Re: LETTERE CRITICHE AL MANIFESTO SULLA VICENDA SIRIANA



MEGLIO TARDI CHE MAI:Anche io ho apprezzato,va detto che si sono finalmente
rotti imbarazzanti contorsionismi,svolta rafforzata oggi da un articolo di ASAD ABU KHALIL,dal titolo esplicito,PERCHE BISOGNA OPPORSI AL CONSIGLIO NAZIONALE SIRIANO Questa svolta ha mandato su tutte le furie i nostri pacifinti integralisti occidentali,che bombardano di proteste il giornale,ho mandato un commento in cui esprimevo al Manifesto la mia solidarietà umana e politica,perchè mi sembrava di rivivere la stessa isteria collettiva degli anni 80,in piena strategia della tensione,e brigatismo,non serve a niente prendere le distanze da ASSAD o da GHEDDAFI,come allora si prendevano dalle BR,quello che non ti perdonavano era che non stavi con uno Stato mandante delle stragi,ricordare quella stagione come quella del terrorismo rosso(utile alla normalizzazione) è fare del revisionismo storico,è stata la stagione delle STRAGI DI STATO,lo stesso adesso,non ti perdonano se sei contro la NATO,anche oggi in SIRIA i mandanti delle stragi sono gli stessi di allora.
FUORI LA NATO DALL'EUROPA FUORI L'EUROPA DALLA NATO.


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To: <disarmo at peacelink.it>
Sent: Wednesday, March 14, 2012 5:50 PM
Subject: LETTERE CRITICHE AL MANIFESTO SULLA VICENDA SIRIANA


Questa è la risposta di Maurizio Matteuzzi che ho apprezzato molto. In
fondo
due lettere di critica.

La prima cosa che viene da dire, di fronte a queste lettere sulla crisi
siriana e di come la stia trattando "il manifesto", è: ma, cari compagni e
lettori, la vicenda della Libia - prima la «guerra umanitaria» e poi il
caotico, violento, secessionista post-guerra in corso - non ha insegnato
niente? Non è lecito, anzi d'obbligo, almeno per un giornale come il
nostro,
alimentare qualche dubbio sui e qualche presa di distanza dai modi in cui
la
«narrazione» (come si usa dire adesso) e la lettura della crisi siriana
vengono
presentate dall'Occidente in generale, da paesi quali l'Arabia saudita e
il
Qatar, dalla stampa mainstream, italiana e internazionale (facciamo due
nomi a
caso, la Repubblica e al Jazeera)?

Allora ribadiamo qualche punto fermo e avanziamo qualche domanda.

1) Noi, come "manifesto", non stiamo adesso con Assad, come sulla Libia
non
stavamo con Gheddafi. Questo deve essere chiaro. Durante la guerra libica
e
adesso durante la guerra siriana, abbiamo sempre (sempre) scritto che
dovevano
andarsene e che inevitabilmente alla fine se ne sarebbero andati (nel
senso che
sarebbero stati cacciati). Quindi nessuna «scelta» per Assad, nessun
«filisteismo», nessun «ponziopilatismo». Semmai, e lo rivendichiamo, il
rifiuto
del «pensiero unico» e della «narrazione a senso unico».

2) Rispetto alle legittimissime critiche di questi nostri compagni e
lettori
sulla copertura della crisi siriana, siamo noi a chiedere se e cosa ci
avrebbero scritto se il manifesto avesse seguito il mainstream di politica
e
informazione sulla vicenda libica (ricordano i lettori quando la qatariota
al
Jazeera, presa per oro colato, la Repubblica e compagnia cantante,
sparavano le
notizie sui 10 mila morti a Tripoli, sulle fosse comuni e altre colossali
balle?). Come spiegano che, adesso, della «nuova Libia», (esecuzioni
extragiudiziarie, torture sistematiche, razzismo, radicalismo islamico,
milizie
fuori controllo..., il tutto documentato da Amnesty, da Human Rights
Watch,
Croce rossa e perfino dall'Onu che a suo tempo avallava la panzana
dell'«intervento umanitario a protezione dei civili») i Sarkozy, i
Cameron, gli
Obama (e purtroppo anche i Napolitano) non profferiscano più parola, al
pari
dei giornali e tv mainstream?

