R: Al banchiere piacciono le armi
- Subject: R: Al banchiere piacciono le armi
- From: "sebastiano cosenza" <sebastiano.cosenza at fastwebnet.it>
- Date: Tue, 31 Jan 2012 12:26:51 +0100
Conosco il personaggio, di buon spessore
culturale, purtroppo fa parte di quella finanza ebraica internazionale che sul
commercio di armi ha fatto la sua fortuna. sebastiano Da:
disarmo-request at peacelink.it [mailto:disarmo-request at peacelink.it] Per conto di Paolo Bertagnolli Non mi pare che la proposta di
Guido Roberto Vitale sia destinata a " far discutere": farneticazioni
di questo tipo le si lascia, appunto, ai farneticanti. Date: Tue, 31 Jan 2012 00:08:02
+0100 di Marco Ratti da l'Espresso «Più spese militari, per creare lavoro. Meno inutili
laureati, più ragazzi che si rimboccano le maniche. E basta parlare di diritti,
parliamo invece di doveri». La ricetta anticrisi del finanziere Guido Roberto
Vitale. Destinata a far discutere La disoccupazione giovanile «è dovuta soprattutto
all'ignavia». Già, perché «ci sono mille lavori che si possono fare, anche
diversi da quelli per cui ci si è inutilmente laureati». E la spesa militare in
Italia «è un'opportunità per creare lavoro qualificato e duraturo». A pensarla
così è Guido Roberto Vitale, uno dei più importanti banchieri d'affari
italiani, fondatore e presidente di Vitale & Associati, spesso chiamato il
"finanziere rosso". Uno dei temi più dibattuti in questi giorni è la riforma
del mercato del lavoro. Come valuta le prime mosse della titolare del Welfare,
Elsa Fornero? «Credo che il ministro Fornero si stia muovendo molto bene
e con grande competenza. Mi auguro che abbia successo nella modernizzazione dei
contratti di lavoro». Quali interventi sono importanti per combattere la
disoccupazione giovanile e il precariato? «Per quanto riguarda i giovani, noto che troppi sono stati
indotti a laurearsi, e spesso malamente, in discipline per cui non c'è domanda
da parte del mercato. Penso per esempio ai laureati in legge, in scienze della
comunicazione, in psicologia e, in generale, nelle materie umanistiche. Per
contro, c'è una grande mancanza di tecnici specializzati in tutti i settori.
Occorre dare urgentemente nuova dignità agli istituti tecnici. E credo che il
precariato sia il risultato di un sistema di relazioni tra impresa e lavoro che
è ormai sclerotizzato, che non tiene conto di ciò che è avvenuto con la
globalizzazione». Di quale cambiamento avrebbe bisogno, quindi, la nostra
società? «Si è parlato per 40 anni di diritti, ma adesso bisogna
parlare un po' di doveri. I giovani che sono mantenuti dalla famiglia sono un
danno per la loro famiglia e per la collettività. Ci sono mille lavori che si
possono fare, anche diversi da quelli per cui ci si è inutilmente laureati. Ci
sono molti lavori pubblici, per esempio, che non si fanno perché non ci sono le
maestranze. Quindi c'è il dovere di rimboccarsi le maniche. In altre parole, in
una società tutti devono avere gli stessi diritti, ma tutti hanno anche il
dovere di meritarli, di guadagnarsi questi diritti». Secondo lei, quindi, c'è lavoro per tutti i giovani che
hanno voglia di darsi da fare? «Penso che la disoccupazione giovanile sia dovuta
soprattutto all'ignavia: se uno è laureato in legge, per esempio, e non ci sono
posti, deve fare un altro lavoro. Non è pensabile che sia la collettività a
inventarsi lavori, che non esistono, per loro». La sua opinione su questo punto è chiara. Passando ai
settori chiave della nostra economia, in questo momento di crisi quali sono da
sostenere e quali, invece, quelli a cui chiedere qualche sacrificio? «Non è questione di singoli settori. L'economia ripartirà
quando cambierà l'umore degli italiani e quando diventeremo tutti più
ottimisti. C'è bisogno di un nuovo modo di governare il Paese, di leggi nuove,
di una pubblica amministrazione efficiente e puntuale, anche perché oggi sono
troppi gli arbitrii a cui un cittadino deve sottostare senza alcuna ragione
apparente. La cosa importante, dunque, è che ci sia un contesto favorevole. E
tutti devono fare la propria parte». Qualche tempo fa, sul sito dell'Espresso il padre
comboniano Alex Zanotelli sosteneva che per recuperare i fondi necessari alla
manovra «basterebbe tagliare le spese militari. Solo nel 2010 abbiamo speso per
la difesa 27 miliardi di euro». Che cosa ne pensa? «E' una proposta che risente della cultura di chi l'ha
fatta. Le spese militari sono indispensabili a un Paese moderno che voglia
avere una sua politica estera. E altrettanto dicasi per l'Europa. E non
dimentichiamo mai che oggi gli armamenti sono per lo più fatti di software, che
è una particolare branca di attività produttiva che è ad altissima intensità di
lavoro qualificato e ad alto valore aggiunto». E quindi? «In ogni arma moderna la componente elettronica è sempre
preponderante rispetto all'hardware e il software è sviluppato da laureati, da
tecnici, da quel particolare tipo di professionalità in cui il mondo
occidentale eccelle. Insomma, è un'opportunità per creare lavoro qualificato e
duraturo. Inoltre, non possiamo dimenticare che quasi tutti i grossi progressi
tecnologici hanno avuto la loro origine nelle spese per la difesa degli Stati
Uniti d'America». |
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