pronta ad andare ovunque e comunque/, è l’assunto del
ministro, per difendere i valori e gli interessi del tricolore,
specie se questi coincidono con quelli dei manager e degli azionisti
delle grandi aziende produttrici di materiale bellico. “Il settore
industriale italiano nel campo sicurezza e difesa è ad alta
tecnologia e ad alta innovazione, di rilevante importanza per lo
sviluppo economico di questo Paese”, ha dichiarato Di Paola durante
l’’audizione con la Commissione difesa alla Camera dei deputati, lo
scorso 6 novembre. Poi ha aggiunto: “Finmeccanica, la più grande
delle industrie italiane nel settore ed una tra le più grandi a
livello globale, impiega circa 70.000 unità lavorative e ha un
fatturato di oltre 16-17 miliardi di euro all’anno e di questo,
l’80% viene dal settore sicurezza e difesa. Questa realtà
tecnologica e industriale, importantissima anche per l’occupazione e
la crescita a cui contribuisce, deve essere sostenuta con
investimenti appropriati e collaborazioni internazionali
importanti”. E per sostenere Finmeccanica e socie, Di Paola è capace
a rimettersi in viaggio tra un meeting e l’altro, visitando le
maggiori fiere internazionali degli strumenti di morte, come quella
“aerea” di Farnborough, Gran Bretagna (12 luglio) o l’/Euronaval/ di
Parigi – Le Bourget (24 ottobre).
Encomiabile il pressing su Monti, media e Parlamento per risparmiare
alla Difesa l’offesa dei tagli della /spending review/. “Lo
strumento militare e le Forze armate italiane devono disporre di
capacità operative e tecnologiche avanzate, tra le quali certamente
rientrano quelle nel settore delle forze aeree, come la linea dei
cacciabombardieri F-35”, ha spiegato Di Paola in Commissione difesa.
“L’ammodernamento dello strumento militare, però, è molto più ampio
ed articolato ed investe programmi di rinnovamento delle forze
terrestri, quali la Forza NEC (/Network Enabled Capabilities/),
delle unità navali, degli elicotteri, dei sistemi satellitari, di
difesa missilistica, di comando, controllo e comunicazione e dei
droni, che rappresentano il futuro di questo settore”. Un programma
di ammodernamento ad ampio raggio, dunque, con un occhio particolare
alla /guerra cibernetica/, “la nuova frontiera della minaccia”,
secondo il ministro.
Così, per sostenere l’impeto riarmista e consolidare il
trasferimento di ingenti risorse finanziarie pubbliche alle
industrie militari anche in tempi di crisi, Di Paola ha rilanciato
la trasformazione del modello “difesa”, dove i “risparmi” per la
progressiva riduzione del numero di avieri, marinai e fanti si
convertiranno in “investimenti” in caccia, sottomarini, carri
armati, droni e apparati elettronici. Il tutto condito da qualche
opportuno gioco di prestigio nella predisposizione dei bilanci. Come
ad esempio quello di posticipare gli ordini di qualche anno,
spalmando le spese su più annualità (i nuovi velivoli blindati
“Freccia” di Iveco e Oto Melara sono così slittati dal 2013 al 2016,
i due sottomarini U 212 invece del 2016 arriveranno l’anno
successivo, gli elicotteri d’attacco NH90 di AugustaWestland dal
2018 al 2021, quelli AW101 dell’Aeronautica dal 2014 al 2017,
l’adozione dei missili “Spike” a bordo dei famigerati “Mangusta” dal
2017 al 2014).
Di contro nel 2013 saranno acquistati sistemi di cui nessuno sino ad
oggi aveva parlato: 40 blindati multi-uso e anti-mine del consorzio
tedesco Iveco-Krauss (costo 120 milioni di euro ma c’è l’opzione per
altri 40), un imprecisato numero di mortai da 81 mm (16 milioni), un
“velivolo senza pilota tattico UAV” per la Marina militare da
utilizzare “per la sorveglianza e le operazioni navali
anti-pirateria”, ecc.. All’esordio pure lo “sviluppo” dell’MC-27J,
la versione dotata di cannoniere dell’aereo da trasporto C-27J
“Spartan” prodotto da Alenia Aermacchi. E che nessuno dica che a
Palazzo Baracchini non si operi alacremente…
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