3) Come non capire che il dittatore Assad e i suoi sanguinari servizi
possono
fare le nefandezze che stanno facendo in Siria, anche (anche) perché i
Sarkozy,
i Cameron, gli Obama (e purtroppo anche i Napolitano) e una Onu sempre più
succube delle potenze centrali dell'Occidente hanno fatto in Libia quel
che
hanno fatto con il trucco della risoluzione 1973 sulla «protezione dei
civili
con qualsiasi mezzo» (ossia tramite i bombardieri della Nato)?

4) Come si spiegano l'attivismo sfrenato (e miliardario e militare) di
paesi
come l'Arabia saudita e il Qatar a fianco degli insorti di Libia e Siria?
Carlo
Villarini scrive che lui pensa «che sulla pelle del povero popolo siriano
si
stanno giocando molte partite sporche e non certo in nome dei diritti
umani,
della giustizia e della libertà». Giusto, ma sono solo le pessime Russia e
Cina
a giocarle?

5) In realtà, io credo che la scandalosa impotenza della «comunità
internazionale» (con l'eccezione rivelatrice delle petro-monarchie del
Golfo) a
fermare la macelleria prima in Libia e ora in Siria (e anche in Yemen e
Bahrain, ma quelle passate sotto silenzio: come mai?) sia un effetto
diretto di
un «interventismo umanitario» che in tutti i casi precedenti («dall'Iraq
al
Kosovo all'Afghanistan alla Libia», scrive giustamente Villarino, e io ci
aggiungerei anche Haiti e Somalia) si sono rivelati tutto fuorché
«umanitari»,
mentre in altri casi, quando un «interventismo umanitario» gridava la sua
necessità (qualcuno si ricorda il genocidio del Ruanda?), non c'è stato
alcun
intervento (per colpa di chi?).

6) "Il manifesto" non è affatto «equidistante tra insorti e dittatura»,
come
ci accusa Liliana Boccarossa. Ma ha distinto e continuerà a distinguere
fra
situazioni affatto diverse che richiedono letture e giudizi diversi, anche
se
tutte vanno sotto un ombrello di comodo (troppo comodo) di «primavera
araba».
Le rivolte o «rivoluzioni» in Tunisia ed Egitto (e anche quella
misconosciuta e
abbandonata a se stessa del Bahrain) sono una cosa, le rivolte e
rivoluzioni in
Libia e Siria un'altra. Ma davvero Liliana Boccarossa pensa che non si
tratti,
in entrambi i casi, di tentativi (mal) mascherati di «regime change»
etero-
diretti? Altro che «rifiuto di un intervento militare esterno»...

È vero che i parametri di giudizio politico sono cambiati, che bisogna
trovare
nuovi strumenti di interpretazione della realtà. Ma, primo, questi nuovi
strumenti non mi sembra che siano stati ancora compiutamente trovati e,
secondo, bisogna fare attenzione che dietro a molti dei pretesi nuovi
strumenti
non si nascondano in realtà quanto di più vecchio esista nella storia del
«secolo breve» appena concluso. Detto questo, per favore continuate e
comprarci, leggerci e... polemizzare. Maurizio Matteuzzi

Partite sporche

Vi scrivo per esprimervi, da grande ma non acritico sostenitore, il mio
dissenso riguardo al modo nel quale state presentando sul giornale la
drammatica situazione in Siria. Il manifesto, che apprezzo per la volontà
di
scavare nelle notizie internazionali, sta descrivendo una situazione
avviata
verso il baratro della guerra civile focalizzando esclusivamente sulle
manovre
politiche attuate dalle potenze europee e dagli Usa, alleati alle
monarchie
filo-occidentali del Golfo, non certo rispettose dei diritti umani nemmeno
dei
loro cittadini, allo scopo di far crollare il regime di Assad, che ha la
colpa
di essere alleato allo "stato canaglia" Iran e di avere un governo laico e
islamico-sciita contro le petro-monarchie islamico-sunnite del Golfo.

