[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
FINCANTIERI: Riconvertire si può
- Subject: FINCANTIERI: Riconvertire si può
- From: "rossana123 at libero.it" <rossana123 at libero.it>
- Date: Fri, 6 Jan 2012 16:34:39 +0100 (CET)
Duccio Valori dal Manifesto del 5-01-12 La prospettiva di chiusura dei cantieri navali di Sestri e Castellammare è da attribuire essenzialmente a due ordini di fattori, il primo oggettivo ed il secondo psicologico. Quello oggettivo consiste nella stasi del mercato della crocieristica: è infatti del tutto evidente che la generalizzazione della crisi economica, a livello mondiale, non poteva non ripercuotersi sulla domanda di consumi voluttuari, come le crociere, e quindi sulle commesse di naviglio da crociera. Qualsiasi imprenditore di buon livello se ne sarebbe reso conto tempestivamente ed avrebbe preso le misure necessarie a salvare le attività dei cantieri. Ma è qui che subentra il fattore psicologico. Il top management della società aveva presentato anni or sono una programma di collocamento in borsa delle azioni della Fincantieri; e quel programma, anche per l'opposizione di questo giornale, venne bloccato dal Parlamento. Tempo dopo, la Fincantieri propose la chiusura proprio delle unità produttive che oggi sono oggetto della stessa minaccia; ed anche in quel caso la netta opposizione politica e sindacale fece rientrare il progetto. È comprensibile come il top management della Società si senta frustrato e desideri una rivincita: poco male se questa rivincita passa sopra la testa dei lavoratori e di intere comunità locali, che dalla cantieristica e dall'indotto traggono i mezzi di sussistenza! Ma esistono alternative alla chiusura dei cantieri ed al crollo della domanda di navi da crociera? Chi scrive ritiene che queste alternative esistano, e che esse vadano attentamente studiate, sia per rendere possibile la loro realizzazione, sia per minimizzarne il costo. Anni or sono venne additata alla Fincantieri l'opportunità che le sue non indifferenti capacità progettuali nel settore marittimo venissero indirizzate verso produzioni alternative, non meno necessarie al Paese delle navi da crociera (e forse anche di più!) Si trattava, e si tratta ancora, di impianti di termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani, che verrebbero a chiudere positivamente il ciclo della raccolta differenziata, ma che le comunità locali - per ragioni comprensibili, anche se non sempre fondate - tendono a rifiutare; come si tratta di impianti galleggianti per la produzione di energia eolica, anche questi spesso oggetto di opposizioni locali, per ragioni diverse ma altrettanto comprensibili. È immediato chiedersi perché una società per azioni, condizionata dalla ricerca del profitto, debba sobbarcarsi a ingenti investimenti prima di progettazione, poi di realizzazione, senza avere un committente che versi prima un anticipo, e poi - a stati di avanzamento - il corrispettivo del lavoro effettuato. Ci troviamo in questo caso di fronte alla mentalità tipica dell'azienda che produce su commessa: niente commessa, niente produzione; quindi niente lavoro, niente spese, ecc. Quindi niente perdite! Ma in realtà questa gretta mentalità da bean counters, come gli americani chiamano (giustamente) i controllers e gli ispettori, porta soltanto alla progressiva chiusura dei reparti o degli impianti in perdita, e non offre alcuno spazio all'innovazione di processo e/o di prodotto. Le spese di progettazione e produzione delle nuove attività possono essere capitalizzate senza pesare troppo sui bilanci aziendali (sempre che si ritengano prioritari questi ultimi rispetto alle esigenze dei lavoratori!); i prodotti finali (in ipotesi, gli impianti di trattamento dei rifiuti solidi urbani e le centrali eoliche), una volta realizzati, possono essere ceduti, al costo di produzione o ad un costo remunerato, ad investitori privati o pubblici, risparmiando, nel caso dei rifiuti solidi urbani, il costo del trasporto e dello smaltimento all'estero, ed in quello delle centrali eoliche il costo di nuove centrali termiche o addirittura nucleari. Le soluzioni proposte non sono né nuove né esclusive. Sarebbe però interessante sapere perché la Fincantieri non ne voglia tener conto o non ne proponga altre, insistendo invece sulla politica suicida delle chiusure e dello scontro con le maestranze. * ex direttore centrale Iri
- Prev by Date: 1 miliardo di euro genera 11 mila posti di lavoro nel settore militare e 29 mila in quello dell'educazione
- Next by Date: [SPF:fail] G&P n. 165 - Afghanistan: Libertà duratura
- Previous by thread: 1 miliardo di euro genera 11 mila posti di lavoro nel settore militare e 29 mila in quello dell'educazione
- Next by thread: [SPF:fail] G&P n. 165 - Afghanistan: Libertà duratura
- Indice: