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AFRICOM, Libia e lo sviluppo dell'Africa
- Subject: AFRICOM, Libia e lo sviluppo dell'Africa
- From: glry at ngi.it
- Date: Sun, 11 Sep 2011 02:47:14 +0200
- Priority: normal
AFRICOM ed i Neocolonialisti
La guerra NATO alla Libia è un attacco allo sviluppo dell'Africa
di DAN GLAZEBROOK
"L'Africa: la chiave della crescita economica globale".
Questa l'onesta titolazione rispolverata di recente dal Washington
Post, difficilmente qualificabile però come 'news', cioè novità.
La mano d'opera e le risorse africane - come qualunque economista
storico decente vi dirà - sono state determinanti per la crescita
economica mondiale per secoli.
Quando gli europei scoprirono l'America cinquecento anno fa, il loro
sistema economico assunse un carattere virale. Nel loro svilupparsi,
le Potenze europee realizzarono che gli equilibri del potere in casa
loro sarebbero stati determinati dalla forza che esse potevano
trarre dalle loro colonie d'oltremare.
L'imperialismo (ovvero il capitalismo) è stato da allora la
caratteristica fondamentale della struttura economica del mondo.
Per l'Africa, questo ha significato la sottomissione senza
interruzione ad un implacabile saccheggio sistematico, in continuo
incremento, di persone e risorse che è proseguito fino ad oggi.
Dapprima fu il rapimento brutale di decine di milioni di africani
per sostituire la forza lavoro indigena americana che era stata
eliminata, sterminata dagli Europei.
Il commercio di schiavi fu devastante per le economie africane, che
solo in rari casi poterono resistere al collasso della popolazione;
per l'Europa, invece, il capitale così creato dai proprietari delle
piantagioni nei Caraibi gettò le fondamenta della rivoluzione
industriale in Europa.
D'altro verso, nel diciottesimo e diciannovesimo secolo sempre più
materiali preziosi vennero scoperti in Africa (soprattutto lo
stagno, la gomma, l'oro e l'argento): il furto di terra e di materie
prime e risorse si risolse in definitiva nella cosiddetta "Corsa
all'Africa" dei 1870, quando, nel corso di pochi anni, gli Europei
si spartirono tra loro il continente intero (con l'eccezione dell'
Etiopia).
Da quel momento, l'economia mondiale crebbe diventando un tutt'uno
integrato, dove l'Africa continuò a fornire le basi per lo sviluppo
industriale europeo mentre gli africani vennero spogliati della loro
terra e cacciati nelle miniere e forzati nelle piantagioni di gomma.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale le Potenze europee, indebolite
dall'implacabile, lunga e massacrante inter-competizione
industriale, hanno dovuto adattare il colonialismo alle nuove
condizioni. Con la crescita della forza dei movimenti di
liberazione, le Potenze europee si sono dovute confrontare con una
nuova realtà economica: il costo della repressione dei "nativi
riluttanti" cominciava a essere confrontabile con la ricchezza che
essi, domati, avrebbero potuto fornire.
La soluzione da loro escogitata fu ciò che Kwame Nkrumah chiamò
"neo-colonialismo": cedere gli attributi formali di sovranità
politica a un pugno fidato di "amiconi scelti" che consentissero di
continuare, inesorabile e indisturbato, lo sfruttamento economico
dei loro Paesi. In altre parole, si trattava di adattare il
colonialismo in modo da caricare sulle spalle degli africani stessi
la responsabilità ed il costo delle operazione di polizia e di
controllo delle loro popolazioni.
Nella pratica, questo non fu così semplice.
Lungo tutta l'Asia, l'Africa e l'America Latina, i movimenti di
massa cominciarono a rivendicare il controllo delle loro proprie
risorse, ed in molti luoghi questi movimenti sono riusciti a
guadagnare il potere - a volte attraverso la lotta di guerriglia,
altre volte attraverso le urne elettorali.
Questo ha condotto alle guerre sporche ('vicious wars' in originale,
n.d.t.) condotte dalle Potenze europee - ora sotto la direzione del
loro nuovo protettore, gli USA - per distruggere tali movimenti.
Questa lotta, e non la cosiddetta "Guerra Fredda", è ciò che ha
definito la storia delle relazioni internazionali del dopoguerra.
Fino ad ora, il neocolonialismo è stato un progetto vincente per
l'Europa e gli Stati Uniti. Il ruolo dell'Africa come fornitore di
materie prime e di forza lavoro a basso prezzo o spesso schiavizzata
è continuato, in gran misura incontrastato. La povertà e la
disunione sono state gli ingredienti essenziali che hanno consentito
di continuare questo sfruttamento.
Comunque entrambi sono ora sotto una seria minaccia.
Gli investimenti cinesi in Africa hanno sviluppato negli ultimi
dieci anni l'industria e le infrastrutture africane in una misura
tale da poter iniziare a contrastare seriamente la povertà del
continente. Nella Cina stessa queste linee di condotta hanno
prodotto una riduzione senza precedenti della povertà, ed hanno
aiutato
a lanciare il Paese in un percorso che a breve può portarlo verso
una posizione leader nell'economia mondiale.
