Re: Blindati e carri armati, la "shopping list" della Difesa costa 500 milioni



si dice stiano razionalizzando le risorse della difesa ed esercito e riducendo il personale



Da: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
A: Lista disarmo <disarmo at peacelink.it>
Inviato: Giovedì 24 Novembre 2011 14:41
Oggetto: Blindati e carri armati, la "shopping list" della Difesa costa 500 milioni

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From: "Marco Dell'Armi" <marcodellarmi at hotmail.com>
Sender: associazioneperlapace at yahoogroups.com
Date: Wed, 23 Nov 2011 17:24:09 +0100
To: Assopace-egroups<associazioneperlapace at yahoogroups.com>
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Subject: [associazione per la pace] Blindati e carri armati, la "shopping list" della Di fesa costa 500 milioni



 
Blindati con cannone da 120 mm per dieci milioni di euro. “Veicoli tattici medi multiruolo” per altri 157 milioni di cui sette da stanziare entro l’anno. E ancora 198 milioni di euro per 477 veicoli tattici leggeri “lince” da comprare entro il 2013. E poi “sistemi acustici per la localizzazione delle sorgenti di fuoco”, barriere antisfondamento, veicoli automatici di perlustrazione per altri 56,3 milioni. Sono soldi che l’Italia spenderà entro fine anno in armamenti e che si potrebbero destinare ad altro subito, oggi stesso. Perché alla commissione Difesa della Camera, nel pomeriggio, atterrano i cinque programmi di acquisto per armamenti militari del valore di 500 milioni di euro per essere votati e passare in giudicato. Il capogruppo Idv Augusto Di Stanislao ha presentato una mozione per chiedere di fermare lo “shopping” militare e rivedere i programmi di spesa in scadenza: entro il prossimo 3 dicembre, infatti, quella partita di carri e veicoli leggeri, deve ricevere l’approvazione formale.

Si torna a parlare di manovre “lacrime e sangue”  per recuperare 30 miliardi in due anni. Ma il settore delle spese militari è cresciuto nel 2010 dell’8,4%, con una spesa addizionale di 3,4 miliardi di euro. Il conto generale sale a quota 20.556,9 milioni di euro, corrispondente all’1,283% del Pil e che colloca l’Italia all’ottavo posto al mondo per spese militari. Ringrazia l’industria bellica nazionale, che anche negli ultimi anni di crisi generale ha presentato saldi in decisa crescita. Ad esempio, nel 2009, quando l’economia ha iniziato a segnare il passo, il settore della produzione bellica ha registrato un fatturato record da 3,7 miliardi, superando perfino la Russia nella corsa agli armamenti. E non è tutto. Perché oggi si discute di cinque programmi d’acquisto relativi alle forze di terra, ma da qui al 2026 sul bilancio dello Stato ne incobono ben 71, tra i quali spiccano i 121 caccia F35 che costeranno 16 miliardi (80 sono già stati acquistati, ne manca l’ultima tranche) e sono da tempo oggetto di polemiche e proteste.

I cinque programmi in discussione sono il frutto di un più ampio progetto di digitalizzazione delle forze di terra avanzato dal Ministero della Difesa nel 2009 e inserito nel Programma pluriennale di spesa. Punta a digitalizzare mezzi, sistemi e componenti di una Forza NEC (Network enabled capability). Manna dal cielo per chi produce mezzi di questo tipo, cioè tutta la grande industria italiana che va a braccetto con la politica per ottenere commesse sicure in un business sussidiato con soldi pubblici per centinaia di milioni. Tra i principali beneficiari dello “svecchiamento” del parco blindati spiccano infatti i big dell’industria nazionale: Iveco, Fiat, Oto Melara, Finmeccanica, Fincantieri, AugustaWestland. La Società Consortile Iveco Fiat-Oto Melara, ad esempio, produce i veicoli leggeri su cui si vota oggi. Sempre Iveco, stavolta insieme alla tedesca Klauss Wegmann Mafei, realizza la piattaforma dei 40 veicoli tattici multiruolo da 157 milioni. Ma buona parte delle commesse sono proprio per quella Finmeccanica Spa finita nella bufera per tangenti, finanziamenti illeciti ai partiti e commesse “politiche” è stato ascoltato l’ex ministro Giulio Tremonti, mentre proprio ieri il capo del governo Mario Monti ha espresso preoccupazione e il leader del Pd Bersani ha chiesto l’azzeramento dei vertici. La holding italiana opera nel settore della difesa sia con la joint venture MBDA (con una quota del 25%), prima azienda europea nel campo dei sistemi missilistici, sia con le società direttamente controllate Oto Melara, che produce mezzi corazzati e artiglieria terrestre e navale, e WASS, leader mondiale nei siluri. I sistemi per le operazioni interforze a supporto dei comandi nelle missioni multinazionali (in sigla C41I) sono prodotti proprio da Finmeccanica per 76 milioni di euro. E ancora la nazionale AgustaWestland che produrrà elicotteri NH90 e EH-101 per oltre 200 milioni.