Per ottenere questo obiettivo, concludete, questa coalizione sta
sostenendo
con soldi e armi l'opposizione armata al regime siriano, molto ambigua per
la
presenza di forze islamiste radicali, e non scarterebbe nemmeno l'opzione
dell'intervento militare, come già fatto contro la Libia. Sono uno di quei
pacifisti che, assieme a tanti altri, ha sempre levato la propria voce
contro
le cosiddette guerre umanitarie, dall'Iraq al Kossovo all'Afghanistan alla
Libia. Per quello che posso capire, penso anch'io che sulla pelle del
povero
popolo siriano si stanno giocando molte partite sporche, e non certo in
nome
dei diritti umani, della giustizia e della libertà.

Ciò detto, negli articoli che ho letto non viene dato alcun rilievo alle
due
questioni che un giornale pacifista e comunista avrebbe dovuto considerare
centrali. Prima di tutto, che alle proteste per chiedere maggiore libertà
e
giustizia, il regime siriano ha da subito risposto con una violenza
bestiale,
scatenando i suoi temutissimi servizi segreti nella repressione, e ciò ha
inevitabilmente convinto una parte dell'opposizione a scegliere la strada
della
lotta armata, pericolosissima specie in una società multietnica e
multiconfessionale come quella siriana; in secondo luogo, che lo
spettacolo
drammatico cui il mondo sta assistendo ormai da giorni, il bombardamento
con
l'artiglieria pesante di un esercito potente come quello siriano di interi
quartieri di una città di 800.000 abitanti, Homs, perché in essi si
annidano le
forze armate dell'opposizione, è una vergogna e una barbarie che non può
essere
in nessun modo sminuita o sottaciuta. Mi sarei aspettato che il manifesto,
di
fronte ai morti e al terrore causati da quelle bombe che cadono tra la
popolazione civile (bambini compresi, sappiamo che le bombe non sono molto
intelligenti) non avrebbe avuto alcun dubbio a indicare chiaramente chi è
il
repressore e chi l'oppresso, chi il macellaio e chi la vittima innocente.
Ho
letto invece con profondo dispiacere solo le allusioni ad un "gioco al
rialzo"
da parte delle organizzazioni dell'opposizione siriana (della quale
giustamente
evidenziate le divisioni, le ambiguità e le violenze verso i civili di
altre
comunità religiose) perché starebbero gonfiando le cifre dei morti, specie
civili, allo scopo di creare una maggiore indignazione e reazione nella
comunità internazionale. Tutti sappiamo che queste cose possono succedere,
che
la prima vittima di ogni guerra è la verità, e che in una guerra civile -
il
tipo peggiore di guerra - la violenza viene commessa da tutte le parti;
ciò
nonostante, chi vuole preparare il terreno a un'umanità migliore dovrebbe
dire
innanzitutto, e con tutta la forza che ha, che i morti sono comunque
tanti,
troppi, diverse migliaia da marzo dello scorso anno, nessuno ne sa il
numero, e
che la gran parte sono stati sicuramente ammazzati dal regime, moltissimi
civili, sembra centinaia di bambini. E che alla fine di un altro giorno di
bombardamenti dell'esercito di Assad ne siano morti altri 50 o 100 o 200,
a
seconda delle fonti d'informazione, non fa alcuna differenza: l'unica cosa
da
dire è che è sempre un prezzo inaccettabile. Saluti pacifisti ed i miei
più
grandi auguri per il vostro/nostro futuro.


Carlo Villarini



Ma quale equidistanza

Se non fosse così tragico sarebbe da ridere. Mentre da settimane Homs è
sotto
le bombe, mentre da ormai un anno gli sbirri della famiglia Assad
uccidono,
rastrellano, torturano chi chiede dignità e libertà, il manifesto continua
con
la sua "equidistanza" tra insorti e dittatura. In fondo ci sono
"ammazzamenti
da una parte e dall'altra" (14/2) o, cosa ovvia sul manifesto, nato tra
stragi
di Stato..., gli ordigni esplosivi che fanno strage «non sono certo
piazzati da
agente del regime di Assad» (Marinella Correggia 27/1). Care/i compagni/e,
altro che "equidistanza", tra chi si è ribellato al regime e il regime
degli
Assad, gira e rigira, scegliete Assad. E la linea delirante del Réseau
Voltaire
ben noto in Francia per le sue tesi "complottiste" portate avanti dall'11
settembre, e gli articoli di Silvia Cattori in cui il sionismo diventa
"ideologia ebrea". Bella compagnia! Comunque al di là di questo squallore,
la
cosa politicamente grave è che non lasciate nessuno spazio di dibattito a
chi
nell'opposizione siriana tutta (e basta con la barzelletta del Cns
"venduto" e
del Ccn "puro"), e tra noi compagni/e si chiede come portare avanti il
sostegno
a chi crepa sotto le bombe pur di non vivere più sotto il ricatto del
terrore e
il rifiuto di un intervento miltare esterno.