Se l'Africa seguisse questo modello, o qualcosa di simile, ciò
potrebbe determinare l'inizio della fine del saccheggio delle
ricchezze africane che l'Occidente persegue da cinquecento anni.
Per sventare questa 'minaccia di sviluppo dell'Africa', l'Europa e
gli USA hanno risposto nell'unico modo che conoscono: militarmente.
Quattro anni fa, gli Stati Uniti hanno creato un nuovo "centro di
comando e controllo" per il soggiogamento militare dell'Africa,
chiamato AFRICOM.
Il problema per gli Stati Uniti era che nessun paese africano ha
voluto ospitarli; nei fatti, e fino a tempi recentissimi, l'Africa
era l'unico Continente al mondo senza una base militare USA. E
questo è stato dovuto in gran parte agli sforzi e all'azione del
governo della Libia.
Prima del 1969, quando la rivoluzione di Gaddafi detronizzò Re
Idris, sostenuto dagli inglesi, la Libia aveva ospitato una delle
basi aeree USA più grandi del mondo, la Wheelus Air Base; ma entro
un anno dalla rivoluzione la base USA era stata chiusa e tutto il
personale militare straniero espulso.
Più recentemente, Gaddafi aveva lavorato attivamente per fare
naufragare AFRICOM. Ai governi africani cui dagli Stati Uniti veniva
offerto denaro per ospitare una base militare, Gaddafi rispondeva
regolarmente raddoppiando l'offerta; nel 2008 quest'opposizione
determinata si è concretizzata in un rigetto formale di AFRICOM da
parte dell'Unione Africana (U.A.).
Forse ancor più preoccupante per la dominazione degli Stati Uniti e
dell'Europa sul continente africano erano le risorse enormi che
Gaddafi incanalava nello sviluppo dell'Africa.
Il governo libico fu di gran lunga il maggior investitore per il
primo satellite africano, lanciato in 2007, che ha liberato l'Africa
dal pagamento di 500 milioni di dollari l'anno alle società
satellitari Europee.
Anche peggiore per i poteri coloniali, è stato il contributo della
Libia per 30 miliardi di dollari in tre grandi progetti finanziari
dell'Unione Africana, mirati alla fine della dipendenza africana
dalla finanza Occidentale.
La Banca d'investimento africana - con il suo quartier generale in
Libia - aveva lo scopo di investire nello sviluppo africano a
interessi zero, fatto che avrebbe minacciato seriamente la
dominazione del Fondo Monetario Internazionale sull'Africa - un
pilastro cruciale per tenere l'Africa nella sua posizione di
povertà.
Gaddafi guidava inoltre lo sviluppo da parte dell'U.A. di una nuova
valuta africana basata sul valore dell'oro, che avrebbe tagliato
ancora un altro dei lacci che tengono l'Africa alla mercè
dell'Ovest, con 42 miliardi di dollari già collocati in questo
progetto - di nuovo, in gran parte finanziato dalla Libia.
La guerra NATO mira a interrompere il percorso della Libia verso una
nazione socialista, antimperialista, pan-africana, all'avanguardia
di un'azione per l'unità e l'indipendenza africana.
I ribelli hanno mostrato chiaramente il loro razzismo virulento già
dal primo istante della loro insurrezione, perseguitando e uccidendo
migliaia di operai e di studenti neri africani.
Tutti i fondi per lo sviluppo africano destinati ai progetti
descritti sopra sono stati 'congelati' dai Paesi NATO, e sono
destinati a passare nelle mani dei loro amici fidati del Consiglio
Nazionale di Transizione per essere spesi in armi a sostegno della
loro guerra.
Per l'Africa, la guerra è lontana dalla conclusione.
Il continente africano deve comprendere che l'attacco della NATO è
un segno di disperazione, di impotenza, della sua incapacità di
fermare l'inevitabile ascesa dell'Africa sul palcoscenico di mondo.
I popoli africani devono imparare la lezione che giunge loro dalla
Libia, continuare il loro percorso verso l'unità pan-africana, e
continuare a resistere ad AFRICOM.
Molti libici saranno comunque al loro fianco se agiranno così.
DAN GLAZEBROOK scrive per il giornale Morning Star ed è uno dei
coordinatori del gruppo inglese dell'Unione Internazionale dei
Parlamentari per la Palestina.
Può essere contattato a danglazebrook2000 at yahoo.co.uk
Ulteriori letture:
Gold, Oil, Africa and Why the West wants Gaddafi Dead
by Brian E Muhammed for the Final Call
Why the West wants Gaddafi Out
by Jean-Paul Pougala for the Southern Times
Testo originale in inglese:
http://www.counterpunch.org/2011/09/06/natos-war-on-libya-is-an-
attack-on-african-development/
Fonte:
KOMINFORM http://www.kominform.eu
Traduzione di G. Ellero - settembre 2011
.
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