Ma quella che si discute oggi è solo lista della spesa relativa alle forze di terra, una goccia nel mare delle spese militari. La shopping-list italiana va ben oltre tra interforze e aeronautica. Sono ancora in corso i programmi di acquisto relativi al 2010. E ce n’è per tutti i gusti. Solo nell’area interforze prevedono una spesa da 900,5 milioni di euro. I capitoli più pesanti sono relativi allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter JSF (158,9 milioni di euro), altri 60 milioni per il velivolo da pattugliamento marittimo MMPA, la realizzazione dei C4I di Finmeccanica di cui si è detto, e del sistema WIMAX per l’accesso a reti di telecomunicazioni a banda larga e senza fili da 170,5 milioni. I principali programmi terrestri (813,6 milioni) sono relativi all’industrializzazione ed alla produzione degli elicotteri NH-90 (154,3 milioni), l’approvvigionamento di Veicoli tattici leggeri multiruolo (127,1 milioni), la realizzazione del sistema missilistico superficie/aria terrestre FSAF (48,7 milioni), l’acquisizione dell’elicottero da trasporto medio (68,7 milioni) e degli obici semoventi (63 milioni) e altri ancora. Nell’ambito dei programmi navali sono previste spese per 770,3 milioni. Quelle più rilevanti riguardano l’acquisizione della nuova nave portaerei Cavour a Fincantieri (52,7 milioni), di due fregate antiaeree di scorta classe Orizzonte (84,4 + 11,2 milioni) e dei sommergibili di nuova generazione U212 (110,4 milioni), oltre che l’ammodernamento di mezza vita di unità navali (22,7 milioni). Ci sono poi programmi relativi agli elicotteri NH90 (165,7 milioni) e EH-101 (45,4 milioni), nonché l’acquisizione del sistema missilistico superficie/aria FSAF (23,7 milioni). Nell’aeronautica si prevedo investimenti per 931,9 milioni, le quote più consistenti sono riservate allo sviluppo e acquisizione dei velivoli Eurofighter 2000 (57,1 milioni), all’ammodernamento strutturale dei velivoli Tornado (184,1 milioni), alla realizzazione di una serie di sistemi C4I (55,9 milioni), ai sistemi missilistici ATBM MEADS (42,8milioni) e IRIS/T (29,5 milioni) nonché all’acquisizione di velivoli rifornitori B767 Tanker (27,6 milioni) e di velivoli da trasporto (51,4 milioni).

Se i politici possono fare qualcosa oggi stesso, fermando o razionalizzando gli acquisti bellici, c’è anche una società civile che si è già mobilitata per dire il suo “no”. Sui contestati F35 continuano le manifestazioni e le contestazioni con tanto di raccolta firme (circa 50mila quelle raccolte via web e con petizione su carta) per chiedere di fermare l’acquisto dei nuovi caccia. Molti Paesi hanno rinunciato a tale programma e gli stessi Usa hanno tagliato drasticamente le spese militari. Un’altra iniziativa importante è quella lanciata da padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano di origine trentina che ha promosso una petizione contro un ulteriore incremento della spesa per il parco armamenti tricolore.


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