Insomma, è impossibile non farsi domande e cercare risposte. Quelle che
riesco
a darmi sono queste: a) Il pacifismo di alcune/i che li porta ingenuamente
a
prendere per buone informazioni di chi il pacifismo strumentalizza. b)
Assad
"pro- palestinese" e che dunque va difeso. Peccato che abbia sempre usato
la
Palestina fare tacere la dissidenza interna e per indebolire i paesi
limitrofi,
finanziando a casa loro gruppi islamisti che massacrava in Siria. E che
non
abbia mai fatto nulla di serio per recuperare il Golan. c) Un po' di
veterocomunismo che vede ancora in Castro - e ora in Chavez - un campo "di
sinistra" da sostenere. E Chavez ha dichiarato che il suo "amico" Assad è
un
"umanista". d) La paura per la strada aperta dalle "primavere araba" ai
gruppi
islamisti. E qui, caro Matteuzzi, lascia che una vecchia e noiosa
insegnante di
francese ti ricordi che dopo la caduta della monarchia (1789) ci vollero
90
anni molto travagliati prima che la repubblica diventasse forma di governo
stabile (1879) e 116 anni per arrivare alla separazione di Stato e Chiesa
(1905), senza parlare poi del voto alla donne. E che dunque dichiarare
dopo
neanche un anno la primavera araba morta, mi sembra un po' prematuro! e)
Un'antiglobalizzazione che vede nei Bric in ascesa un antidoto al
neoliberismo
imperante e si schiera dunque dalla loro parte. Tacendo che la Russia sta
cinicamente usando la crisi siriana per negoziare con gli Usa sullo scudo
antimissili, e l'uso di Tartous. Altro che negoziazione tra le opposizioni
e
Assad....


Liliana Boccarossa



Come Ponzio Pilato

Siria: quanti venerdì di protesta (e di stragi) sono passati in otto mesi
del
2011, prima che si formasse l'"Esercito libero siriano" (Els)?
Venticinque,
trenta o di più? La sinistra italiana, nonostante le divisioni in due
tronconi
dell'opposizione siriana, aveva dimostrato una cauta simpatia per i
dimostranti, per le proteste di piazza, ma non altro: non ha mosso un dito
affinché la repressione fosse fermata e non si desse adito a interferenze
straniere. Eppure non siamo più negli anni '60, quando si sussurava che il
Baath socialista siriano finanziasse un partito italiano, poi discioltosi.
A
sinistra si sperava, fregandosi le mani, nel vaticinio che si ripetesse
una
nuova Libia per sussumere la rivolta di popolo sotto la cifra
dell'intervento
imperialista, potendosi così, tra l'altro, in qualche modo uniformarsi al
linguaggio sprezzante del dittatore Assad, che da subito, di fronte a
gente
disarmata, aveva definito chi andava in piazza come "terrorista".

Filisteismo: è bastato che si formasse un nucleo consistente di militari
disertori che, non solo si rifiutavano di sparare sulla folla, ma
affiancavano
la protesta, perché quanto accadeva in Siria fosse omologato, alla stregua
delle dichiarazioni e degli interessi russi e cinesi, sotto la dizione
generica
di "violenze", non meglio qualificate e addebitate. Ora è un gioco da
ragazzini
dimostrarsi apparentemente super partes, appoggiando di fatto il regime
dalle
diciassette polizie segrete e di altro ancora. Di Ponzio Pilato nella
storia
non ce ne è stato solo uno.


Giacomo Casarino, Genova



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14/03/2012